1° Ottobre 1977: Roberto Crescenzio, l’orribile morte di un ragazzo vittima per caso della violenza politica

Pubblicato: Lunedì, 01 Ottobre 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 1 ottobre 1977 lo studente di 22 anni muore dopo essere stato investito dalle molotov degli ultrà di sinistra. Una morte simbolo di una stagione folle

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A Torino ci sono voluti quasi quarant’anni. Quarant’anni per mettere una lapide in ricordo di Roberto Crescenzio, 22 anni, studente-lavoratore morto dopo essere diventato una torcia umana all’interno del bar "Angelo Azzurro" di via Po, assaltato da un corteo studentesco il 1° Ottobre 1977 e distrutto dopo il lancio di numerose molotov incendiarie.

La sorte che capitò a Roberto, vittima di un momento della storia più grande della sua giovane vita, è esemplare di un periodo di follia che sbranò una generazione. Un destino terribile e ingiusto, a cui non è seguito nemmeno un percorso di memoria adeguato. Per molto tempo il suo nome fu dimenticato, o meglio dire rimosso.

UN MALEDETTO GIORNO DI INIZIO AUTUNNO - La mattina del 1 ottobre 1977 si tiene a Torino un corteo organizzato da Lotta continua, dai circoli del proletariato giovanile e da Autonomia operaia per protestare contro l’uccisione a colpi di pistola del ventenne Walter Rossi, avvenuta il giorno precedente a Roma, ad opera dei militanti di destra. Il clima in tutta Italia è tesissimo. Scontri ed incidenti alimentano la cronaca ora dopo ora, in una preoccupante escalation che colpisce tutte la maggiori città.

La manifestazione di Torino, iniziata intorno alle 10.30, dopo l'arrivo in piazza Solferino di tre cortei organizzati, vira in Corso Francia, dove c'è la sede del Movimento Sociale Italiano. Durante il tragitto si registrano lanci di bombe molotov verso la sede del sindacato della Cisnal, due automobili ed un tram incendiati, un fitto lancio di oggetti verso le forze dell'ordine. Viene inoltre assaltato un negozio di jeans e l'automobile del consigliere provinciale dell'MSI Francesco Carlino. Tuttavia è in via Po che accade l'episodio più agghiacciante. Un gruppo di una decina di militanti mascherati prende di mira un locale del centro cittadino, l'“Angelo Azzurro”, ritenuto luogo di ritrovo di elementi legati all’estrema destra. In quel periodo basta una voce o un ''si dice'' per etichettare un ambiente, un circolo, un quartiere. E ritrovarsi dentro la guerra.

Quando i militanti extraparlamentari attaccano il bar, all'interno sono presenti due avventori occasionali: uno studente-operaio alla Fiat ed il suo amico Roberto Crescenzio, figlio di migranti veneti. Il bar-discoteca, colpito dalle molotov, prende fuoco in breve tempo. Uno dei ragazzi viene trascinato fuori e picchiato, mentre il personale riesce a fuggire dal retro. Nell'edificio attiguo all'Angelo Azzurro, un’anziana, suo nipote di tre anni e la babysitter, a causa del fumo, sono tratte in salvo dai vigili del fuoco quando già sono prive di sensi. Roberto Crescenzio, invece, cerca scampo nel bagno. Intrappolato, tenta la fuga ma viene investito dalle fiamme che lo avvolgono per il 90% del corpo. Diventato una torcia umana, riusce a raggiungere la strada barcollando, dove viene soccorso dai passanti. La scena che si presenta al personale medico e alle forze dell'ordine che arrivano sul posto è terribile: Roberto, adagiato su una sedia, irriconoscibile, viene immortalato dai fotografi. Ricoverato al CTO, muore due giorni dopo. L’allora sindaco Diego Novelli, del Partito Comunista Italiano, lo andrà a trovare in ospedale. Testimonierà: “Mi avvicinai a quel lettino e c’era una specie di mozzicone di carbone nero che si muoveva ancora. Non si distingueva più la testa, si vedevano bene solo gli occhi aperti, brillanti, di questa povera creatura”.

Nelle ore seguenti la sua morte, che scandalizza la città di Torino, viene proclamata dalle organizzazioni sindacali l’astensione dal lavoro per 15 minuti e gli studenti della Federazione Comunista raccolgono delle firme davanti al locale incendiato contro ogni forma di violenza.

L'attentato incendiario non fu rivendicato. Nel corso del processo in Corte d'appello, nel 1984, fu emessa sentenza di condanna per concorso in omicidio colposo aggravato a carico di cinque militanti di Lotta continua con pene che variavano tra i 3 anni e tre mesi e 3 anni e 10 mesi. Le ricostruzioni giudiziarie, in realtà, non hanno chiarito completamente il numero degli assalitori, tant'è che la sensazione è che alcuni dei partecipanti siano rimasti impuniti.

Roberto era un ragazzo come tanti. Oggi potrebbe avere poco più sessanta anni. E’ morto per caso, senza colpa, per un aperitivo nel Bar sbagliato. Un orrore da ricordare, affinché non si ripeta mai più.