Francois Truffaut, il grande regista che traduceva in poesia l'umanità del quotidiano

Pubblicato: Domenica, 21 Ottobre 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 21 ottobre del 1984 la sua morte 

ilmamilio.it

Francois Truffaut è stato un regista culturalmente influente, un uomo dalla sensibilità unica nel leggere il quotidiano, un innovatore del modo di immaginare il cinema. E' riuscito ad andare quel centimetro in più che altri non potevano pensare.

Fu poco politico, poco incline ai compromessi, poco convenzionale. Nella società globale egli ha ancora la forza di affascinare chi lo guarda, pur avendo avuto un'esistenza artistica decisamente contro le regole formali e commerciali. Si definì un “monarchico socialista”, ma nella primavera del 1968, quando Parigi bruciava e veniva invasa dai carri armati di De Gaulle, guidò la prima occupazione della Cinémathèque di Parigi e del festival di Cannes.

Truffaut aveva lo straordinario dono di offrire eccezionalità all'ordinario, mettendo sempre al centro il valore dell'amore, nelle sue molteplici declinazioni. Un amore cercato e trovato dentro alle sue opere e che non trovò durante la sua complessa infanzia. Conobbe il cinema marinando la scuola e lo imparò da autodidatta e in modo straordinariamente raffinato. Leggeva di continuo, in modo appassionato.

Nato a Parigi nel 1932, sin da piccolo frequentatore delle sale cinematografiche, studente sicuramente non modello, a 15 anni aveva già fondato un cineclub che gli permise di recensire film. E' il periodo in cui non si fa mancare il carcere per piccoli furti, vandalismo, diserzione dall’esercito.

Travolse il festival di Cannes già dal suo primo film, “I 400 colpi”, un capolavoro assoluto il cui finale aperto si espande con la sua emozione in tutte le direzioni, mostrando la delicatezza e la fragilità della disubbidienza che ha voglia di scoprire il mondo davanti alla vastità del mare. Un film in cui la critica alla famiglia del tempo, all’assenza della scuola, alle istituzioni preposte alla rieducazione dei ragazzi è sicuramente anarchica e irriverente. Se in quegli anni la cultura, la politica e l’economia stanno stravolgendo la propria identità, il bambino Antoine, protagonista della pellicola, rimane comunque escluso da ogni inserimento. Così fa la sua libera scelta e diventa l’individuo che si prende la sua voglia di riscatto e corre verso l’età adulta e la grandezza sconosciuta della vita.

In tutta la sua cinematografia Truffaut venerò le donne, la loro bellezza, la loro emancipazione, narrò i bambini, le provocatorie relazioni amorose, la letteratura. ''Mia madre non sopportava i rumori e m'impediva di muovermi e parlare per ore e ore - raccontò - allora io leggevo: era la sola occupazione a cui potessi dedicarmi senza disturbarla. Durante l'occupazione tedesca ho letto moltissimo e poiché stavo spesso solo, mi misi a leggere i libri degli adulti. Arrivato a tredici o quattordici anni comprai, a cinquanta centesimi al pezzo, quattrocentocinquanta volumetti grigiastri, Les Classiques Fayard, e mi misi a leggerli in ordine alfabetico senza saltare un titolo, un volume, una pagina''.

Fu regista noir, di fantascienza, drammatico, ironico. Ispirandosi a Bradbury, diede vita a ''Fahrenheit 451'', in cui si descrive una società distopica e futura in cui leggere o possedere libri è considerato un reato, per contrastare il quale è stato istituito addirittura un apposito corpo di vigili del fuoco che brucia ogni volume che scopre. Uno di questi incendiari, Montag, un giorno decide di leggere un breve trafiletto di un libro. Attirato da quelle righe, salva alcuni libri e inizia a leggerli di nascosto. Scopre, anche grazie alla conoscenza dell'amica Clarisse, una visione della vita in cui ci si può incontrare, parlare, conoscere. Un film che mette insieme molti degli amori del regista: l'universo femminile, l'importanza della letteratura, l'amicizia, uscire dalle regole per cambiare la società.

Fu tra i creatori della 'Nouvelle Vague', pensiero che voleva raccontare la vita mentre cammina sulle sue gambe, con intimità, durezza, sincerità, inquietudine.

Fu il regista di 'Effetto notte', il "film nel film" caratterizzato da uno stile attraverso il quale l'autore mostrò come nasce e prende forma una pellicola.

La storia è ambientata negli stabilimenti de La Vittorine, a Nizza, dove il regista Ferrand (lo stesso Truffaut) sta girando Je vous présent Pamela (Vi presento Pamela), una sorta di melodramma sentimentale. Le fasi della lavorazione si mescolano con il privato dei membri del cast in una trama di parole e situazioni che costituisce la testimonianza dell'amore del regista per l'arte a cui appartiene. Verità e fiction insieme. La riflessione sublime, tecnica e innovativa sul grande sogno di compenetrare arte e vita e dare, finalmente, potere all'immaginazione nel suo imporsi sulla realtà.

Truffaut è morto a soli 52 anni per un tumore al cervello. Diceva: ''Fare un film significa migliorare la vita, sistemarla a modo proprio, significa prolungare i giochi dell’infanzia, costruire un oggetto che è allo stesso tempo un giocattolo inedito e un vaso dove si disporranno, come se si trattasse di un mazzo di fiori, le idee che si hanno in questo momento o in modo permanente. Il nostro film migliore è forse quello in cui riusciamo a esprimere, più o meno volontariamente, sia le nostre idee sulla vita che le nostre idee sul cinema''.

Probabilmente di chiunque altro fra i registi della sua epoca, è stato in grado di superare la prova del tempo, difficile per tutti. Il suo cinema parla e riesce a parlare alle nuove generazioni di fronte ai temi esistenziali dell’umanità moderna.

"Tre film al giorno, tre libri alla settimana e dei dischi di grande musica faranno la mia felicità fino alla mia morte", affermava. E non solo la sua.