Grottaferrata e la Carta Archeologica: le tombe di Vigna Schiboni e Via della Pedica, i ruderi in Via Vicinale Aldobrandini, le sorgenti tuscolane

Pubblicato: Giovedì, 20 Febbraio 2020 - Fabrizio Giusti

GROTTAFERRATA (attualità) – La 28a puntata della ricerca nella documentazione Arietti.

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E’ una 28a puntata speciale, quella del nostro viaggio dentro la Carta Archeologica di Grottaferrata, con evidenze e scoperte importanti che hanno segnato l’importanza storica di questo territorio. Anche in questo caso, come per altri, va sottolineata, purtroppo, l’irrimediabile migrazione di reperti che ha sempre contraddistinto la zona, pur avendo un Museo Archeologico nazionale a disposizione (in molte puntate fin qui realizzate abbiamo elencato alcune importanti scoperte fatte nel territorio e di cui nel sito di Grottaferrata non esiste traccia o che hanno subito spostamenti).

Oggi andremo a visitare le aree di Vigna Schiboni, Via Vicinale Aldobrandini, Quarto della Pedica, Via della Pedica, Villa Grazioli e Fossi dei Ladroni. Con importanti tracce di civiltà, ai più sconosciute.

VIGNA SCHIBONI - I resti di una tomba eneolotica vennero rinvenuti casualmente nel 1902 a Vigna Schiboni, durante i lavori di cava. Le modalità del rinvenimento non consentono di risalire con certezza al tipo di struttura, forse una fossa oppure una grotticella, dalla quale furono asportati solo due oggetti pertinenti al corredo, ora conservati ed esposti al Museo Preistorico Etnografico L. Pigorini. Si tratta di una ciotola e di una punta di freccia in selce. Le poche notizie utili, raccolte dall’Ing. E. Panizza di Frascati cui si deve anche il recupero del materiale, poi pubblicato da L. Savignoni, riferiscono che la tomba venne alla luce in seguito ai lavori in una “cava di sasso morto” nella vigna Schiboni, che si trovava “a destra di chi va da Frascati agli Squarciarelli”. Questa affermazione però si prestò successivamente a varie interpretazioni, per cui si discusse a lungo sull’esatta ubicazione di vigna Schiboni, dal momento che altrove figuravano altre vigne con questo nome.

L’archeologo Franco Arietti condusse una ricerca sulle cave di Grottaferrata, accertando che il “sasso morto” veniva estratto nella zona di Squarciarelli solo in un’area circoscritta di Valle Violata. Il “sasso morto” è la sottile crosta lapidea che normalmente si trova poco sotto l’humus e che in antico veniva facilmente scavata procedendo di lato. Risulta inoltre che la proprietà Schiboni fu venduta al banchiere Cavallini e da questi ai frati di S. Antonio. Il rinvenimento del sepolcro eneolitico deve collocarsi entro l’attuale proprietà dell’Istituto religioso. Per la sua antichità (fine del terzo millennio a.C.), la tomba, accanto alla quale potrebbero figurare altre sepolture, risulta di straordinaria importanza all’interno dell’area dei Monti Albani, figurando come una rarissima testimonianza delle strategie insediative dei primi gruppi umani che occuparono il territorio albano. E’ altresì da considerare assai significativa la relazione tra l’insediamento in questione ed il Fosso dell’Acqua Mariana, che probabilmente costituì, in antico, una delle vie di penetrazione all’interno della regione occidentale dei Monti Albani.

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QUARTO DELLA PEDICA - Due sarcofagi in peperino furono rinvenuti casualmente in località Quarto della Pedica, in prossimità di Valle Focogna nel corso dei lavori per l’impianto di un vigneto. Per molti decenni la notizia del punto esatto del ritrovamento è andata perduta, ma una ricerca effettuata da Franco Arietti, in collaborazione con il prof. Bruno Martellotta, ha permesso di risalire ai proprietari grazie anche al carteggio relativo al premio di rinvenimento, ovvero in via della Pedica, esattamente presso il cancello d’ingresso esterno di un moderno villino. Dobbiamo queste preziose indicazioni al sig. V. Bini, testimone oculare del ritrovamento nel 1947. L’esatta ubicazione del rinvenimento permette innanzitutto di ipotizzare la presenza, nelle immediate vicinanze, di un antico e importante tracciato stradale che potrebbe figurare in antico come il proseguimento della via per Tuscolo a meridione, oltre la Latina.

Il ricco corredo fu portato presso il museo dell’Abbazia di Grottaferrata, ma venne parzialmente smembrato altrove, forse al Museo Naz. Romano Terme di Diocleziano. Un complesso funebre di epoca arcaica che invece meriterebbe di essere ricostituito e studiato.

VIA VICINALE ALDOBRANDINI - Un antico tracciato stradale di epoca romana, il cui percorso coincide con la moderna via Vicinale Aldobrandini, viene segnalato, a partire dalla metà dell’ottocento, da P. Rosa nella sua Carta topografica del Lazio; successivamente tutti gli studiosi che si sono occupati dell’area tuscolana ne hanno ribadito l’esistenza (Grossi Gondi 1908, Ashby 1910, Tomassetti 1926, Quilici – Quilici Gigli 1984).

L’urbanizzazione del quartiere ha interessato la via. Lungo il suo percorso si sono rinvenute in passato numerose presenze archeologiche. Nel giardino di una villa edificata nel dopoguerra si possono vedere grandi fregi marmorei, cippi recanti iscrizioni ed altri reperti che testimoniano quanto è già stato distrutto in tempi recenti dell’importante villa di età romana (attribuita ad Asinio Pollione) edificata nello spazio compreso tra la Via Latina e la strada in questione. Più a est si trova una grande cisterna anch’essa purtroppo soggetta a moderne manomissioni, mentre presso il luogo in cui la strada si innestava alla Via Latina, presso il XIII miglio della medesima, si trovava una statio. Presso l’importante incrocio dove essa confluiva, ancora alla fine dell’ottocento si potevano ammirare numerosi resti che si erano conservati relativamente integri, come un tratto della Via Latina ed altre strutture che la delimitavano (sostruzioni, mausolei, ecc.).

L’ACQUA ALGIDOSIA, CRABRA E GIULIA - Un acquedotto costruito in età romana e rimaneggiato nel secolo scorso è ancora in uso. Esso convoglia l’acqua delle sorgenti che si trovano nell’alveo del Fosso dei Ladroni (probabilmente da Latrones, dal nome di una nota famiglia medioevale del ramo dei Corsi), dove si trovano alcune sorgive conosciute come Acqua Algidosia. Dal sopralluogo effettuato dall’Holste il 14 settembre 1649, veniamo a conoscenza dello stato dei luoghi prima dell’intervento ottocentesco. Nel suo resoconto egli menziona una sorgente principale, comunemente chiamata allora “la fontana d’Angelosia”. Nel commentare questa notizia, T. Ashby sostiene di essere stato sul posto, ma di non aver potuto vedere nulla di quanto descritto, in quanto la fontana d’Angelosia era stata “recintata” in seguito alla sistemazione dell’acquedotto avvenuta nel 1873.

Nel corso del sopralluogo effettuato in occasione della redazione della Carta Archeologica, Arietti fu accompagnato dai tecnici del Consorzio che gestisce l’acquedotto. Esso capta le sorgenti dell’Algidosia, nell’alveo del Fosso dei Ladroni, le quali vengono incanalate in un grande cunicolo, con volta a tutto sesto, certamente frutto dei rimaneggiamenti ottocenteschi. L’andamento dell’acquedotto, questi si dirige verso l’incrocio delle Quattro Strade, per poi piegare a settentrione, verso Frascati.

Le varie edizioni della carta I.G.M., dalle più antiche (usate ad esempio da Ashby) alle recenti, riportano l’andamento successivo dell’acquedotto alla destra della strada per Frascati, ma esso invece transita sulla sinistra della strada, a poche decine di metri all’interno di Villa Cavalletti. L’acquedotto riaffiora poco oltre la strada che conduce a Villa Grazioli. Qui si accede ad un “bottino”, ricavato tra i ruderi di alcuni edifici settecenteschi, che Arietti ispezionò. L’acquedotto in questione meriterebbe un’indagine più accurata lungo tutto il tratto ipogeo compreso tra le sorgenti dell’acqua Algidosia ed il “bottino” di Villa Grazioli in modo da verificare la presenza di eventuali diramazioni. Forse ad una di queste potrebbe appartenere un altro acquedotto di età romana, noto solo per un brevissimo tratto all’interno dell’Osteria del Fico.

Sulla problematica relativa alle sorgenti e agli acquedotti del tuscolano esiste una fiorente letteratura, nella quale si intrecciano vari filoni d’indagine rimasti sostanzialmente insoluti. Al di là dell’interesse reale attorno ai due acquedotti tuscolani della Giulia e Crabra, il tema principale ruota attorno all’identificazione della villa di Cicerone che sorgeva nel tuscolano, di cui egli stesso parla più volte, sostenendo inoltre di “pagare l’acqua ai tuscolani”. Egli stesso menziona la Crabra, che Sesto Giulio Frontino (30-103/4 d. C.) curatore delle acque di Roma, asserì essere stata lasciata ai tuscolani da Agrippa, il quale aveva scartato quel flusso idrico scegliendo solo quello della Giulia, le cui sorgenti parrebbero definitivamente identificate nell’area di Squarciarelli. Per l’acqua Crabra, invece, il problema rimane sostanzialmente aperto.

Sappiamo da Frontino che le sorgenti della Crabra erano a monte di quelle della Giulia e che l’acqua veniva razionata attraverso una distribuzione prestabilita, per cui l’erogazione alle ville tuscolane veniva assicurata a turno. Frontino ci assicura del fatto che i fontanieri dell’epoca compivano degli illeciti, convogliando di nascosto parte della Crabra nella Giulia, che evidentemente erano state collegate, in modo da poter sottrarre e vendere di nascosto ai privati una parte del prezioso servizio, senza che nessuno si accorgesse dell’inganno.

Nonostante la vicenda dell’acqua sia stato affrontato dai migliori esperti dell’epoca, tra cui il Lanciani e Ashby, bisogna registrare che proprio in merito all’acqua Crabra si è fatta una grande confusione.

Nella cartografia più recente il tracciato dell’acquedotto viene inteso correttamente almeno fino a Frascati, così anche nella carta dei Quilici 1984, dove però, tra le diramazioni presso la sorgente dell’Algidosia, alcune delle quali captano l’acqua delle piccole sorgenti limitrofe, una di queste non viene convogliata a Frascati come tutte le altre, ma scende lungo il Fosso dei Ladroni, sulla riva destra.

Nell’area di Squarciarelli, non vi è alcuna indicazione delle sorgenti della Giulia in rapporto a questo tratto di acquedotto, per cui sembra di capire che questo ramo che capta parte delle acque dell’Algidosia, venga inteso - se non come la Giulia vera e propria, il cui percorso viene comunque ipotizzato lungo la continuazione di questo ramo sulla riva destra della Marrana -  come un collegamento tra i due acquedotti.

La convinzione dell’archeologo Arietti è che le sorgenti della Crabra vadano individuate in quelle dell’Algidosia e che quindi l’acquedotto in esame abbia convogliato in antico quelle acque.

(Nella foto: Thomas Ashby e un collaboratore presso il ponte romano al Fosso dei Ladroni)

Le altre puntate:

1 -  Grottaferrata, alla scoperta della Carta Archeolgica. Via delle Vascarelle e l'area limitrofa: l’acquedotto Julia e una necropoli

2 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la straordinaria scoperta dell’"Ipogeo delle Ghirlande" nel 2000

3 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: Via Quattrucci e ‘Colle delle Streghe’. I mausolei, le antiche strade

4 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: da Valle Marciana a Campovecchio tra tombe, tracciati e cisterne

5 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: le pendici del Tuscolo tra mausolei, strade e conserve d’acqua 

6 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: da Villa Senni al Tuscolo con la Via Latina. La distruzione dei contemporanei

7 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’antichissima via Cavona (Via Valeria)

8 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: i mausolei presso catacombe ‘Ad Decimum’. Le sepolture meno conosciute

9 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la Villa di Rufino Vinicio Opimiano

10 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: una grande villa tra Via Anagnina e Via Sant’Andrea

11 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: 'Quarto Montioni', tra ville romane reali e presunte

12 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: Valle Marciana e La Torretta. Ville, strade e sentieri antichi

13 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: Villa Senni e Via Sant’Andrea, le antiche strade di collegamento

14 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’importante patrimonio di Borghetto. Mausolei, ville romane, tracciati

15 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: dal ‘Litta’ fino alla Cipiriana e Valle Marciana. Antiche piscine, vie ed edifici nascosti

16 -Grottaferrata e la Carta Archeologica: la grande villa romana verso 'Capo d'Arco'. Le evidenze di Bagnara, il ‘tempietto’ a Valle Marciana

17 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la villa romana alle suore francescane. Il mausoleo e le sepolture perdute all’ex Casale Santangeli

18 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: tra l'Abbazia, Via del Grottino e Viale Kennedy alla ricerca di evidenze sconosciute

19 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: dalle opere antiche di Viale Kennedy fino ai tracciati delle ville Muti – Grazioli - Cavalletti

20 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la grande villa romana tra Viale Dusmet, Via della Cipriana e Villa Grazioli

21 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: Villa Muti, Villa Grazioli e i resti di età imperiale

22 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: l’area di Via del Fico, un sito rilevante (e urbanizzato). Le ville, i sepolcreti

23 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: la zona di Villa Cavalletti e il colle citato da Plinio. La necropoli, i reperti

24 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: strade e tombe verso S.Anna. Le ville romane della zona

25 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: le grandi ville di Campovecchio e ‘Formagrotta’

26 - Grottaferrata e la Carta Archeologica: da Castel de Paolis a Villa Gioacchini. Ville, strade, grandi cisterne

27- Grottaferrata e la Carta Archeologica, evidenze sparse: Il Fico, Castel de Paolis, Quattrucci, Casalaccio, S. Antonio. La tomba di Boschetto

Info:

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