Grottaferrata e la Carta Archeologica: le pendici del Tuscolo tra mausolei, strade e conserve d’acqua
Pubblicato: Domenica, 27 Ottobre 2019 - Fabrizio GiustiGROTTAFERRATA (attualità) – La quinta puntata del percorso dentro la storia
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Per la quinta puntata del nostro percorso all’interno della Carta Archeologica di Grottaferrata, documento unico nel suo genere all’interno dei Castelli Romani (redatta dal dott. Franco Arietti), oggi ci introduciamo in un luogo ricco di storia e di miti: il Tuscolo.
Una parte dell’area, posta alle pendici del Monte (quelle pendici in parte compromesse, qui e là, da interventi edilizi molto opinabili, anche di natura abusiva), è come noto dentro i confini di Grottaferrata.
Il sito numero n.208 del documento relaziona a tal proposito di alcune strutture in opera cementizia pertinenti ad un edificio di difficile interpretazione e riverse nel prato ad est del mausoleo di Viniciano. Successivamente, nel sito n.209, è invece descritto un mausoleo a pianta rettangolare, di cui rimane il nucleo cementizio con qualche blocco di peperino. Si eleva presso una strada lastricata che collegava Tuscolo alla Via Latina. Le strutture, all’epoca del monitoraggio (la Carta è del 1999, aggiornata al 2007), erano in larga misura interrate o coperte dalla vegetazione, e probabilmente sono rimaste tali, pertanto una descrizione esauriente non era possibile. Uno schizzo planimetrico di R. Lanciani ne chiarisce, almeno in parte la natura: due ambienti quasi identici per dimensioni, separati da un muro centrale, con paramento in opera reticolata di leucitite. Da quest’area potrebbero provenire alcune iscrizioni ed un cippo in tufo rinvenute un secolo fa.
Spostandosi (sito n.210), sono stati analizzati i resti di una conserva d’acqua adattata a colombario presso una via lastricata. A tal proposito su questa strada, che si staccava dalla Via Latina in prossimità del XIII miglio e saliva alla città di Tuscolo, esiste un’abbondante letteratura. Di essa si conservano alcuni tratti, per lo più sulla sommità. Per quanto riguarda il punto da cui si dipartiva dalla Via Latina, disponiamo la descrizione del dott. Tomassetti, poiché di essa non rimane alcuna traccia. Egli rammenta innanzitutto che un lungo tratto della Via Latina fu messo in luce nel 1890 nella proprietà Reali, ma venne purtroppo distrutto per costruire alcune macere del fondo oppure per lastricare la piazza principale di Frascati.
Attualmente del primo tratto non rimane alcuna traccia, ma la sua posizione è prossima a quella indicata nella Carta archeologica, ovvero al confine tra due proprietà. Va inoltre considerato che in questo punto della Via Latina, oltre al diverticolo trattato, dovevano convergere altri tracciati, per cui l’insieme delle strade dovevano costituire un insieme importante, e questo spiega la dettagliata descrizione del Tomassetti il quale elenca in vari punti molte presenze archeologiche. Tra i resti delle costruzioni furono trovati alcuni frammenti architettonici, cornici marmoree, due antefisse di pietra, tronchi di colonne di marmo e di sperone e numerosi blocchi, pure di marmo. Due di questi, presentavano ciascuno tre fasci consolari capovolti in rilievo, con le scuri volte a destra, in uno dei massi,ed a sinistra nell’altro, e con testine umane, di tigre e di ariete nell’occhio delle scuri stesse. Vi si scoprirono altresì una ventina di bolli, andati poi dispersi, uno dei quali con la scritta ‘MAPPY’ ed un frammento marmoreo con delle lettere. Nel fondo Dilani, adiacente al primo, furono trovati avanzi di antiche fabbriche e, molti anni prima, un condotto di piombo con iscrizione, venduto ad un fabbro che subito lo distrusse. Il diverticolo per Tuscolo, nel tratto ben conservato, venne messo in luce alla metà dell’800 ed ha successivamente patito danni a causa della costruzione della rotabile realizzata negli anni cinquanta del secolo scorso, il cui andamento ha più volte incrociato il lastricato dell’antica strada asportandolo sistematicamente.
Tornando alla conserva d’acqua di cui parlavamo, lo stato di abbandono ed il palese deperimento del manufatto erano evidenziati già da un rilievo eseguito circa un secolo fa. Il manufatto presentava, sopra la volta, un piano in opus spicatum, ma è possibile che esso, in origine, fosse collegato ad uno strato di signino, se è vero che la cisterna raccoglieva le acque meteoriche da una terrazza superiore. La trasformazione della cisterna in sepolcreto è contrassegnata probabilmente da un muro ed altri interventi necessari alla realizzazione delle nicchie, nelle quali figuravano due urne cinerarie, talvolta contenenti delle monete. Le nicchie, inoltre, mostravano all’esterno, superiormente, una piccola tabula di forma rettangolare recante un’iscrizione, forse dipinta. A lato figura un piccolo ambiente separato da quello principale da un muro eseguito in modo approssimativo, ambiente nel quale fu rinvenuta una cassa con delle tegole. La maggior parte delle notizie relative agli scavi Aldobrandini risalenti al 1875 sono state riportate da C. Wells in ‘The Alban Hills’, 1878.
(Nelle foto: le tavole dei siti 208, 209, 210)
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Info:
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