50 anni fa scompariva mons. Biagio Budellacci, il vescovo che si prese cura di Frascati bombardata

Pubblicato: Venerdì, 25 Agosto 2023 - redazione attualità

budellacci ilmamilioFRASCATI (attualità) - Un pezzo di storia cittadina di enorme rilevanza. Un personaggio cui la città tuscolana deve tanto

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di Valentino Marcon

Quando papa Paolo VI venne in visita a Frascati nel 1963 (ed era stato eletto da pochissime settomane), volle per prima cosa, rendere omaggio e riconoscenza al Vescovo ormai emerito (e non presente alla cerimonia), ricordandone l’opera dopo il bombardamento di Frascati: Mons. Biagio Budelacci – disse il Papa - con poche persone vagava tra le rovine per assistere e curare i feriti; cercare e trasportare i cadaveri. Lavoro difficilissimo, perché oltremodo esiguo il numero degli abitanti rimasti. Povera Frascati! Sembrava la fine.

     Su Budelacci è stato scritto molto e non sempre con esattezza, anche perché quando fu rimosso dalla sua chiesa tuscolana nel 1962, ritirandosi in un istituto di suore a Roma, non portò con sé documenti, discorsi e relazioni, sicché è risultato del tutto inutile nel tempo cercare di penetrare nel suo pensiero e nella sua feconda attività pastorale, del resto sempre testimoniata nell’obbedienza ai cardinali vescovi titolari di cui fu l’ausiliare.

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Così, anche dall’Archivio diocesano non sono emersi suoi scritti particolari, e pertanto tutte le testimonianze finora venute alla luce sono state narrate solo oralmente da chi lo aveva conosciuto. Pochi e anzianissimi ormai coloro che ancora ricordano il suo portamento distinto e l’affabilità della pur austera persona nonché l’inconfondibile pronuncia romagnola quasi sussurrata, con quelle ‘zeta’ traslate in ‘esse’ (piazza in piassa). Insistendo però nelle ricerche, viene ancora portato alla luce qualche documento su questo Vescovo del pre-concilio, ma di grande apertura.

Nato a Faenza il 18 giugno del 1888, Biagio Budelacci fu fatto venire a Frascati e nominato vicario generale (nonché Assistente diocesano della Gioventù Femminile di AC), dall’allora vescovo tuscolano, cardinale Michele Lega nel 1926, e dieci anni dopo (1936) ne divenne vescovo ausiliare, poi negli anni seguenti fu ausiliare di altri tre cardinali tuscolani: Marchetti Selvaggiani, Tedeschini e infine Gaetano Cicognani.

   Nel 1995 il quotidiano La Repubblica, nel recensire un libro sulla storia della diocesi di Frascati fino al dopoguerra, riportava questo titolo: “il vescovo che salvò Frascati dai nazisti”. Naturalmente il vescovo era Budelacci. Eppure, senza assolutamente citare l’opera svolta nei tragici giorni del bombardamento sia da Budelacci che dal suo clero, qualcuno subito dopo quei momenti cercò di ignorarne l’impegno e l’abnegazione, come, ad esempio, il Commissario prefettizio nel ‘Comitato provinciale protezione antiaerea’, che scriverà: “...L’opera di soccorso si è iniziata con lodevole solerzia ed è durata sino alle ore 20 dello stesso giorno [8 settembre], ed a quell’ora è venuta a cessare a seguito degli avvenimenti politici militari nazionali. Da quel giorno fino al 26 settembre u.s. i superstiti cittadini di Frascati sono rimasti senza potere ricevere alcun aiuto né morale né materiale dal centro ed hanno dovuto da soli provvedere per portare aiuto a coloro che erano rimasti sotterrati nei ricoveri e al primo sgombero delle macerie per il passaggio nelle vie... Dal 26 settembre u.s. l’opera del genio civile ha permesso lo sgombero di molte macerie ed ha reso possibile le minime indispensabili condizioni di vita specie per quanto riguarda l’attività (sia pure ridotta) dei negozi e generi alimentari...

   In realtà Budelacci con qualche altro cireneo, immediatamente dopo il bombardamento, presiedette il Comitato di Salute Pubblica a cui fecero capo tutte le richieste della popolazione (ne erano membri, G.F. Micara, P. Baldetti, A. Pizzino, C. Aldobrandini, D. Donati). Il Vescovo, con la collaborazione di alcuni altri sacerdoti, provvide alle varie esigenze e allo stesso Comitato fu rivolto anche l’ultimatum tedesco che, l’11 settembre, dichiarando la città ‘zona infetta’, ordinava a “tutti gli abitanti dai 14 anni ai 60 per quanto ancora abili al lavoro, a mettersi a disposizione del comitato del comune per estrarre i cadaveri pena severe misure di costrizione per la popolazione”. Ma è noto, che dopo l’armistizio dell’8 settembre, per lo più gli ‘abili’ al lavoro si rifugiarono dove poterono, per paura di rappresaglie tedesche e fasciste.

Budelacci poté usufruire ancora di un lasciapassare (in italiano e tedesco) dell’Ortskommandantur del 23 aprile del 1944 confermando “all’eccellenza il Sig. Vescovo di Frascati Biagi (sic!) Budelacci... l’autorizzazione, “di circolare oltre le ore del coprifuoco a Frascati e dintorni. In qualità sua di membro del Comitato amministrativo di Frascati egli è chiamato dalle autorità tedesche di mantenere l’ordine e la calma nella popolazione civile”.

       Ancora nel settembre del ’44 Luciano Tamburrano, già dirigente nazionale e presidente (diocesano) della Gioventù Cattolica degli anni ’20, amico di mons. Tardini, scriveva a Budelacci in questi termini: “Mi ha telefonato S.E. mons. Tardini di avvertirla che domani, venerdì, alle ore 16 Egli sarà a Frascati con il capo della delegazione americana per gli aiuti all’Italia, signor Juvenal Marchisio. Intende fargli visitare i luoghi più colpiti per commuoverlo. S.E. monsignor Tardini si raccomanda a Lei di scegliere i punti più distrutti e più importanti per ottenere il migliore effetto. Però l’avvisa di non fare alcuna pubblicità e non avvisare nessuno in modo da conservare il carattere riservato della visita”.

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       E Budelacci nell’ottobre del 1944 accompagnò il giudice Marchisio a visitare le macerie della disastrata Frascati e Marchisio assicurerà il vescovo Ausiliare l’invio di aiuti per la popolazione. Ripartendo poi per gli Stati Uniti Marchisio scriverà al Vescovo: “Non ho parole per esprimerle quanto apprezzai la sua preziosa assistenza e l’amabilità si pronta e premurosa con la quale ella mi accompagnò personalmente a visitare le zone di costà devastate dalla guerra. Ne riportai un’impressione profonda ed indimenticabile – un’impressione che mi spronerà vieppiù a fare sempre del mio meglio per coadiuvarla nella sua opera di pietà e di sacrificio per queste povere vittime il cui dolore ella condivide ed interpreta con sentimenti di umana comprensione. Mi è gradita l’opportunità per assicurarla, Eccellenza, che ho già iniziate presso il Capitano Stone opportune pratiche affinché sia fornito al più presto un contingente di latte per i bambini, le madri e gli ammalati di costà e ben mi rendo conto, come ella mi spiegò, della grande necessità che incombe per ottenere ogni possibile soccorso anche a tutti gli altri bisognosi…

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   Domenico Tardini (che in seguito diventerà cardinale e segretario di Stato di Giovanni XXIII) scriverà nel suo diario: A Frascati – scriveva nell’aprile del 1946 – i sacerdoti sono stati eroici (sottolineato nel testo) durante la guerra. Hanno assistito con generosa dedizione tutti i cittadini. Ora sono senza nulla. Manca loro il modo di vivere e anche la casa, perché Frascati è distrutta completamente o quasi.” Ed è ancora Tardini che aggiunge: “Sotto la direzione e l’esempio del Vescovo Ausiliare Mons. Budelacci (il Vescovo card. Marchetti era a Roma, immobilizzato da una specie di paralisi e non si interessava di niente), i sacerdoti frascatani rimasero sempre con la popolazione. Mentre tutte le autorità l’abbandonarono, quei bravi preti condivisero le ansie, le sofferenze, i danni, le rovine cui andava incontro il povero popolo. Finita la terribile bufera, quel clero si trovò povero e abbandonato: senza soldi, senza aiuti, senza casa. In quei mesi io ricevevo da amici americani parecchie e cospicue offerte per i preti poveri. Così pensai di costruire a Frascati una bella casa del clero. Il cardinal Marchetti apprezzò la mia idea e mi chiese di costruire la casa vicino al santuario di Capocroce…”.

Come è noto (ma quanti lo sanno?) a lato della chiesa, che si andava ricostruendo, nel 1947 sorse questa casa ‘del clero’ affidata al vescovo ausiliare per abitazione dei preti che avevano avuto distrutte le ‘canoniche’ o le proprie case di abitazione, anche se ne usufruiranno relativamente.

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     I riconoscimenti a Budelacci in seguito non mancarono da parte della popolazione, e un po' meno dalle autorità politiche e anche ecclesiastiche; nel 1956 gli fu conferita la medaglia d’argento al valor civile. Nel 1974 - ad un anno dalla sua scomparsa - i Comuni della diocesi tuscolana vollero ricordarlo con una lapide affissa nella parete laterale esterna della Chiesa del Gesù a Frascati, mentre qualche anno fa gli fu intitolata una piazza nel quartiere di Villa Muti, ove a suo tempo lui aveva benedetto una cappella. Una dedicazione che riscattava anche la vecchia intitolazione fattagli molto tempo prima di una anonima via nel quartiere dell’Armetta.

Eppure, nonostante le sue grandi benemerenze – sarebbe lungo l’elenco delle attività pastorali e delle tante iniziative anche culturali, che lo videro promotore ed animatore – Budelacci stava per essere defenestrato già nel ’57. Lo ha testimoniato in un suo libro autobiografico (La mia strada, Rizzoli 2004) il cardinale Fiorenzo Angelini, il quale fu Assistente ecclesiastico nazionale degli Uomini di AC, fedelissimo di Pio XII e presidente del Pontificio Consiglio della pastorale per gli operatori sanitari.    

       Scrive dunque Angelini: “Prima che il papa decidesse sulla mia persona mi fece avvicinare da un personaggio di sua fiducia, il quale mi chiese se preferissi essere vescovo ausiliare di una diocesi suburbicaria oppure delegato per gli ospedali e cliniche di Roma e commendatore di Santo Spirito, anche se, per il momento senza il carattere episcopale. Il personaggio restò sorpreso quando risposi senza indugio che preferivo occuparmi dei malati. ‘Come? Ma con questo ufficio non sarà subito vescovo’! (...). La diocesi suburbicaria accennata era quella di Frascati. Ne venni a conoscenza perché fui invitato, e con insistenza, dal cardinale Federico Tedeschini, allora vescovo di quella diocesi, ad accettare di essere suo ausiliare. Ma non cambiai idea”. E così, l’ignaro e buon Budelacci restò ancora a Frascati fino al 1962!

Biagio Budelacci è morto a Roma, il 27 agosto del 1973, 50 anni fa, ed è sepolto nel cimitero di Faenza. Sarebbe davvero il caso che quest'anno, in occasione dell'80 anniversario della ricorrenza del bombardamento dell'8 settembre 1943, la figura di Biagio Budellacci venga debitamente ricordata ed onorata.

nella foto Mons. Biagio Budelacci alla cerimonia di chiusura del Consilio ecumenico Vaticano II, (8 dicembre 1965).

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