ESCLUSIVO - Massimo Piscedda: la "mia" Lazio, da Chinaglia al... Bayern Monaco

Pubblicato: Sabato, 20 Marzo 2021 - Marco Caroni

piscedda massimo1 ilmamilioROMA (calcio) - L'ex terzino sinistro biancoceleste, oggi opinionista su Radiosei, tra passato e presente. "A casa tifavamo Cagliari, mi portarono a vedere la Roma ma poi incontrai la Lazio"

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Che lazio era quella di Giorgio Chinaglia presidente?

Quella all’epoca era una buona squadra, che ha reso meno di quanto avrebbe potuto. C'erano diversi elementi interessanti, fatta di buoni talenti, da Giordano a Manfredonia, da Laudrup a Batista ad altri giocatori: nel 1983-84 ci salvammo con un gran girone di ritorno. Quella squadra, con quei valori, credo che oggi sarebbe tra le prime 8, perché aveva valori di rilievo ed oggi con 4-5 giocatori importanti si sta nella parte medio alta della classifica. Giorgio Chinaglia è stato un presidente fantastico: generoso, diretto, purtroppo però un po' ingenuo nelle amicizie. Una persona perbene, che stimavo moltissimo: un presidente dalle qualità umane importanti.

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59 anni compiuti da pochissimi giorni, Massimo Piscedda è uno di quegli eroi della Lazio dei -9 che i tifosi biancocelesti non hanno mai dimenticato. Difensore tutto sinistro con 97 presenze nella Lazio, tra A e B, ha legato il suo nome ad una lunga militanza (a due riprese) e a quella fantastica esperienza che fu la Lazio di Fascetti.

Oggi Piscedda è tra gli opinionisti più apprezzati di Radiosei, storica emittente romana che ha saputo conquistarsi il titolo di radio della Lazio.

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Che Lazio fu invece quella dove Piscedda tornò dopo la breve parentesi di Taranto? 

Erano cambiate tante cose, era un momento particolare. Alla Lazio ero tornato con Gigi Simoni in panchina ma in estate rifiutai il trasferimento alla Ternana e Felice Pulici mi mise fuori rosa. Mi sono allenato per mesi con la primavera di Morrone. In primavera, Simoni si accorse di me dopo una sfida in famiglia e mi buttò in campo nella decisiva sfida di Catanzaro (vittoria della Lazio per 2-3 e salvezza conquistata, in B) facendomi giocare da terzino destro. Dopo di che, da quell'estate, tutto cambiò e certamente è cambiata la storia della Lazio. Fascetti, che veniva già a vedere le ultime partite di campionato nell'86, mi confermò. E lì iniziò una storia che tutti conoscono.

Chi era Eugenio Fascetti? Chi è il Fascetti di oggi?

Penso che Antonio Conte possa essere un allenatore che oggi si avvicina molto a Fascetti. Ma è un Fascetti meno  arrabbiato e più riflessivo. Conte ha preso molto da lui, soprattutto sul piano della gestione della squadra: buono nel momento in cui serve essere buoni, duro quando bisogna essere duri. Sono stati insieme ai tempi del Lecce. Fascetti fu bravo anche a fare da filtro tra giocatori e giornalisti, le discussioni non uscivano mai dallo spogliatoio: difendeva il gruppo. Oggi le cose sono diverse: coi social i giocatori sono sempre più "calciattori" e questo genere di cose quasi non esistono più. Le distanze tra i calciatori ed i tifosi, tranne pochi casi (ed Immobile è uno di questi), sono oggi enormi.

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Ed invece chi era Giuliano Fiorini?

Giuliano è un bellissimo ricordo, anche se era amico di tutti, con per me è stato un amico vero.  Quando se n'è andato, nell'agosto 2005, ho voluto esserci a Bologna per i funerali. Giuliano era un ragazzo che col suo modo di vivere emiliano sdrammatizzava tutto, anche se aveva più esperienza degli altri: sapeva prendere tutti per mano. Ed era uno che teneva tantissimo alla maglia che indossava: per Genoa, Bologna e Lazio ha dato tutto.

Quale altro giocatore dei -9 merita un posto speciale?

Quello fu un gruppo irripetibile, straordinario. Fascetti fu fortunato a trovare noi, tutti ragazzi pronti a gettarsi in quell'impresa e noi fummo fortunati a trovare Fascetti. Potrei dire Vincenzo Esposito, Gabriele Pin, Giancarlo Camolese ma la vera assoluta forza fu il gruppo e l'alchimia che si creò con l'allenatore. Nella Lazio dell'anno successivo, quella del ritorno in serie A, voglio ricordare Gabriele Savino (alla Lazio solo nella stagione 1987-88): fece 8 reti ma furono tutti gol pesanti, gol decisivi.

Perché i tifosi sono così legati a quell'avventura, a quella Lazio che, di fatto, ha toccato il punto più basso della storia biancoceleste?

Perché quello fu un gruppo straordinario ed i tifosi, nonostante le tante difficoltà ed il risultato finale soffertissimo, lo sapevano e lo avevano capito. Un gruppo di calciatori disposti sempre ad aiutarsi. Senza dimenticare che nell'estate del 1986 la Lazio era stata retrocessa in C e che quindi quella fu una stagione stranissima, unica a ripetersi. Inoltre, quando Fascetti arrivò sulla panchina della Lazio era già un mezzo eroe per l'impresa del 1985 quando battendola all'Olimpico col suo Lecce per 2-3 evitò lo scudetto della Roma.

Perché nell'estate 1988 Fascetti lasciò la Lazio?

So solo che prima del ritiro estivo ci ritrovammo alla Canottieri Lazio: quel giorno eravamo convinti di trovare Fascetti ed invece trovammo Giuseppe Materazzi. Materazzi è stato un buon allenatore, ha fatto decisamente un buon lavoro, costruento una squadra con due due terzini fluidificanti come Monti e Sergio. Il primo anno di serie A non è stato facile, ci salvammo all'ultima giornata ad Ascoli (0-0), poi la squadra e la società hanno iniziato a crescere.

97 presenze in campionato con la Lazio ed un gol: quando?

Su punizione col Brescia all'Olimpico, una delle ultime gare del campionato 1987-88 al termine del quale siamo tornati in A. Ad Ivano Bordon (campione del Mondo in Spagna nel 1982, ndr), lo ricordo ogni volta che lo incontro.

Era il 5 giugno 1988, la Lazio vinse 2-0 con raddoppio di Rizzolo, ndr.

Lazio-Campobasso a parte, quale partita ricordi con particolare piacere?

Senz'altro il derby del gennaio 1989, quando battemmo la Roma col gol di Di Canio: credo in quella occasione di essere stato il migliore in campo anche se ovviamente quella partita è passata alla storia, giustamente come il derby di Di Canio.

Oggi cosa resta di quegli anni e di quei derby?

Ho rapporti buonissimi con tanti ex giocatori ed ex calciatori di Roma e Lazio: con Desideri, Giannini, Nela ci sentiamo spesso, ora c’è solo amicizia e sportività. A proposito del derby di Di Canio: quella domenica in campo c'erano tanti romani, di qua e di là: cose che oggi non si vedono più e chissà se le rivedremo mai. 

E Piscedda è sempre stato Laziale?

No, non da subito. In casa, per le nostre origini sarde, eravamo tutti del Cagliari: Gigi Riva era più importante del Papa. Sono nato a Corviale, quartiere pieno di romanisti e così la prima partita che mi portarono a vedere allo stadio fu un Roma-Milan, in curva sud: il biglietto costava 8mila lire, il Milan vinse 0-1 e capii che la Roma non poteva essere la mia squadra. Poi mi chiamò la Lazio, avevo 11 anni e scoppiò l'amore. Feci il provino a San Paolo e da quel momento è stata tanta Lazio: ricordo con affetto tutti gli allenatori che ho avuto nelle giovanili, da Contardi a Guenza, Clagluna, Morrone, Forlivesi, Lenzi.

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Veniamo ad oggi. Che valore ha avuto la doppia sfida contro il Bayern Monaco?

L’esperienza che si acquisisce a questi livelli, in gare come queste, è fondamentale, magari giocare queste sfide ogni anno. Con queste partite si cresce, si matura, si migliora e prima o poi lungo questo percorso queste squadre le batti. E' fondamentale per migliorare.

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Perché l'impressione è che il calcio italiano sia 10 anni indietro a Paesi come Germania, Inghilterra e Spagna?

Il discorso non è facile ed anzi è piuttosto complesso. Diciamo però che è errato dire che siamo "indietro":  il problema è che in Italia non si programma, anche quando abbiamo vinto i mondiali lo abbiamo fatto contro i pronostici. Forse fa parte del nostro dna, quest’anno è andata male e male va da qualche anno. Oggi come oggi con Germania, Inghilterra e Spagna non ci si può confrontare ma si tratta di cicli.

Da noi andiamo più piano, imbarchiamo tutti 35enni perché qui il gioco è più tattico e meno veloce. Come squadre di club è difficile migliorare nell’immediato perché le logiche dei presidenti sono tutto quello che non dovrebbero essere.

Anche il calcio è cambiato però...

Senza dubbio ma noi abbiamo il bisogno di svecchiare. Possiamo anche dire però che gli attaccanti vanno marcati: prima erano i difensori a studiare gli attaccanti per capire come contrastarli, oggi invece sono gli attaccanti a studiare i difensori. Ed i portieri.

Poi c'è il capitolo procuratori...

Ho molti amici che fanno questo lavoro e conosco molto bene l'ambiente. La verità è che per i ragazzi troppo giovani non ha quasi senso un procuratore, anche perché si rischia di alterare anche la vita scolastica e formativa dei ragazzi e questo è un problema.

Infine, veniamo alla Lazio...

Ormai le squadre, fuori dall'Europa tranne la Roma, sono tutte concentrate sul terzo o quarto posto: la concorrenza è tanta. Se non si arriva al quarto posto, non è detto però che la stagione della Lazio sia stata un fallimento: abbiamo fatto bene in Champions’, abbiamo superato il girone e siamo tra le migliori 16 d'Europa. Se la Lazio restasse fuori dalla Champions' resterebbe l'amaro in bocca è chiaro, ma l’Europa League va comunque presa. Bisogna però rinforzarsi ogni anno, inutile ed evidente dire che quello della scorsa estate sia stato un mercato deludente. Giocatori per i quali si sono spesi milioni, non hanno reso come si sperava.

A proposito: tra i tanti, c'è un tifoso che ha saputo "colpire" Piscedda?

Una volta uno mi disse “hai giocato anche tu un serie A”, come per deridermi. Vero, sono stato probabilmente il 300° giocatore della serie A. Ma in serie A ho giocato (in 47 occasioni con la maglia della Lazio, ndr). 

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La Lazio dei -9, 1986-87

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La Lazio 1989-90