28 dicembre 1908: il terribile terremoto di Messina e Reggio Calabria. L'apocalisse

Pubblicato: Mercoledì, 28 Dicembre 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – La scossa del 7.1 Richter e il maremoto: i morti furono 80 mila 

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Un bilancio di vittime stimato di  80mila morti. Questo fu il numero tragico delle conseguenze del devastante terremoto di Messina e Reggio Calabria, accaduto alle 5.21 del 28 dicembre del 1908

Una scossa di una forza inarrestabile che distrusse intera area del Sud Italia in cui, per molte ore successive alla catastrofe, non fu possibile dare comunicazione immediata alle autorità su ciò che era accaduto. 

Lo scenario che si presentò ai sopravvissuti fu quello di un territorio dove i binari del treno erano stati divelti dal movimento della terra, dove le postazioni radio erano state distrutte. Un isolamento più completo aggravato dalla pioggia, dal freddo, dalla mancanza di acqua e di cibo. Un'apocalisse. 

Il terremoto era stato così potente da far saltare tutte le leve dei sismografi. I cadaveri erano ovunque. Per far arrivare un messaggio a Roma, circostanziato e illustrativo della reale situazione, passarono più di dodici ore.

La scossa principale era durata più di 30 secondi, localizzata in un tratto di mare tra Messina e Reggio Calabria, con una magnitudo 7.5 e un’intensità pari all’XI grado della scala Mercalli.

“Noi dormivamo ancora - racconterà in una testimonianza Antonietta Lipori - a un tratto fummo svegliati dal tremore dei vetri e dal letto fummo sbalzati subito a terra. Pioveva a dirotto, il cielo era nerissimo. Tutti in famiglia ci mettemmo a gridare, mentre da ogni parte altre voci invocavano “Aiuto!”. Un brivido di morte ci fece tremare per qualche minuto. L’armadio della nostra camera da letto cadde con gran fracasso. Fuggii in camicia come una pazza seguendo mio fratello e mia sorella; ma sulla via ci perdemmo. Trovai altri che fuggivano e gridavano, mentre sulle vie cadevano balconi, muri, finestre e l’acqua era tanta che affondavamo fino alle ginocchia. Verso la marina il fango era enorme. Il mare mugghiava sinistramente; la passeggiata era tutta un lago. Come giunsi al porto non so: fui spinta da urti, da braccia ignote e da ignota forza. Mi sentivo correre dietro la morte. Temevo di soccombere, di cadere, di essere travolta nella fanghiglia, nell’acqua: mio Dio, qual terrore!”.

Il dramma delle scosse aveva subito un ulteriore propaggine, ovvero il maremoto, tra Giardini Naxos e Nizza di Sicilia, con un'onda di dieci metri. Il borgo di Giampilieri era stato travolto. A Pellaro il mare aveva raso al suolo il centro abitato, spostando di trenta metri un intero ponte di ferro.

“È impossibile descrivere l’orrore in tutta la sua tragica grandezza”, diranno i marinai della torpedinera Saffo. Messina, al loro arrivo, era una città con almeno il 40% degli edifici crollati. In vari punti della città si levavano le fiamme degli incendi. Un coro lugubre e intenso di migliaia di voci faceva da sottofondo alla visione spettrale. Mentre il dolore avanzava e gli uomini fuggivano, i malviventi riuniti in squadre scorrazzavano fra le macerie depredando quello che potevano.

Poi fu il tempo dei soccorsi, delle navi da guerra della flotta del Baltico. Da sei unità sbarcarono quasi tremila uomini. Russi e inglesi si fecero onore nell’opera di salvataggio. I primi in particolare, divisi in squadre, nel giro di poche ore riuscirono ad da estrarre, dai cumuli di macerie, persone ancora in vita. I russi furono anche i primi ad applicare le regole della giustizia più sbrigativa, fucilando i ladri. 

“Molte persone facevano gargarismi di acqua salata per liberarsi della polvere che invadeva le vie respiratorie. Le ferite stesse erano lavate con acqua di mare. Tutti bevevano acqua di mare: non c’era altro", raccontò Bruno Aliotti-Rosso, giunto a Palermo sul piroscafo inglese Ebe. I marinai dovettero assistere quasi impotenti a scene di follia in cui persone di ogni età irruppero negli uffici della dogana per dedicarsi al delitto pur di ottenere qualcosa: vestiti, cibo, coperte.

La mattina del 30 dicembre Messina è raggiunta dal Re d’Italia Vittorio Emanuele III e la regina Elena del Montenegro. Assistono al terribile orizzonte che si presenta dinanzi i loro occhi. La regina si spogliò dei panni da sovrana e prestò soccorsi alle migliaia di feriti che la circondavano.

“Messina, un ricordo”,“Ecatombe umana”: questi i titoli che qualche giorno dopo annunciarono i quotidiani per descrivere la tragedia. Le scosse di assestamento andarono avanti per settimane, fino a marzo dell’anno seguente. 

Quando fu il tempo della ricostruzione, lunghissima ed incompleta, la città di Messina soprattutto non fu più la stessa. 

I lavori di ristrutturazione degli edifici danneggiati dal sisma proseguirono per decenni: il teatro Vittorio Emanuele II di Messina sarà ultimato solo nel 1980. 

A Messina è stato realizzato un monumento dedicato agli uomini della marina zarista, comandati dall’ammiraglio Ponomareff, che prestarono soccorso alla popolazione dopo la scossa. Una statua, dedicata alla regina Elena, ricorda invece l’impegno profuso dalla sovrana in favore dei feriti e degli sfollati. Testimonianze, che raccontano una tragedia che per la sua devastazione non ha mai smesso di essere raccontata.