STORIE & METALLO - Quel primo Papa mai uscito da San Pietro: Leone XIII, prigioniero, moderno ed impegnato

Pubblicato: Martedì, 26 Dicembre 2023 - Marco Caroni

leoneXIII Vaticano ilmamilioROMA (storie & metallo) - Eletto alla morte dell'ultimo Papa re, Papa Pecci da Carpineto romano segna un imprevisto tocco di modernità e di longevità: sua la "Rerum novarum", caposaldo della dottrina sociale del XX secolo

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Il famoso papa di transizione, sul tipo di quello così magistralmente interpretato da Nino Manfredi nel "Santo soglio", che avrebbe dovuto durare il giro di qualche stagione.

Ed invece, come spesso accaduto nella bimillenaria storia di Santa romana Chiesa, quello di Papa Leone XIII è destinato a passare agli archivi come uno dei pontificati più lunghi e, inoltre, quando il Papa muore lo fa ad un'età alla quale (93 anni) nessun Santo Padre prima di lui era arrivato.

Ad oggi, il suo pontificato "in cattività" è il terzo più lungo della storia della Chiesa dopo quelli di Pio IX (suo predecessore) e Giovanni Paolo II.

Laziale della provincia, nato a Carpineto Romano nel 1810 nella parentesi del Primo impero francese, Vincenzo Gioacchino Pecci è il figlio di una famiglia nobile e militare. Quando entra nella sfera della Chiesa non sa che è destinato a diventare il primo Papa della storia a non mettere mai piede fuori da San Pietro, neanche nella piazza berniniana, figurarsi fuori dalle mura.

Stretto tra due personaggi di spessore temporale e spirituale il primo (Pio IX) e prettamente spirituale il secondo (Pio X), Leone XIII paga senz'altro l'oscurantisimo nel quale il suo pontificato inizia, nel 1878, in una Roma da poco diventata Capitale d'Italia e in un colle Vaticano accerchiato dal giovane Regno d'Italia.

Ma Leone XIII non sembra volersi preoccupare troppo di ciò che si dice tra i fedeli e nella stessa Curia: è anziano, certo, anche piuttosto malfermo. Ha modi frugali e mangia poco: è magro, smunto, sembra sempre malato. Certamente ripudia la legge delle guarentigie con le quali, nel 1873, Re Vittorio Emanuele II avrebbe voluto ridurre il Papa ad un suddito del Regno, riconoscendogli comunque una sorta di Stato fantoccio all'interno delle mura leonine e senz'altro si sente prigioniero in casa propria.

Ma a differenza dell'ultimo Pio IX, Leone XIII è un Papa talmente aperto alla modernità e talmente voglioso di "aprirsi" ai cattolici oltre cortina da diventare un vero cultore della dottrina sociale. Non ama, il pontefice di Carpineto, fissare nuovi dogmi come il suo predecessore: bastano quelli dell'Immacolata concezione e dell'infallibilità del Papa che aveva proclamato Mastai Ferretti.

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 Il Papa di Carpineto, pur nei tempi complicati di una Chiesa ristretta in Vaticano, mantiene saldi rapporti comunicativi e diplomatici con gli altri Stati europei e non solo. Leone riesce nella affatto facile impresa di evitare l'isolamento della Chiesa. Per aprirsi al mondo esterno, sceglie la strada delle encicliche: ne scrive ben 86, la più celebre delle quali resta la "Rerum novarum".

 "L'ardente brama di novità che da gran tempo ha cominciato ad agitare i popoli, doveva naturalmente dall'ordine politico passare nell'ordine simile dell'economia sociale. E difatti i portentosi progressi delle arti e i nuovi metodi dell'industria; le mutate relazioni tra padroni ed operai; l'essersi accumulata la ricchezza in poche mani e largamente estesa la povertà; il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici più vivo, e l'unione tra loro più intima; questo insieme di cose, con l'aggiunta dei peggiorati costumi, hanno fatto scoppiare il conflitto". Così scrive il Papa in apertura di enciclica, facendo della "Rerum novarum" un vero manifesto della dottrina sociale cattolica.

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Leone XIII attraversa così i primi 25 dei difficili 59 anni di "clausura" della Chiesa: quando nel 1903 passa a miglior vita, l'Italia è da poco passata nelle mani di Vittorio Emanuele III ma servono ancora lunghi 26 anni prima che - con soglio di San Pietro retto da Pio XI - Chiesa e Stato italiano trovino un compromesso, un accordo, attraverso i Patti Lateranensi del 1929.

Quello che Leone XIII insegna è che la Chiesa pur senza più quel potere temporale perso (per ora) per sempre, può mantenere una indiscussa funzione di guida religiosa mondiale e, al tempo stesso, può rappresentare una entità politica assolutamente sui generis, universamente riconosciuta, in grado di pesare finanche sugli equilibri internazionali. Impedendo quell'isolamento della Chiesa che invece avrebbe voluto il neonato vorace Regno dei Savoia.

Affascinante anche perché "oscura", la figura di Leone XIII resta come una delle più rilevanti dell'epoca contemporanea.

La sorte toccata al pontefice di Carpineto Romano, sarebbe poi toccata anche ai successori Pio X (1903-1914) e Benedetto XV (1915-1922), il Papa della Grande guerra. Prima che, come detto, Pio XI diventasse l'ultimo papa prigioniero ed il primo Re della piccola ma indipendente Città del Vaticano.

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LA MEDAGLIA - Al pari dei suoi due successori, Papa Leone XIII non ha potuto donare il suo profilo e il suo stemma ad una moneta. La Chiesa tra il 1870 e l'inizio del 1929 non può battere moneta. Cosa che non accadeva da centinaia e centinaia di anni. Di lui resta dunque un cospicuo (ma limitato) medagliere.

La medaglia sopra riprodotta, nella versione in bronzo, è stata emessa nel 1887 per ricordare il giubileo sacerdotale (50 anni dall'ordinazione) di Leone XIII e gli fu donata dal Sacro collegio cardinalizio.

Di diametro importante, 82 mm, e con un peso di oltre 250 grammi, la medaglia - al pari di alcune coniate sotto Pio IX - è tra le più grandi emesse.

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