Giovani e Mercato del Lavoro: il Dottor Giorgio Di Dato spiega cambiamenti e nuovi scenari

Pubblicato: Domenica, 03 Gennaio 2021 - Redazione attualità


ROMA (attualità) - "Oggi non esiste più una formazione finalizzata all’inserimento lavorativo, poiché non è possibile formare ad un lavoro in un mercato che, a causa del progresso tecnologico, muta di continuo, diventa necessario formare i giovani alla ricerca del lavoro"

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Quali sono le difficoltà dei giovani per accedere al mercato del lavoro?

Cosa rende i giovani appetibili al mercato del lavoro?

Ilmamilio.it ha  posto queste domande al dott. Giorgio Di Dato, consulente HR, orientatore, formatore, coordinatore di servizi per il  lavoro ambito RM 6.2 e Presidente di Make4Work, nuova realtà no profit dei Castelli Romani che opera nell’ambito del lavoro e dello sviluppo.

“Fino a pochi decenni fa il passaggio dal mondo scolastico a quello lavorativo era abbastanza rigido e semplice – spiega Giorgio Di Dato - Il mercato del lavoro richiedeva determinate competenze lavorative che venivano impartite nei corsi di studio e, a seconda della complessità e della responsabilità dei mestieri che si sarebbero andati a compiere, la formazione scolastica poteva essere più o meno lunga ma alla fine raggiungeva un bagaglio di conoscenze e competenze per affrontare il mondo del lavoro nel settore per il quale ci si era specializzati.

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Oggi invece non esiste più una formazione finalizzata all’inserimento lavorativo, poiché non è possibile formare ad un lavoro in un mercato che, a causa del progresso tecnologico, muta di continuo, diventa necessario formare i giovani alla ricerca del lavoro, ossia all’employability, che rappresenta la capacità di adattarsi, di formarsi, anche on the job e a creare una propria competenza lavorativa spendibile nel mercato del lavoro.

L’employability viene quindi definita come l’insieme di competenze (skills) e delle capacità utili per adattarsi alle mutevolezze del mercato del lavoro”.

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Come si sviluppano queste skills?

“Possiamo dire che la scuola ha un ruolo importante, ma anche la famiglia ed i contesti aggregativi presenti nei nostri territori.

Sicuramente i giovani si devono creare un curriculum variegato ed arricchito da numerose attività extrascolastiche, extracurriculari e lavorative. Addirittura alcune recenti ricerche hanno dimostrato che un curriculum variegato rende neolaureati e neodiplomati maggiormente appetibili per le aziende, mentre punteggi scolastici alti ma concentrati solo in attività accademiche rendono gli studenti poco spendibili nel mercato del lavoro.

Alcuni studi reputano che le scuole dovrebbero favorire negli studenti lo sviluppo di quelle skill che sono maggiormente richieste dalle aziende: problem solving, comunicazione, autogestione, lavoro di squadra, creatività, competenze digitali, leadership, resilienza, abilità interpersonali e disponibilità al cambiamento.

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Il problema è che solo una parte di queste competenze si sviluppano a scuola e molto solo attraverso attività extracurriculari, per questo vediamo che stanno crescendo progetti scolastici, ma le metodologie didattiche adatte a far sviluppare soft skill sono ancora proco integrate nei curriculum scolastici.

Se pensiamo al problem solving, come sappiamo è considerato fondamentale nell’istruzione e nel mondo del lavoro, ma è difficile che si imposti una didattica problem oriented nelle scuole e nella maggior parte dei casi si predilige una didattica frontale.

La didattica problem oriented favorisce la riflessione e lo sviluppo del pensiero divergente.

Stessa cosa per il lavoro di gruppo, la didattica tradizionale si svolge ancora su attività individuale.

Anche i recruiter sono molto attenti alle attività extra curriculari dei ragazzi in quanto rappresentano fonti importanti per analizzare attitudini e potenzialità.

L’apprendimento basato sul lavoro (Work Based Learning) rappresenterà la nuova sfida dei prossimi anni; a livello europeo è idea ampiamente condivisa che si tratti di iter formativo che garantisce ai discenti di mettersi alla prova in ambito lavorativo accrescendo le proprie competenze professionali e l’occupabilità – aggiunge il presidente di Make4Work - Per esempio esperienze di apprendistato giovanile, che combina l’esperienza in classe con quella sul posto di lavoro, il cosiddetto job shadowing che prevede di osservare un professionista al lavoro per capire ruoli mansioni, colloqui informativi con professionisti del settore o stage.

È stato evidenziato a livello della Commissione Europea che  Work-based learning è uno dei pilastri dell’occupazione in quanto strumento per garantire la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Il Ruolo della famiglia nello sviluppo di competenze per l’occupabilità nei giovani è fondamentale e molte volte non viene considerato e sottovalutato. Frequentemente i genitori, anche inconsapevolmente, si sostituiscono ai loro figli nelle decisioni, nella risoluzione dei problemi scolastici e soprattutto nelle scelte dei percorsi formativi. Tutto questo tende a neutralizzare le competenze per l’occupabilità aumentando la distanza con il mondo del lavoro, nonché l’autonomia operativa.

Inoltre i tanti aggregatori sociali presenti nelle nostre comunità (es. centri giovanili, associazioni sportive, centri ricreativi ecc.) dovranno per il futuro integrare progetti anche per  promuovere e sviluppare le competenze per l’occupabilità nei percorsi tradizionali fondamentali per sostenere la crescita dell’individuo in modo integrato e sistemico.

Sviluppare competenze di employability rappresenta la vera sfida del futuro per le nuove generazioni, pertanto riveste un’importanza strategica nelle politiche di sviluppo e di formazione”.

 

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