Grottaferrata, in Via di Rocca di Papa c’è un ponte romano dimenticato. Storia di una 'rimozione' - FOTO

Pubblicato: Giovedì, 11 Aprile 2019 - Fabrizio Giusti

GROTTAFERRATA (attualità) – Oggi è scomparso nella vegetazione, ma mariterebbe una segnalazione e una valorizzazione

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I resti di quello che secondo indagini archeologiche del passato è un ponte di età romana, in Via di Rocca di Papa, sono ancora lì. Talvolta più visibili, talvolta meno a seconda delle stagioni e della vegetazione (foto del 2018 a sinistra ndr). Fino quindici anni fa, lungo il sito, erano visibili persino le tracce dei basoli di quella che a parere di alcune ipotesi era la Via Latina.  Mani ignote, in un periodo intercorso tra il 1999 e il 2006, asportarono queste testimonianze.

Del furto ci si accorse solo durante alcuni lavori compiuti da Acea, nello stesso 2006 (le tre foto inserite nel collage qui sotto sono di quell’anno ndr), interventi che scatenarono una forte polemica (raccontata ampiamente all’epoca dal quotidiano “Oggi Castelli”) che durò per diverse settimane con il risultato – su intervento dell’Assessore dell'epoca, Sergio Buoni - di limitare i danni ed evitare la costruzione di almeno uno dei pozzetti. Poi sul possibile recupero dell’area, attorno alla quale si fecero vaghe promesse, scese il silenzio.

Il ponte, presumibilmente segnalato dalla Carta Archeologica in dotazione nel Comune di Grottaferrata a firma di Franco Arietti, ha una datazione non precisa, ma si è ipotizzato in passato che sia di età claudia. Fu scoperto dall’archeologo – fotografo (foto qui sotto ndr) Thomas Ashby.

La struttura avrebbe le caratteristiche del ponte, dicevamo, per alcune evidenze strutturali che un tempo erano visibili: la ghiera che fascia un’arcata sottostante la strada, le spallette laterali di norma eseguite con blocchi lapidei. Era certificata inoltre la presenza di alcuni grossi blocchi di tufo squadrati che facevano pensare o ad una parte del pilone del ponte oppure ad un argine.

Nel punto in cui la Via Latina incrociava il Fosso dei Ladroni l'archeologo Thomas Ashby segnalava pochi resti di muro di sostruzione in opera poligonale di leucite porosa e un’opera quadrata che a sua volta sorreggeva un muro. Il sito deve essere messo in relazione con le opere di sostegno della strada, anche se Ashby non pensava all’epoca che in quel punto vi fosse un ponte. L'idea, in tal senso, fu confermata da uno schizzo e dalle annotazioni raccolte in proposito nel 1891 da un altro archeologo, Enrico Stevenson, il quale riportava la presenza nel fosso di numerosi parallelepipedi e massi poligonali. Lo Stevenson notò inoltre la presenza, sulla sponda orientale del Fosso stesso, di basoli poligonali appartenenti a una strada che poteva proseguire all’interno di una vigna e forse verso il Tuscolo, tanto più che il signor Quattrini, possessore dell’area, gli aveva detto di esserci “una strada antica in vigna sua”. La foto qui sotto testimonia un’immagine di quel periodo.

L’orientamento delle strutture esistenti dimostrarono, secondo alcuni studi, che la Via Latina proseguiva in linea retta con un tracciato differente da quello dell’attuale Via di Rocca di Papa. Il sito e le sue evidenze archeologiche, al di là delle ipotesi, meriterebbe di essere almeno visibile con opportune targhe segnaletiche, illuminato e ripulito dalla vegetazione che lo occulta, tutelato, valorizzato. Uscire dalla 'rimozione' sarebbe un atto di civiltà. 

Va detto che l’intera area, come ben noto a tutti, è stata nel corso degli ultimi trent’anni letteralmente stravolta dagli insediamenti edilizi (che proseguono nell’area…) e la stessa Via di Rocca di Papa, essendo di passaggio, non consente al ‘ponte’ di trovare una sua collocazione di rilievo all’interno del territorio. La capacità distruttiva del preesistente di certe attività umane non hanno consentito di tutelare pienamente nel tempo quella che è storicamente una zona di pregio archeologico fino alla Molara o al più conosciuto Tuscolo.

Ciò che si può fare oggi è comunque cercare di far emergere ciò che è rimasto, dando così lustro e dignità ad una storia che è di tutto un territorio.

(foto sotto: l'area nel 2018)

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