Il vescovo Martinelli va in pensione. Quale futuro per la diocesi Tuscolana?

Pubblicato: Venerdì, 23 Giugno 2023 - redazione attualità

FRASCATI (attualità) - Tante le voci, forti - ma non uniche - quelle di un accorpamento con un'altra diocesi limitrofa

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di Valentino Marcon

Con le dimissioni per raggiunti limiti d’età del vescovo tuscolano, Raffaello Martinelli, sono in molti a chiedersi chi lo sostituirà alla guida della diocesi. E a tal proposito circolano le più disparate ipotesi, dall’accorpamento con altra diocesi, all’alternanza con una figura che possa, non tanto ‘continuare ad amare’ queta nostra chiesa - come recita una intenzione nella ‘preghiera dei fedeli’ (espressamente composta dal vescovo, fra poco ‘emerito’, e fatta recitare da qualche mese in tutte le Messe in diocesi) – ma porti ad una vera alternanza, perché se nella chiesa si insiste troppo sulla ‘continuità’, non ci sarebbe nemmeno bisogno di un passaggio di testimonio (in quanto, se è vero che i ‘principii’ evangelici e canonici e quelli della dottrina debbono necessariamente essere confermati in ‘continuità’, dovrebbe comunque essere naturale che ogni vescovo deve ‘amare’ la diocesi che gli viene affidata, ma è anche vero che le modalità dell’amore, il ‘modus operandi’ pastorale deve necessariamente diversificarsi affinché il nuovo pastore possa esprimere al meglio la propria personalità sintonizzandosi però costantemente con il ‘gregge’ a lui affidato).

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In questi giorni si stanno diffondendo tante ipotesi sui nomi di possibili ‘episcopabili’. Qualcuno è decisamente improbabile, qualche altro riscuote più credibilità. Tuttavia prima dei nomi andrebbero esaminate le caratteristiche del vescovo in risposta alle aspettative e alle esigenze dei fedeli.

Recentemente su ‘L’Osservatore romano’, giornale ufficiale della Santa Sede, è stata pubblicata una intervista al prefetto del Dicastero per i vescovi, il cardinale Robert Francis Prevost, al quale è stato chiesto di tracciare un identikit del vescovo per la Chiesa del nostro tempo. Dalle sue risposte si possono stralciare questi passi significativi cui deve corrispondere la figura del vescovo diocesano, e cioè: “Serve capacità di ascoltare il prossimo e di cercare consigli, come pure avere maturità psicologica e spirituale. Un elemento fondamentale dell’identikit è l’essere pastore, capace di essere vicino ai membri della comunità, a cominciare dai sacerdoti per i quali il vescovo è padre e fratello”.

Ed aggiungeva: “non bisogna cedere alla tentazione di vivere isolati, separati in un palazzo, appagati da un certo livello sociale o da un certo livello dentro la Chiesa. E non bisogna nascondersi dietro un’idea di autorità che oggi non ha più senso. L’autorità che abbiamo è per servire, accompagnare i sacerdoti, per essere pastori e maestri”. Occorre altresì coinvolgere la comunità cristiana locale, infatti, “ascoltare anche il popolo di Dio è importante. Se un candidato non è conosciuto da nessuno tra la sua gente, è difficile — non impossibile, ma difficile — che possa diventare veramente pastore di una comunità, di una Chiesa locale” (….). “Credo che poco a poco bisognerebbe aprire di più, ascoltare un po’ più le religiose, i laici e le laiche”.

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Ora, non è dato sapere chi sarà scelto quale prossimo Pastore tuscolano (e anche lo Spirito sembra sia sempre l’ultimo a conoscere la designazione di un vescovo, che cade per lo più dall’alto, ma solo fino da un certo livello! Tanto più che le precedenti scelte sono state effettuate a prescindere da suggerimenti e proposte pur a suo tempo presentate dal clero locale e dai laici interpellati), ma nella nostra diocesi attualmente, circolano anche voci secondo cui clero e molti fedeli stiano ‘puntando’ su un nome noto (anche se poi sarà il ‘candidato’, a dover accettare o meno l’eventuale designazione). Noi non possiamo né vogliamo confermare la voce che si va diffondendo, per rispetto di quella riservatezza che ci distingue, ma anche per non ‘bruciare’, come si usa dire, le candidature.

Ma, certo che, se si tiene conto dei criteri elencati nell’intervista al cardinale Prevost, la scelta può attuarsi positivamente, pur se qualcuno potrebbe dubitare che una comunità cristiana (soprattutto tuscolana) possa avere un proprio candidato, senza riandare a Sant’Ambrogio e ai primi secoli della chiesa quando (sotto i pontificati di Leone Magno e di Celestino I, nel IV e V secolo) si affermava: “Colui che a tutti dovrà essere preposto, da tutti deve essere eletto”, ed ancora, “non si imponga nessun vescovo contro la volontà del popolo”. Ma per la storia diocesana in particolare, si ricorda ancora oggi come a Capocroce (molto prima che diventasse parrocchia), circolasse un aneddoto in merito al cardinal Cassetta - (che farà poi costruire la sala del teatro intitolato al suo nome) - in cui si narrava che il papa, richiesto espressamente dai fedeli di Frascati affinché fosse loro ‘assegnato’ come vescovo il Cassetta (Francesco di Paola), abbia domandato se essi volessero il cardinal Cassetta o la ‘cassetta’ del cardinale (considerando la prodigalità e munificenza del prelato), e i fedeli abbiano risposto: “tutt’e due, Santità”!

Se questo è l’aneddoto, sarà poi lo stesso cardinale romano, nella sua prima lettera pastorale ai tuscolani, a confermare quella richiesta dei fedeli, scrivendo che, pur consapevole delle difficoltà, “mi consola però che voi stessi o diletti figli Tuscolani, per mezzo del venerabile Capitolo e dei principali rappresentanti della vostra città, domandaste al sommo Pontefice che mi fosse assegnata cotesta Diocesi”.

Era il 1911, poco più di un secolo fa, e il ‘sensus fidelium’ veniva addirittura recepito da Pio X, un papa che pure aveva già condannato il modernismo!

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