Addio a Felice Pulici: se ne va un altro pezzo della Lazio campione d'Italia 1973-74

Pubblicato: Domenica, 16 Dicembre 2018 - Marco Brancaccia

pulici felice ilmamilioROMA (cronaca) - Al portierone brianzolo, adottato biancoceleste, sono legate alcune delle pagine più belle della storia della prima società di calcio della Capitale

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Si è spento oggi pomeriggio, dopo una lunga malattia, Felice Pulici, 73 anni portiere della Lazio scudettata targata Tommaso Maestrelli. E poi dirigente biancoceleste.

Un lutto che colpisce ancora la squadra dello scudetto 1973-74 dopo la morte, avvenuta lo scorso 31 agosto, di Mario Facco.

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Felice Mosè Pulici, brianzolo di Sovico, Inizia la sua carriera da professionista nel Novara per cui gioca dal ’68 al ’72 quando viene acquistato dalla Lazio appena promossa dalla serie cadetta: con i biancocelesti sarà uno dei protagonisti della storica vittoria dello scudetto del 1974.

Pulici rimane alla Lazio per 5 anni, senza saltare neanche una partita, 150 presenze a difesa della porta biancoceleste. Passa quindi tra le file del Monza e dell’Ascoli per poi tornare alla Lazio per una stagione prima del ritiro nel 1982.

Nel 1983 entra da dirigente nella società guidata dall’amico Giorgio Chinaglia e ne ricoprirà vari ruoli (tra cui quello di responsabile del settore giovanile e di avvocato) fino al 2006.

Con Felice Pulici se ne va un altro pezzo di quella Lazio pazza e senza regole che nel 1974 portò a casa il suo primo scudetto, un laziale vero che scompare con dignità ed eleganza, quasi in silenzio come era nel suo stile, sempre garbato e mai sopra le righe ma al tempo stesso con una forte, fortissima personalità come i tanti di quella formazione storica che iniziava proprio con il suo nome e che per i tifosi di fede biancoceleste è quasi un mantra: “Pulici, Petrelli, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi, D’Amico”.

petra frascati 1809Chi scrive questo pezzo si ritrova ad essere troppo giovane per aver vissuto quei campioni, ma gli occhi lucidi di un padre e di tanti laziali che ricordano quei giorni, quei volti, quelle emozioni fanno vivere anche a un figlio degli anni ‘80 quegli stessi giorni, volti ed emozioni.

Le immagini in bianco e nero e le storie di undici ragazzi “fuori dalle righe”, che se fossero stati un gruppo rock avrebbero fatto invidia ai più famosi Rolling Stones, raccontano di un calcio e di un’Italia tutti diversi; Pulici, Facco, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e Polentes sono i nomi di chi non c’è più, i nomi di una Lazio povera di mezzi, quasi artigianale ma piena di cuore e insolenza. Le storie di quelli che giravano con la pistola nella fondina, di quelli che facevano finire in rissa le partite d’allenamento ma che in campo davano tutto per i compagni, le storie che per uno nato all’inizio degli anni ’80 sono leggenda come leggenda è quella squadra.

Ogni volta che uno di loro se ne va, perché il tempo vince anche contro le leggende, uno come me, che quella Lazio l’ha solo sognata, ne capisce ancora di più l’importanza, come dicevo, negli occhi lucidi di un padre che invece, quella leggenda, l’ha vissuta davvero.

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Non è retorica, non è per dare un senso a un pezzo che potrebbe solo ricordare Pulici come farebbe qualsiasi “coccodrillo”, dando numeri, presenze e una biografia come tante, ma è per dare la giusta importanza ad un uomo che non era solo un uomo ma era parte di una cosa più grande, qualcuno ricorderebbe addirittura le parole del Generale Vaccaro e direbbe che “La Lazio è altro. La Lazio non proviene da: la Lazio è”, una squadra che in una Roma “antica” ha fatto sognare migliaia di persone, persone, che ancora oggi, a distanza di quasi 45 anni, piangono quando un pezzetto di quella squadra ci lascia, per colpa del Tempo che vince anche contro le Leggende ma che contro il ricordo non riesce mai a segnare, soprattutto se in porta c’è Felice Pulici.