Libero Grassi e la sua coraggiosa ribellione alla criminalità

Pubblicato: Lunedì, 29 Agosto 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 29 agosto 1991 l'omicidio dell'imprenditore che si ribellava al 'pizzo'

ilmamilio.it 

Via Vittorio Alfieri era una strada anonima di Palermo: palazzi, negozi, supermercati. Il 29 Agosto del 1991, alle 7.30 del mattino, diventò il centro di una storia di sangue.

Quando giunsero i cronisti e gli operatori della televisione, le telecamere indugiarono su un uomo disteso a terra, con i sandali ai piedi, coperto da un lenzuolo bianco. Si chiamava Libero Grassi. Era mite e coraggioso. Si era opposto a una richiesta di 'pizzo'.  Era stato ucciso, per questo, con quattro colpi di pistola mentre si recava al lavoro.

La motivazione della sua medaglia d'oro al valor civile recita: ''Imprenditore siciliano, consapevole del grave rischio cui si esponeva, sfidava la mafia denunciando pubblicamente richieste di estorsioni e collaborando con le competenti Autorità nell'individuazione dei malviventi. Per tale non comune coraggio e per il costante impegno nell'opporsi al criminale ricatto rimaneva vittima di un vile attentato. Splendido esempio di integrità morale e di elette virtù civiche, spinte sino all'estremo sacrificio''.

Grassi fu condannato a morte dopo la pubblicazione di una lettera dove esprimeva il suo netto rifiuto alla richiesta di 'pizzo' dei mafiosi nei confronti della sua azienda e proseguì il suo appello in televisione. “Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui”. Così scrisse al 'Giornale di Sicilia' il 10 gennaio 1991.

Fu lasciato solo, come è sempre stato fatto da sempre con coloro che sono destinati al patibolo mafioso. Oggi, però, il suo sacrificio è uno dei punti di riferimento della società civile che in Sicilia ha saputo rialzare la testa e riprendere in mano la sua dignità, la stessa dignità per la quale Libero Grassi morì, difendendola ad ogni costo. 

Era un uomo integro, deciso. Non urlava, ma non taceva. Sua figlia, in sua memoria, lesse una poesia di Apollinaire, ‘La partenza’. Erano i loro versi privati: “I loro visi pallidi/ i loro singhiozzi/ si erano spezzati come la neve sui puri petali/ come i miei baci sulle tue mani cadevano le foglie d’autunno”. Le operaie della Sigma, l’azienda tessile proprietà di Libero, accolsero la sua salma e la vegliarono nella camera ardente. Un segno di rispetto e di amore per l’uomo che le faceva lavorare.

Nella Palermo di 25 anni fa l'80% dei commercianti si piegava al volere dei boss. C'era un accordo silenzioso. Pagare tutti, per pagare meno. Un compromesso fagocitato dalla paura. Grassi si mise innanzi al popolo degli onesti facendo luce nell'oscurità, pagando in prima persona, dando sempre la faccia al nemico. A distanza di tempo è stato più forte il suo nome che la mano di chi gli sparò, privandolo ai suoi cari. Ma la sua vicenda umana e civile, soprattutto, ci insegna che è doveroso sostenere le persone di buone volontà in una nazione in cui la corruzione è sempre viva e crea scandalo.

Ci sono persone che ci hanno raccontato una storia diversa, un'altra Italia. Non dimentichiamole.