Il Premio Nobel per la Pace 2018 a Murad e Mukwege: l'impegno contro lo stupro di guerra

Pubblicato: Venerdì, 05 Ottobre 2018 - Fabrizio Giusti

Il riconoscimento alla 'donna che ha sconfitto l'Isis': da schiava sessuale a donna del riscatto

ilmamilio.it 

Nel febbraio 2001 tre soldati serbo-bosniaci vennero ritenuti colpevoli dal Tribunale Internazionale dell’Aja. Il loro capo di imputazione fu quello di stupro, perpetrato a Foca, una cittadina nella Bosnia orientale. Per la prima volta questo reato venne considerato come crimine contro l'umanità, cancellando una convinzione strisciante secondo cui la violenza contro le donne in tempo di guerra era una conseguenza ‘inevitabile’ del conflitto stesso. 

Oggi Il Nobel per la Pace 2018 è stato assegnato a Nadia Murad e a Denis Mukwege. Particolare è la vicenda di Nadia, yazida, conosciuta come la ‘donna che ha sconfitto l'Isis’. Brutalizzata in prigionia, è simbolo del genocidio della sua comunità. Quando fu rapita dai miliziani aveva 19 anni. Abusata, fu venduta come schiava sessuale più di una volta. Dopo mesi di torture fisiche e psicologiche, riuscì a fuggire e salvarsi. Da quel momento, per lei, è iniziato un altro percorso.

Non solo in epoca contemporanea, ma anche durante le due guerre mondiali del secolo scorso, e per tutto il Novecento, gli stupri furono parte della strategia offensiva degli eserciti militari, una vera e propria arma per colpire la popolazione civile. Nonostante sia stata per lungo tempo sottovalutata, la violenza sulle donne rappresentò uno dei prezzi più alti che le popolazioni dovettero pagare nel corso delle occupazioni militari avvenute durante la Prima Guerra Mondiale e la Seconda Guerra Mondiale. Non fecero eccezione, ad esempio, durante quella del 1915-1918, i territori del Veneto e del Friuli invasi dagli austriaci dopo la disfatta di Caporetto. Molte vittime non riuscirono a superare i traumi subiti anche a causa della cultura del silenzio praticata da familiari e comunità in cui vivevano. Altrettanto ci hanno colpito i tragici racconti legati a fatti che accaddero durante il secondo conflitto del 1940-45 e vennero messi in risalto dal romanzo di Moravia ‘La ciociara’ e più ancora dal film d De Sica, premio Oscar, oppure le agghiaccianti vicissitudini nei territori di confine del nord-est contesi tra eserciti titini, alleati, italiani o tedeschi. 

Conflitti mondiali, dittature, atrocità etniche, memorie nascoste, atti processuali, inchieste giornalistiche, interventi delle organizzazioni femminili e riflessioni più generali hanno comunque fatto emergere nel tempo, e volte con ritardi decennali, un quadro terribile e complesso di una realtà sottovalutata, taciuta consapevolmente, nascosta da scopi politici, ideologici e di parte. Tant’è che ancora oggi si fa fatica a comprendere la drammatica verità, una verità che ora trova, con questo Nobel, una sua dignità storica e riconosciuta.

Nel corso di un secolo sono cambiate le leggi, le sensibilità collettive. La discussione sulla violenza commessa contro le donne attraverso la violazione del loro corpo in tempo di guerra (e purtroppo in tempo di pace) è oggi all’ordine del giorno. Lo stupro di massa risulta però una tragedia ancora attuale che si compie nei conflitti di cui non parla nessuno, utilizzati come mezzo di terrore e di assoggettamento psicologico. 
E’ giusto dunque rammentare che certe pratiche e certi metodi sono possibili perché continua a circolare la strana ‘cultura’ che discrimina, giustifica il male, condanna le donne e le rende vittime di mentalità che ridimensionano la violenza.

Sotto l’aspetto simbolico, questo è un premio importante. Per affermare la civiltà, invece, il cammino è ancora lungo.

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