Italo Calvino, l'impegno, il fantastico e quella necessaria ricerca di leggerezza

Pubblicato: Lunedì, 19 Settembre 2022 - Fabrizio Giusti

 

 
 

ACCADDE OGGI – Il 19 settembre 1985 scompare un autore vissuto dentro tante storie

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Il 19 settembre 1985, un mese prima di compiere 62 anni, moriva Italo Calvino. Era stato colto da un ictus pochi giorni prima, nella sua villa presso Castiglione della Pescaia, dove trascorreva le vacanze dopo un viaggio di conferenze in America. Ricoverato all'ospedale Santa Maria della Scala a Siena, era stato operato al cervello. Dopo aver ripreso parzialmente conoscenza, si era aggravato a causa di una sopraggiunta emorragia cerebrale. Fatale. La sua tomba è posta su un panorama che dà la fronte all'Arcipelago Toscano, quel gruppo di isole maggiori, minori e di scogli situati tra la toscana e la Corsica, bagnato da quattro mari - il Ligure, il canale di Piombino, il mar Tirreno e il canale della Corsica – che sembrano le tante facce e le sensazioni che varcano e attraversano l’uomo e la natura. 

Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985) ha mosso le acque della cultura italiana con un impegno costante e prolifico. Intellettuale nel senso più profondo del termine (dal dizionario: persona fornita di una buona cultura o cultore di studi, ritenuto capace di esercitare una profonda influenza nell'ambito di un'organizzazione politica o di un indirizzo ideologico) è stato uno dei narratori italiani più importanti del Novecento. Neorealista, postmoderno. Di etichette gliene hanno appiccicate molte, ma alla fine nessuna andava bene per uno scrittore che seppe in vita mantenere una sua differenza e distanza pur rimanendo agganciato al mondo, ai suoi contemporanei, al dialogo, ai vari progetti cui ha partecipato. Aveva una cultura vasta, era un uomo acuto.

 

Dalle sue riflessioni sulla storia e sulla società contemporanea si potrebbe ricomprendere la sua Italia, e capire un po' della nostra, del nostro percorso culturale.

 

GIOVINEZZA, LETTURE E RESISTENZA - “Avevamo vent'anni oltre il ponte / oltre il ponte che è in mano nemica / vedevamo l'altra riva, la vita / tutto il bene del mondo oltre il ponte / tutto il male avevamo di fronte / tutto il bene avevamo nel cuore / a vent'anni la vita è oltre il ponte / oltre il fuoco comincia l'amore”. Il percorso di Calvino, sin da adolescente, forgia un carattere che muta nel corso degli anni, sin da quando frequenta il liceo-ginnasio "Cassini", ove è esonerato dalle lezioni di religione, come richiesto dai genitori. La famiglia Calvino non ha una fede particolare, e in quell’Italia ancora tutta santi e processioni tale atteggiamento passava per un anticonformismo sospetto. Ma è da questo scostarsi dal linguaggio comune dei riti e delle devozioni che Italo conosce la diversità di pensiero. Si avvicina alla lettura e alle riviste umoristiche molto seguite dai giovani del suo tempo come come "Bertoldo" e il "Marc'Aurelio", tollerate il giusto dal Regime Fascista per sembrare anche un po' eretiche. Si appassiona di cinema. Ed è grazie a questa formazione un po' caotica, se vogliamo, che assorbe nozioni gli slanci che lo porteranno poi a cimentarsi nella saggistica politica, nel racconto o nell’opera teatrale, nella poesia. Sanremo (la cui famiglia, da parte paterna, trae le origini) è luogo di vivacità, ma anche di preludio alla guerra mondiale. Ricorderà: "L'estate in cui cominciavo a prender gusto alla giovinezza, alla società, alle ragazze, ai libri, era il 1938: finì con Chamberlain e Hitler e Mussolini a Monaco. La "belle époque" della Riviera era finita". 

 

Fino a quando non scoppia il conflitto, il mondo appare a Calvino – come ricorderà egli stesso - ‘un arco di diverse gradazioni di moralità e di costume, non contrapposte ma messe l'una a fianco dell'altra’. Scopre in questo periodo l'interesse per la scrittura e coltiva la passione per la caricatura e la vignetta. Tra la primavera e l'estate del 1940 alcune sue creazioni sono pubblicate da Giovanni Guareschi.

Si iscrive alla facoltà di Agraria presso l'Università di Torino, continuando a coltivare quelli che appaiono come i suoi veri interessi. Scrive alcune recensioni di film per  il "Giornale di Genova", raccoglie in un manoscirtto i suoi primi racconti giovanili in "Pazzo io o pazzi gli altri", che presenterà per Einaudi. Immagina in queste pagine un "ordigno incommensurabile" che avrebbe spazzato via l'umanità. Hiroshima e Nagasaki, in fondo, sono lì a un passo.

 

Gli aspetti etici e sociali ispirati dalle letture di Montale e Vittorini lo portano ad approfondire le sue ricerche e a giungere a Firenze, ove diviene frequentatore assiduo della biblioteca del Gabinetto Vieusseux. Dopo l'otto settembre 1943, per sfuggire alla Repubblica Sociale Italiana, trascorre alcuni mesi nascosto. Scansa i fantasmi della solitudine e dell'inquietudine leggendo. Il 9 agosto 1943 torna a Sanremo. Dopo l'assassinio del comandante partigiano Felice Cascione, autore dell'inno 'Fischia il Vento', Calvino aderisce assieme al fratello Floriano alla seconda divisione d'assalto partigiana "Garibaldi". Si definisce un anarchico, ma proprio grazie all'esperienza di quegli anni di clandestinità imparerà ad avvicinarsi ai comunisti. Il 17 marzo 1945, col nome di ‘Santiago’, partecipa nella battaglia di Baiardo. Ne scriverà anni dopo, nel 1974, in "Ricordo di una battaglia".

IL DOPOGUERRA, I SOGNI, L’ADDIO AL PCI - Nel 1945, dopo la guerra, Calvino lascia la Facoltà di Agraria e si iscrive a Lettere. Nello stesso anno si iscrive al PCI. Conosce Natalia Ginzburg e Cesare Pavese. Inizia a collaborare con  "l’Unità" e il “Il Politecnico” di Elio Vittorini. Proprio grazie all'amico Pavese pubblicata nel 1947 il Sentiero dei nidi di ragno, quindi Ultimo viene il corvo. Nel 1952 viene pubblicato Il visconte dimezzato. Lo stile neorealista dei primi passi, forse ancora influenzati dalla moda culturale e dalla recente esperienza nella Resistenza, in poco tempo lascia spazio alla narrazione fiabesca e allegorica che diventerà il suo timbro di riconoscimento. 

 

Nel 1957 lascia il PCI, dopo l'invasione dei carri armati a Budapest,in 'Ungheria. Nel 1980 ricorderà per il quotidiano 'La Repubblica': “Noi comunisti eravamo schizofrenici. Con una parte eravamo e volevamo essere i testimoni della verità... con un’altra parte di noi giustificavamo i torti, le sopraffazioni, la tirannide del partito, Stalin, in nome della Causa”. Collabora con diverse riviste, tra cui “Officina”, di Pier Paolo Pasolini, e dirige con Vittorini la rivista "Menabò". Escono il Barone rampante (1957) e il Cavaliere inesistente(1959), completando così la trilogia che lo impone alla massima critica letteraria.

 

ALTRE SCOPERTE NEL MONDO CHE CAMBIA - Nel 1963 pubblica La giornata di uno scrutatore, un romanzo sul lavoro inusuale di un intellettuale comunista nelle elezioni politiche presso il seggio situato al Cottolengo, istituto religioso di ricoverati minorati fisici e mentali. Di seguito sarà la volta di Marcovaldo ovvero le stagioni in città, insieme di racconti incentrati sulla figura di un operaio nel boom economico che cerca ambiti naturali disincantati e integri nella città che inizia ad ingrigirsi, all'interno di una precisa metafora del rapporto tra l'uomo contemporaneo e la modernità.

Calvino si trasferisce poi a Parigi, frequenta gli intellettuali del movimento OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle). Da questi incontri nascono una serie di racconti "fantascientifici" sull'universo e, all'inizio degli anni settanta, pubblica Le città invisibiliIl castello dei destini incrociati. E' la fase del 'gioco combinatorio' e della sperimentazione linguistica. In Se una notte d'inverno un viaggiatore, del 1979,  un lettore è costretto a interrompere il nuovo romanzo di Calvino e incominciarne sempre un altro. La fase combinatoria segna in Calvino la ramificazione di un'influenza che aveva fatto conoscenza dello strutturalismo e della semiologia, delle lezioni parigine di Roland Barthes, della scrittura labirintica di Jorge Luis Borges o di Tristram Shandy di Laurence Sterne, capostipite del romanzo moderno ove persino le stranezze tipografiche sono rivoluzionarie: una pagina bianca, una nera, i capitoli di una sola frase, l'assenza di una vera trama. 

Calvino negli anni ottanta vive a Roma, periodo che coincide con la sua collaborazione con La Repubblica ed altre esperienze letterarie. Parte infine per l'università di Harvard a tenere una serie di conferenze. E’ il suo ultimo viaggio prima della morte.

IL TESTAMENTO, L’INFERNO CHE VIVIAMO, L’INSEGNAMENTO - Qualche anno prima, ne il suo ‘Le città invisibili’, aveva lasciato, probabilmente senza esserne consapevole, una sorta di breve testamento ideale sulla condivisione e la natura umana nell’epoca contemporanea, straordinariamente attuale per i nostri tempi: “L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Calvino ha vissuto diverse esperienze di scrittore. Ha raccontato l'uomo moderno incapace di trovare un equilibrio tra bene e male, l’uomo estraniato, quello ammassato dentro all’apparenza. Ne ‘Il Cavaliere inesistente’, una delle proiezioni della sua trilogia forse più conosciuta, troviamo una riflessione sulla importante conquista di essere e di esistere rispetto a tutto il resto, come esercizio di vita.

Per questo Calvino ci ritorna solitario, in parte dimenticato, ma ancor dinamico nell’età che viviamo. Come tutti i grandi della sua epoca, infatti, ci ha saputo raccontare o intuire prima di arrivare nel terzo millennio. Un terzo millennio che oggi ci appare pieno di conflitti, paure, rabbia. 

In questo senso ci viene incontro il suo Lezioni Americane, ove Calvino parla di cinque concetti fondamentali che riguardano non solo la letteratura, ma anche la vita in sé: la leggerezza, l’esattezza, la rapidità, la visibilità, la molteplicità.  Calvino srive: “Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. In questo tempo, vivere con la determinazione di andare un passo avanti rispetto a chi rincorre l’eccesso e l'esposizione perpetua è un modo per liberarsi.