Grottaferrata e la Carta Archeologica: lo scavo del dromos e l’anticamera dell’Ipogeo delle Ghirlande
Pubblicato: Lunedì, 04 Maggio 2020 - Fabrizio Giusti
GROTTAFERRATA (attualità) – Lo scavo dell’Ipogeo delle Ghirlande. Un sito che non ha svelato tutta la sua potenzialità
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La 48a puntata nella sintesi della Carta Archeologica di Grottaferrata rimane sulla scoperta dell’Ipogeo delle Ghilrande, compiuta nell’anno 2000.
Questa volta ci occuperemo, dopo la testimonianza di Arietti su come si arrivò al rinvenimento, della parte di scavo. Prima sul dromos, poi nell’anticamera della cella sepolcrale che portò alla constatazione della presenza dei due sarcofagi di Aebutia e Carvillo.
IL DROMOS - Lo scavo è iniziato ai primi di maggio 2000. Sono apparsi subito alcuni gradini e il primo tratto di quello che sarebbe poi stato identificato come un dromos. Di fronte alla scala, nella parete esterna della cella, è apparso un monumentale sigillo, un grande blocco monolitico di peperino che ne assicurava la chiusura. Va sottolineato che nonostante la grande importanza del rinvenimento ad oggi lo scavo completo della parte esterna al dromos, così come dell'area superficiale di tutto l'ipogeo, non è stato nemmeno iniziato, dal momento che è stata messa in luce solo la scala con le relative pareti laterali, danneggiate superiormente da una benna.
Pertanto non si sa nulla dell'assetto architettonico superficiale del sepolcro, della presenza di un eventuale recinto funerario che poteva accogliere al suo interno altre sepolture pertinenti a personaggi legati alla famiglia. Quasi certamente da quest'area dov'era probabilmente posta in origine in un'atra tomba ipogea, proviene l'ara dedicata a C. Aebutius Romanus. Un dato certo è che l'ipogeo si trova a pochi metri dall'incrocio tra due strade fondamentali nell'ambito della rete stradale del Colli Albani: la Via Latina e la Via Valeria.
La scala, nel primo tratto fino al pianerottolo, risulta priva di copertura e ciò spiega la presenza di un cordolo in opus signinum tutt’attorno al pianerottolo - il cui piano appare rivestito dello stesso materiale - evidentemente eseguito per trattenere e impedire all’acqua piovana di scendere e penetrare nell’anticamera e poi nella cella. E’ possibile comunque che anche questo primo tratto di scala fosse in origine coperto con qualche tettoia.
Superiormente, la scala inizia con una soglia lapidea, rinvenuta in giacitura secondaria nei pressi, posta in origine poco sotto l’attuale livello di campagna; otto gradini portano fino al pianerottolo, seguiti da altri cinque. Il sigillo, rinvenuto perfettamente incastrato tra gli elementi lapidei circostanti, recava esternamente tre grappe di ferro di forma rettangolare, alloggiate per metà all’interno del bordo del sigillo e per l’atra metà nei blocchi adiacenti. Benché il ferro fosse mal conservato e ossidato nelle rispettive sedi, le grappe mostravano tracce della fattura originale, costituita da una sorta di perno alloggiato nei tre incavi ricavati nel sigillo: probabilmente le estremità delle grappe venivano murate all’atto della chiusura della tomba, smurate nel corso di una nuova apertura (ad esempio per depositare il sarcofago di Ebuzia o la terza - e forse quarta - persona sepolta), fatte ruotare in modo da potervi attaccare le funi e rimuovere il pesantissimo blocco di peperino.
L'ANTICAMERA – L’Ipogeo delle Ghirlande propone due sistemi costruttivi differenti: mentre la fattura della scala e dell’anticamera risulta omogenea, la cella è diversamente costruita con l’impiego di soli blocchi di peperino. L’anticamera, nel suo vano meridionale, risulta un po’ più lungo probabilmente per accogliere il sigillo lapideo che veniva estratto e fatto ruotare nelle operazioni di apertura e chiusura della tomba durante le fasi di riutilizzo.
Superiormente la volta risulta spianata e ricoperta con cocciopesto; non è possibile stabilire se essa si estende a coprire anche i blocchi di peperino all’estradosso della volta della cella, dal momento che, come detto all’inizio, lo scavo dell’ipogeo è stato limitato al dromos. “Sarebbe infatti interessante capire la relazione strutturale tra cella e anticamera – annota la Carta Archeologica - dal momento che quest’ultima, almeno dall’interno, parrebbe solo appoggiarsi alla cella. Il piano di calpestio dell’anticamera, eseguito con laterizi, coincide con quello del terz’ultimo gradino; lo si osserva solo nei due vani laterali perché risulta separato al centro dagli ultimi due gradini della scala principale. Per ultimo, la superficie della parete di fondo e quella del sigillo mostrano tracce di intonaco dipinto”.
Nella prossima puntata tratteremo la cella sepolcrale, con le sue straordinarie scoperte.
Le altre puntate:
7 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’antichissima via Cavona (Via Valeria)
9 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la Villa di Rufino Vinicio Opimiano
10 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: una grande villa tra Via Anagnina e Via Sant’Andrea
11 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: 'Quarto Montioni', tra ville romane reali e presunte
21 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: Villa Muti, Villa Grazioli e i resti di età imperiale
24 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: strade e tombe verso S.Anna. Le ville romane della zona
25 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: le grandi ville di Campovecchio e ‘Formagrotta’
34 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: da Roseto fino a Madonna della Molara e Via San Nicola
41- Grottaferrata e la Carta Archeologica: ancora tra Villa Senni e Ad Decimum. Curiosità e scoperte
Info:
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