Regione, mozione di sfiducia: Zingaretti rischia. Ma nel centrodestra e M5S c'è dibattito

Pubblicato: Mercoledì, 28 Novembre 2018 - redazione politica

REGIONE (politica) - Partiti e movimenti in fermento: far cadere o no il Governo del Lazio?

ilmamilio.it 

Dovrà essere discussa entro il 13 dicembre e rischia di far fare un capitombolo clamoroso al govenatore del Lazio Nicola Zingaretti. E' la mozione di sfiducia firmata dai consiglieri di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Fuori dall'appello, momentaneamente, due esponenti dell'ex maggioranza che hanno sostenuto Stefano Parisi (Cangemi, Cavallari) e Sergio Pirozzi, l'indipendente ex sindaco di Amatrice. 

carne fresca

Nel M5S e nel centrodestra il dibattito è in corso. Che fare? Zingaretti non ha una maggioranza in Aula, la sua permanenza è frutto sostanzialmente di un equilibrismo di abilità politica e si appoggia a due consiglieri ex centrodestra che per qualcuno non è escluso che ritornino a casa. A quel punto per il governatore sarebbe la fine e in tal caso si potrebbe dimettere prima di arrivare al voto al consiglio regionale. La faccenda però non è così scontata. Perché la sindrome del braccino corto, in questi casi, può giocare brutti scherzi. 

Il M5S parrebbe spaccato sulla decisione. I rumors di palazzo affermano che cinque consiglieri sarebbero a favore della caduta e cinque contro. Si deciderà a breve. Qualcuno nelle scorse ore ha sussurrato di un fantomatico e abbastanza fantasioso "contratto di governo" col PD, ma questo rischierebbe di incrinare i rapporti con la Lega in sede di governo nazionale e apparirebbe come un controsenso sugli intenti originari. Anche se, pensano i più maligni, fermare la caduta di Zingaretti equivarrebbe a bloccare anche l'ascesa al governo della regione della Lega stessa. Stesso discorso si potrebbe fare per quella parte del centrodestra non convintissima del crac regionale in anticipo sui tempi. Fari puntati dunque su tre consiglieri - Pirozzi, Cavallari e Cangemi - ma anche sui vari dibattiti interni.

Certo è che si dovesse ricompattare tutta l'area di opposizione, per Zingaretti sarebbe la fine, con inevitabili strascichi anche nella sua competizione a leader del PD.