Alba Longa, scoperte tracce di un vecchio scavo archeologico su Prato Fabio. Forse è il tempio di Venere

Pubblicato: Mercoledì, 22 Novembre 2017 - Fabrizio Giusti

CASTELLI ROMANI (attualità) La documentazione dimenticata degli anni venti del Novecento. La notizia riportata da Franco Arietti nel sito Osservatorio Colli Albani apre scenari impensabili.

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Uno scavo nel luogo della mitica Alba Longa (Prato Fabio) degli anni '20 del Novecento ignorato e dimenticato nei cassetti. Così, dal nulla, dalla polvere della storia, spuntano un monumentale ninfeo ed un altare. Una nuova pagina di storia si comincia a scrivere sui Colli Albani grazie ad un interessante articolo dell’archeologo Franco Arietti (per visionarlo con la documentazione completa leggi “Alba Longa, eccezionale scoperta archeologica a Prato Fabio: è il tempo di Venere?pubblicato sul sito www.osservatoriocollialbani.it.

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Arietti parla di tracce di importanti reperti, rinvenuti un secolo fa, che confermano che in età augustea nell’area del Prato Fabio (Rocca di Papa) si onorava solennemente il sito e il ricordo della Città madre di tutti i Latini: Alba Longa. La conferma arriverebbe dal ritrovamento di disegni (inediti) dello scavo. L’Osservatorio li mostra e commenta per la prima volta in esclusiva.

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“Nel 1920 – spiega Arietti nel suo articolo - gli sterri per la costruzione di un villino e relativa dependance, misero in luce alcune strutture antiche poste all’estremità occidentale del pianoro di Prato Fabio. Non fu redatto un rapporto di scavo da Edoardo Gatti, né una planimetria generale, per cui non sappiamo nulla di ciò che avvenne materialmente nel cantiere, tranne qualche scarno appunto di Edoardo Gatti che allora operava nella Regia Soprintendenza agli Scavi di Roma in qualità di Disegnatore principale”. Succesivamente, in un articolo apparso sulla rivista ‘Notizie degli Scavi di Antichità’ nell’anno 1926, elencò il ritrovamento di una conserva d’acqua circondata da muri e di un tratto di strada lastricata, distante 50 m., che si raccordava alla Via Sacra. Non si fece menzione, invece, della presenza di un altare. “Una omissione grave e del tutto incomprensibile – scrive Arietti - al contrario, egli dedica la sua attenzione ai bolli laterizi ed ai frammenti di intonaci parietali recanti motivi egittizzanti: tutti elementi che, come vedremo, compaiono nei suoi disegni redatti nel 1920 accanto all’altare”.

Ritrovati sia gli schizzi redatti in cantiere su un taccuino, che i rilievi delle strutture elaborati successivamente in scala 1:100. Gatti sbagliò l’orientamento delle strutture, scrivendo che Prato Fabio si trovava a sud di Monte Cavo, mentre in realtà esso è ad ovest. Questo errore diventerà pregiudiziale per l’orientamento del ninfeo. Tra i disegni, comunque, appare un altare che spunta dalla terra. “Purtroppo – spiega Arietti nel suo scritto - non abbiamo il minimo indizio per sapere dove si trovi. Inutile aggiungere che la sola presenza di un altare (sono rarissimi quelli trovati finora) risulta essere di straordinario interesse archeologico”.

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“Edoardo Gatti – conclude Arietti - fu probabilmente costretto ad operare in condizioni decisamente avverse; solo così si possono comprendere alcune lacune del suo lavoro, che ne hanno assai complicato la comprensione ma che risulta comunque prezioso e determinante. La sola presenza dell’altare esclude nel modo più assoluto che l’intera area del Prato Fabio abbia avuto un carattere residenziale, come ritenne E. Gatti ipotizzando la presenza di una comune villa imperiale sottostante. Al contrario, emerge chiaramente la fortissima valenza cultuale del luogo, postulata anche dalla maestosa posizione del grande ninfeo, costruito nel punto più aggettante del pianoro di Prato Fabio che domina il Lago Albano. Forse non siamo lontani dal vero se immaginiamo alle sue spalle la presenza del tempio di Venere menzionato da Orazio”.

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Una cosa è certa: l’area di Prato Fabio – secondo l’analisi dell’archeologo noto per la scoperta della Tomba principesca del Vivaro - potrebbe conservare ancora una delle pagine di storia più importanti relative alle origini di Roma e del Lazio antico. In una mappa del Lago Albano risalente al 1671, A. Kircher immagina Alba Longa a Palazzolo, sul bordo orientale del lago. Egli elenca in successione lungo il Monte Albano: sulla vetta il Tempio di Giove Laziale e, al di sotto, a mezza costa, nell’area di Prato Fabio che domina il lago, egli ipotizza la presenza del Tempio di Venere. “Quindi è possibile – conclude Arietti - che qualche secolo fa fossero ancora visibili in superficie a Prato Fabio i resti antichi parzialmente messi in luce dagli scavi del 1920 documentati da Edoardo Gatti”.

Siamo di fronte a un nuovo scenario storico ed archeologico?