Paolo VI: il papa del Concilio nel 45° della morte e nel 60° della sua visita alla diocesi di Frascati

Pubblicato: Sabato, 08 Luglio 2023 - redazione attualità

paolovi wojtila ilmamilioFRASCATI (attualità) - Giovanni Battista Montini, santificato, resta una delle figure chiave del '900 pur essendo stato generalmente meno celebrato del suo predecessore (Giovanni XXIII) e dei suoi due sucessori (Giovanni Paolo)

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di Valentino Marcon

 

“…Congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio, dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa: abbia essa ascolto a qualche parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguire fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo; si prosegua l’opera di avvicinamento con i fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo”.

Sono ‘alcune note’ del testamento di Paolo VI (Credo-Spero-Amo), stilate nel 1965 e rese note dopo la sua morte avvenuta il 6 agosto del 1978 a Castel Gandolfo.

Fare memoria oggi di Paolo VI vuol dire entrare dentro la storia di una personalità notevole che ha segnato un periodo tra i più importanti della Chiesa. Giovanni Battista Montini, nato a Concesio nel 1897, è vissuto nel ‘secolo breve’ come è stato definito il Novecento, attraversandone le diverse fasi in posizioni apicali di responsabilità ma sempre da umile servitore. Imbevuto nella sua prima giovinezza del cattolicesimo bresciano e della cultura popolare (basterà ricordare i nomi di mons. Bonomelli e Toniolo, di don Bevilacqua, nonché l’esperienza nel Partito Popolare di Sturzo del padre Ludovico) accoglierà con entusiasmo le idee innovative che provenivano dalla Francia (Maritain, in particolare) che propagò tra gli universitari della FUCI di cui diventerà assistente spirituale dal 1923 al 1933 quando, proprio a causa di tali idee, verrà osteggiato dai circoli conservatori romani (con mons. Ronca) per cui si impegnerà esclusivamente nella sua funzione di minutante nella Segreteria di Stato di cui in seguito diventerà Sostituto e poi pro-segretario collaborando con Domenico Tardini (dal 1943 al 1954) durante il pontificato di Pio XII (sarà col papa e mons. Angelini a visitare il quartiere di San Lorenzo dopo il bombardamento del ’43).

Ma negli ambienti curiali le invidie e le incomprensioni (che non sono mai mancate), fecero sì che Montini fosse trasferito come arcivescovo a Milano, dove incontrerà in particolare il mondo del lavoro e promuoverà la missione cittadina mobilitando migliaia di preti, religiosi e laici. Nel 1958 papa Giovanni XXIII volle crearlo cardinale (e questo preluderà era in certo qual modo alla designazione del successore sul soglio pontificio! Ed infatti Montini sarà eletto nel 1963).

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Papa Paolo VI visse una stagione ecclesiale e sociale in un tempo in cui il mondo era attraversato da profonde trasformazioni. E lui non si tirò indietro nell’intervenire con il suo magistero che si appoggiava soprattutto al Concilio ecumenico Vaticano II, che portò a termine e di cui fu ‘divulgatore’ e difensore in particolare contro gli attacchi che venivano dalla ‘destra’ clericale e da quanti non avevano accettato le novità conciliari.

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Paolo VI si trovò pertanto a essere mediatore (se ci è lecito usare questo termine) in tempo in cui la contestazione non solo giovanile e politica, toccava anche il mondo ecclesiale e i suoi principali capisaldi. Culturalmente di grande livello ed apertura (fu certamente un papa sensibile alle novità del mondo moderno (‘Paolo VI, il Papa del Moderno’, lo definirà lo storico F. De Giorgi in una densa biografia (Morcelliana, Brescia 2015). Montini ebbe uno stile di vita caratterizzato da una umiltà profonda e genuina (fu lui che abbandonò la cerimonia di ‘incoronazione con la ‘tiara’-triregno facendo sì che si vendesse e se ne distribuisse il ricavato ai poveri, così come eliminò diverse funzioni della nobiltà romana in Vaticano).

Certo, attraversò molte sofferenze (basti per tutte citare la morte di Aldo Moro, antico studente della FUCI) e non sempre fu capito in alcuni suoi interventi (si veda la Humanae vitae ad esempio), ma fu certamente profeta dei nuovi tempi con i suoi interventi di forte magistero sociale - si veda il suo discorso all’ONU nel 1965, il viaggio in India e a Gerusalemme, l’incontro ecumenico col patriarca Athenagora - ma soprattutto con l’esortazione apostolica Ocotogesima adveniens e le grandi encicliche Evangelii nuntiandi e Populorum Progressio, documenti ancora oggi estremamente attuali, a cui papa Francesco si riferisce spesso per fare avanzare quelle indicazioni del Concilio che più di qualcuno ha cercato di far dimenticare osteggiandole decisamente.

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Tra le forti affermazioni del Concilio, fatte proprie decisamente da Paolo VI, ci furono quelle di sostenere l’ecumenismo e il laicato. Sul primo versante si possono ricordare i discorsi di Montini al Movimento di Chiara Lubich (si v. Paolo VI al Movimento dei Focolari, Città Nuova, Roma 1978), mentre è nota la sua attenzione e sostegno all’Azione Cattolica (si v. Paolo VI, all’Azione Cattolica, AVE, Roma 2014).

E fu proprio a Frascati, quando venne in visita pastorale a due mesi e mezzo dalla sua elezione il 1 settembre del 1963, a ‘lanciare’ quella famosa esortazione: ‘è l’ora dei laici’! Rivolgendosi ai presenti il papa, dopo aver ricordato il tragico avvenimento del bombardamento del 1943 e l’azione misericordiosa del vescovo ausiliare mons. Biagio Budelacci, aggiunse: (…) “la Gerarchia stessa chiama, oggi, il laico a collaborare con lei. Non è più esclusiva; non è gelosa - in realtà non lo è mai stata - ma stupendo è il suo appello. Venite con me - essa dice -; cerchiamo di coordinarci; vediamo di suscitare armonie di ideali e di programmi, per distribuire, poi, le attività da compiere. È la Gerarchia stessa a volere il laicato al suo fianco perché l’aiuti. Tutti chiama, a tutti ricorda: È l’ora, dei laici; è l’ora delle anime, le quali hanno compreso che l’essere cristiani costituisce fortuna perché può associare appunto a questo ministero di salvezza, ma può anche costituire un grande peso, rischio, dovere. Si tratta, infatti, di portare, col clero, la Croce del Signore in mezzo alla società e di predicare il Cristo, che sempre ha intorno a sé il dramma della contraddizione: chi lo accetta, chi lo impugna, chi lo vuol crocifiggere; si tratta di portare questo dramma nel nostro mondo moderno”. (…) “Venite con la vostra intelligenza dei bisogni sociali che ci circondano, e con la genialità nello scoprire le vie nuove in cui si può far correre il Messaggio di Cristo. Venite soprattutto con questa coscienza che il Papa oggi addita quale esortazione conclusiva della Sua presenza. È ora di operare, bisogna operare oggi, oggi, perché questa è la legge della coscienza cristiana. Quando si è sentito un dovere, non si dice: farò domani. Bisogna agire subito”.

LEGGI l'omelia di Paolo VI a Frascati

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In quel tempo, da appena un anno, era vescovo tuscolano il romagnolo Luigi Liverzani che avviò una pastorale diocesana seguendo sempre puntualmente le proposte del Concilio Vaticano II e coinvolgendo tutte le componenti della chiesa di Frascati in un lavoro corale del quale si può dire che fu un vero sinodo (si v. V. Marcon, La diocesi di Frascati, in: P. Bua, Roma, il Lazio e il Vaticano II, Studium, Roma 2019).

E per concludere ci piace ricordare ancora le belle parole che Paolo VI rivolse all’inizio della omelia citata; era un particolare elogio per Frascati che non solo ricordava la storia antica ma si collegava al fervore della società tuscolana di quegli anni Sessanta. Disse Paolo VI:

   (…) Sembra, anche faccia parte proprio dell’avvenimento il rilievo, fatto dal Papa, entrando a Frascati, del fascino di questa Città. Non si può venire a Frascati indifferenti o senza l’avvertenza, si direbbe, di una sinfonia di voci che chi sa ascoltare deve qui intendere ed apprezzare. Incominciano i forestieri a rendere celeberrima questa città. In quante parti del mondo si sente riprodotto questo nome, appunto perché ha una sua notorietà, un suo incanto particolare. I visitatori provenienti da altre nazioni dichiarano, infatti: diamo anche noi il nome di Frascati a un ambiente che qualche cosa rievoca della bellezza di quella città. Così si trova Frascati a Varsavia, in America, in Irlanda e altrove. Segno di un vero potere di impressione che altre città non hanno. Chi ha buon orecchio per intendere, ascolta qui echi lontani, lontanissimi, tanti e tanti da alimentare sia il mondo romantico che le memorie classiche. Inoltre chi ha l’udito storico più affinato, sentirà, con aperto interesse, le voci del Tuscolo e quelle delle vicende medioevali, così drammatiche, talvolta oscure e spesso molto importanti. Sentirà poi nitida la voce dell’età moderna, dei secoli succeduti al Rinascimento, quelli che hanno dato a Frascati il volto che ancora conserva, con le chiese, le ville e le insigni memorie dei suoi personaggi. Non è senza significato il fatto che, dopo Roma, nessuna città ha dato tanti Papi alla Chiesa quanti ne ha dato Frascati. Ciò attesta una vitalità spirituale, politica, sociale, una cultura di altissima risonanza ed estensione, tali da concorrere alle vicende di interi secoli”.

Insomma ce n’è parecchio per non dimenticare un grande papa, anche se non fosse stato proclamato santo!