STORIE & METALLO - Tra Solferino e San Martino dove nel sangue l'Italia si fece unita

Pubblicato: Sabato, 06 Gennaio 2024 - Marco Caroni

sanMartino medaglia dipinto ilmamilioROMA (storie & metallo) - La battaglia ai piedi del lago di Garda segna la sconfitta dell'Impero austro ungarico, costretto a cedere la Lombardia ai Regno di Sardegna. Un anno e mezzo dopo la penisola trova la sua unità

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Se c'è un momento in quel lungo e tormenanto percorso che poi chiamarono Risorgimento, nel quale Vittorio Emanuele II di Savoia, Camillo Benso conte di Cavour, Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi hanno toccato con mano la certezza di poter raggiungere davvero l'agognata meta dell'unità d'Italia, quello è proprio quello si sta per narrare.

Se c'è un momento in cui i quattro "padri della Patria", tali per assioma seppur con obiettivi finali differenti (monarchici i primi due, repubblicani gli altri), vedono il sogno di unità politica dell'Italia ormai ad un passo, questo è proprio quello immediatamente successivo alla battaglia di Solferino e San Martino.

 

Pur senza tracciare in questa sede il complesso (e sanguinoso) cammino risorgimentale, memori dell'esperienza del 1849 e 1849 che a molti fece cullare l'idea di riuscire nell'impresa unitaria nonostante il fallimentare epilogo del primo serio tentativo di cacciare gli austriaci dal nord Italia, i protagonisti di quegli anni si impegnarono nella missione con maggior forza e maggior strategia.

Le cose, rispetto all'insuccesso politico-militare del 1849 erano però nel frattempo cambiate, in particolare perché pur essendo il motore della spinta unitaria sempre il Regno di Sardegna, a guidarlo c'erano mani differenti: Carlo Alberto - già definito "re tentenna" per l'eccessiva prudenza applicata nella Prima guerra di Indipendenza - dopo la sconfitta di Novara che aveva sancito la sconfitta nella guerra aveva abdicato in favore del figlio Vittorio Emanuele II.

E proprio la visione più speculativa e pragmatica di questi, l'ingresso da premier di Camillo Benso Conte di Cavour nel Governo del Regno di Sardegna, e lo strategico riavvicinamento con Giuseppe Garibaldi (che monarchico proprio non era ma che l'Italia voleva unita esattamente come i Savoia), avrebbero portato al successo finale.

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Il conte di Cavour - all'epoca l'uomo più ricco del Piemonte - aveva saputo accompagnare per mano re Vittorio Emanuele II, pur i due non essendo mai amici. Proprio dalla sua vocazione alle aperture ed alle convergenze di interessi, era nato nel nel luglio 1858 l'accordo di Plombières che di fatto sanciva l'alleanza tra Regno di Sardegna e Francia. Un'alleanza che però lasciava indiscusso ed indiscutibile un particolare: Roma e il Papa. La Francia restava saldamente al fianco del pontefice Pio IX, ed il punto era inderogabile.

Un'alleanza che stava aprendo le porte alla vittoriosa Seconda guerra di Indipendenza, avviata dalla provocazione fatta all'Austria di Francesco Giuseppe con l'ammassamento di truppe al confine con la Lombardia. Provocazione pienamente colta dall'Impero, consapevole di dover chiudere comunque i conti con il Regno di Sardegna e comunque fiducioso di avere ancora successo esattamente come accaduto 10 anni prima quando l'esercito agli ordini del maresciallo Radetzki aveva sbaragliato gli assalti nazionalistici piemontesi. Ma il comandante nel frattempo era passato a miglior vita.

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Le cose però vanno male da subito agli austriaci: lungo la linea delle montagne attaccano i "Cacciatori delle Alpi" di Garibaldi, a ridosso del Garda ci sono i soldati sardo-piemontesi, in pianura lo scontro è diretto tra Napoleone III (le cui truppe hanno raggiunto velocemente il fronte grazie all'efficiente rete ferroviaria piemontese voluta proprio dal conte di Cavour negli anni precedenti) e Francesco Giuseppe. Iniziata il 27 aprile 1859, la Seconda guerra di Indipendenza passa alla storia come la guerra dei tre 3 re. E se anche il vero scontro, per mezzo del Piemonte, era stato tra le superpotenze Francia e Austria-Ungheria, al banchetto del successo avrebbero partecipato anche i Savoia. Raccogliendo enormi frutti.

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Lo scontro decisivo si combatte dunque ai piedi del lago di Garda tra San Martino (diventato poi San Martino della battaglia) e Solferino. Un fronte ampio, quasi casuale perché in realtà nessuno dei due eserciti si aspettava di trovare il nemico in quel punto: da una parte i 134mila franco-piemontesi (97mila più 37mila), dall'altra 131mila soldati dell'imperatore, provenienti da ogni parte del vasto impero.

Lo scontro, frontale e violentissimo tale da lasciare sul campo 2.500 morti dalla parte "italiana" e 2.300 da quella austriaca: ma a vincere è proprio l'alleanza sardo-francese, che costringe gli austriaci ad una rocambolesca fuga. La battaglia di San Martino-Solferino è stata la più sanguinosa da quelle napoleoniche e proprio la quantità di caduti e di feriti ispira Henry Dumas alla fondazione della Croce Rossa internazionale.

L'armistizio di Villafranca, dell'11 luglio 1859, segna di fatto la fine della guerra, fissata per il giorno successivo. Il Regno di Sardegna guadagna la Lombardia e a seguire allo stato Savoia si uniranno anche Toscana ed Emilia Romagna (che si distacca dallo Stato Pontificio), ma dopo Solferino è tutto un corrrere verso l'Unità d'Italia. Dalla spedizione dei Mille e l'incontro tra Vittorio Emanuele II e Garibaldi a Teano in poi. La Francia da par suo ottiene la Savoia e Nizza, terra natia dell'eroe dei due mondi.

Da quel momento in poi l'Italia è di fatto compiuta. Il 17 marzo 1861 il Parlamento piemontese sancisce la nascita del Regno d'Italia, con Capitale inizialmente Torino. Meno di 3 mesi dopo muore Camillo Benso di Cavour. Nel 1866 sfruttando le debolezze di un'Impero Austriaco impegnato nella guerra contro la Prussia, l'Italia pur rimediando una serie di sonore sconfitte tra Veneto e Venezia Giulia riesce ad annettere proprio una larga parte di queste due regioni. Il 20 settembre 1870 le truppe italiane entrano a Roma (Pio IX ha ormai perso il sostegno della Francia, piegata a Sedan dalla Prussia ) relegando il Pontefice in Vaticano: il 3 febbraio 1871 Roma diventa Capitale d'Italia. Il 10 marzo 1872 muore Giuseppe Mazzini.

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Nel 1878 se ne vanno altri due protagonisti di quegli anni: il 9 gennaio muore Vittorio Emanuele II che lascia il trono d'Italia a suo figlio Umberto I. Il 7 febbraio se ne va anche Pio IX e sul soglio di San Pietro sale Leone XIII. Nel 1882 si spegne anche Giuseppe Garibaldi.

San Martino (oggi nel territorio comunale di Desenzano sul Garda) e Solferino restano nell'immaginario collettivo come i luoghi nei quali si è davvero fatta, nel sangue, l'Italia. Il 15 ottobre 1893, al termine di una lunga campagna per la raccolta fondi e la realizzazione, viene inaugurata la Torre monumentale di San Martino della Battaglia. Alta 64 metri, praticamente un enorme "faro" al centro del territorio al piedi del Garda, la torre è dedicata alla memoria di Vittorio Emanuele II nei 15 anni dalla morte. Al suo interno, lungo la scala elicoidale, possono ancora oggi essere ammirati dipinti che ripercorrono le battaglie risorgimentali. La torre sorge nei pressi dell'ossario nel quale si trovano i resti di migliaia di soldati sardo piemontesi.

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LA MEDAGLIA - La medaglia sopra rappresentata ricorda proprio l'inaugurazione del monumento. Realizzato in argento, bronzo e metallo bianco (la versione qui presentata, in condizioni BB), il conio riproduce al dritto la Torre di San Martino e al rovescio gli ossari di San Martino e di Solferino.

La medaglia ha un diametro di 59 millimetri ed un peso, nella versione riprodotta, di circa 66 grammi.

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