Reddito di cittadinanza agli stranieri, Prof. Girelli: “Limite dei 10 anni di residenza a rischio incostituzionalità. Sussidio ai rom? Non può esserci discriminazione”

Pubblicato: Lunedì, 04 Febbraio 2019 - redazione attualità

Il dibattito su due temi che riguardano la misura del governo

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Il Prof. Federico Girelli, docente di diritto costituzionale all’Università Niccolò Cusano, è intervenuto ai microfoni della trasmissione “Ho scelto Cusano – Dentro la notizia” su Radio Cusano Campus. 

Riguardo il reddito di cittadinanza agli stranieri, che per il governo devono essere residenti in Italia da almeno 10 anni. “Nel momento in cui il cittadino straniero è regolarmente presente sul territorio nazionale, dopo 5 anni ottiene il permesso di soggiorno di lungo periodo che consente di accedere a tutta una serie di servizi sanitari e assistenziali –ha spiegato il Prof. Girelli-. Il termine di 10 anni obiettivamente sembra abbastanza dilatato, ma non solo per una questione numerica perché sulla base della giurisprudenza costituzionale effettivamente la norma è un po’ tranchant. Nel corso degli anni, su altri tipi di provvidenze economiche di tipo assistenziale, la Corte Costituzionale ha stabilito che certamente si possono fare delle differenziazioni tra i cittadini italiani e chi non ha lo status della cittadinanza, però se parliamo di interventi che servono a salvaguardare i livelli minimi essenziali, allora un periodo di permanenza che superi i 5 anni è sì consentito ma deve rispettare il canone della ragionevolezza ed è sotto scrutinio stretto di costituzionalità. La giurisprudenza costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che non rispettavano questi parametri, come è accaduto per norme regionali ad esempio in Valle d’Aosta in materia di alloggi popolari.

Quello della ragionevolezza è un canone interpretativo creato dalla Consulta che ha il suo fondamento nell’articolo 3 della Costituzione che sancisce il principio di eguaglianza, da cui in via interpretativa sono stati ricavati anche i canoni di adeguatezza, proporzionalità. In questo caso sarebbe irragionevole un trattamento fortemente restrittivo nei confronti dei cittadini stranieri, però è anche vero che la Corte Costituzionale decide caso per caso e quindi ciò che in un momento può essere considerato ragionevole, in una diversa contingenza economica potrebbe essere considerato irragionevole. Certo, i precedenti ci fanno pensare che questo termine di 10 anni possa essere considerato troppo dilatato. Questo non vuol dire che domani la norma sarà dichiarata incostituzionale, bisogna che si attivino tutte quelle procedure che portino poi la Corte Costituzionale a pronunciarsi. Questi sono i parametri interni, poi il primo comma dell’art. 117 della Costituzione prevede che lo Stato e le Regioni debbano fare le leggi nel rispetto della Costituzione, del diritto dell’UE, ma anche degli obblighi internazionali. Per quanto ci riguarda, in Europa abbiamo in vigore la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che all’art. 14 prevede espressamente il divieto di discriminazione, quindi l’intervento deve essere particolarmente oculato”.

 Sul reddito di cittadinanza ai rom. “L’art. 3 della Costituzione prevede che non si possa discriminare una categoria per motivi etnici, si è tanto dibattuto sul termine ‘razza’ contenuto nell’articolo –ha affermato il Prof. Girelli-. Quindi sul piano normativo quello che conta è la cittadinanza del soggetto eventualmente destinatario del beneficio, non certo la sua appartenenza etnica. Se io sono rom ma sono cittadino italiano, valgono le regole di tutti i cittadini italiani. Il discrimine non lo fa e non lo può fare la razza, come prevede anche la Convenzione dei diritti dell’uomo”.