60 anni fa esatti l'apocalisse del Vajont: fu colpa dell'uomo, 2.000 le vittime

Pubblicato: Lunedì, 09 Ottobre 2023 - redazione attualità

vajont 6 ilmamilioROMA (attualità) - La sera del 9 ottobre 1963 una immane frana dal monte Toc invase il lago, generando due onde che rasero al suolo Longarone, Erto ed altre frazioni

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La lunga fila di soldati al centro della foto qui pubblicata è una parte, minimale, di coloro che con picconi e pale, nelle ore e nei giorni successivi all'apocalisse si impegnò nel recupero dei morti.

Sessanta anni fa, il 9 ottobre del 1963, il crollo di una enorme massa di terra e roccia (260 milioni di metri cubi) dal monte Toc nel lago formato dalla diga del Vajont, fiore all'occhiello dell'ingegneria civile ed idraulica italiana, rase completamente al suolo l'abitato di Longarone. Il piccolo paese nella sottostante larga valle del Piave, era al centro del "mirino" dell'onda immane balzata al di là della diga: acqua, fango e detriti (circa 25 milioni di metri cubi) viaggiarono ad una velocità di 80 chilometri all'ora, con uno spostamento d'aria paragonato a quello prodotto da una bomba atomica perché compresso nella stretta gola del Vajont, si abbatterono come un maglio su Longarone.

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L'acqua del lago, formatosi non senza difficoltà e non senza polemiche, certamente non senza gli allarmi lanciati dalle poche parti esterne agli interessi di Enel-Sade (le popolazioni locali e la giornalista Tina Merlin, su tutti), si divise in due: una parte annientò Longarone, in Veneto, l'altra - rimasta sulla sponda friulana del Vajont - dilavò l'abitato della piccola Erto radendo al suolo ogni cosa incontrata sul suo percorso.

La prima metà dell'onda, scampò Casso solo perché le poche case del paesino si trovavano sopra lo sperone di roccia che domina la diga, alla sua destra. Casso ancora oggi si trova lì, proprio sopra la diga, proprio di fronte al monte Toc.

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4 minuti di apocalisse, 2.000 morti: difficile ancora oggi sapere quanti siano realmente stati. I dati ufficiali riportano 1.910 vittime di cui 487 bambini. E quelli sono rimasti. Da 60 anni a questa parte.

In questi 60 anni tantissimo è stato scritto ed è stato detto, molto è finito nelle Aule giudiziarie e da lì ne è uscito. Con pochi colpevoli, tantissimi morti, poche certezze ufficiali e un solo elemento certo: fu strage provocata dall'uomo.

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La diga resta ancora lì, oggi. Terribile massiccio, quasi vergine monumento alla follia ed all'ingordigia dell'uomo, teso alla ricerca non tanto alla ricerca della gloria ingegneristica, quanto ai guadagni che l'impianto idroelettrico del Vajont avrebbe portato. E del benessere che, fu detto, avrebbe portato anche nella stessa valle del Vajont, sacrificata per creare il lago.

Ma Vajont nel dialetto locale significa "va giù", e Toc (il nome del monte franato nel lago), significa "vuoto, fasullo". E l'accoppiata di questi due nomi avrebbe dovuto dire qualcosa: ma invece no.

E le 2.000 povere vittime rimaste sotto il fango o semplicemente sbriciolate restano a muto retaggio di un'apocalisse che avrebbe dovuto essere evitata.

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