VICENDE - "Pallottoline!", il primo Pirandello che a Rocca di Papa affila la sua poetica
Pubblicato: Domenica, 06 Agosto 2023 - redazione attualitàROCCA DI PAPA (vicende) - Oltre il romanzo L'Esclusa il soggiorno castellano del celebre autore siciliano, all'epoca giovanissimo, porta alla creazione anche di questa novella, dove sono già chiari i temi cari allo scrittore di Girgenti
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Luigi Pirandello nacque ad Agrigento (all'epoca Girgenti) il 28 giugno 1867, suddito del Regno d'Italia nato pochissimi anni prima. Nell’estate del 1893 soggiornò a Rocca di Papa presso l’ex convento dei Cappuccini sulla vetta di Monte Cavo, divenuto poi un albergo di alto richiamo gestito dal sig. Pacifico Grimaldi. Il giovane Luigi aveva 26 anni. Qui trovò l’ispirazione per la stesura del suo primo romanzo L’esclusa, pubblicata in volume nel 1908. L’esclusa non rappresenta, però, l'unica opera di Pirandello ambientata a Rocca di Papa; il celebre scrittore e drammaturgo ha scritto anche una novella, forse meno nota, dal titolo “Pallottoline!” ambientata nella bella cittadina dei Castelli Romani. Luigi Pirandello compose questa novella nel 1895 e venne poi pubblicata nella raccolta Quand’ero matto nel 1902.
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Tutto ruota intorno alla figura dell’astronomo Jacopo Maraventano, direttore dell’Osservatorio Meteorologico situato sulla vetta di Monte Cavo, al piano superiore dell'antico convento con l’attigua chiesetta. Qui il protagonista vive con la moglie Guendalina e i suoi due figli, Didina e Francesco. Durante la stagione estiva, il luogo incantevole da cui si può ammirare uno splendido panorama sui laghi di Albano e di Nemi, diviene una popolare attrazione turistica:
“[...] a piedi o sui somarelli, s’inerpicavano fin lassù, a circa mille metri sul livello del mare. E per vedere cosa infine? I laghi d’Albano e di Nemi: un paio d’occhiali insellati su quel gran naso con la punta all’insù, ch’è il Monte Cave”.
La villeggiatura dei romani a Rocca di Papa cominciava ai primi di luglio e terminava circa a metà settembre, quando a Roma era sbollita la calura. Durante le vacanze i villeggianti non avevano che da consumare placidamente gli stessi riti che si ripetevano, quasi invariabili, da un'estate all’altra: le passeggiate in carrozza al Santuario della Madonna del Tufo, le escursioni a piedi all’acqua del Pantanello, al belvedere di Palazzola, a Monte Cavo. Solitamente, cavalcando gli asinelli, i villeggianti – le donne issate all’amazzone – si recavano a Monte Cavo, con i proprietari degli animali che li scortavano a piedi. Le gite sugli asinelli erano dette “somarate”, come viene riportato nel libro della scrittrice Maria Pia Santangeli, Rocca di Papa al tempo della crespigna e dei sugamèle, Roma, 1° ristampa Edilazio, 2003, pp.175-177.
Con l’arrivo del fresco settembrino il paese si svuotava, a quel punto le strade sembravano stranamente solitarie e s'incontravano solo volti noti, cosicché tutti respiravano a polmoni più pieni la loro aria.
La moglie Guendalina e i figli del protagonista sono ben felici dell’arrivo della bella stagione e dei turisti; Maraventano, invece, non disdegna la stagione invernale, quando vi sono molti meno turisti e può immergersi nei suoi studi di astronomia avvolto dalla quiete del luogo.
La quiete gli consente di non essere disturbato nei suoi studi e riflessioni, quelle che poi espone ai familiari nelle lunghe sere d’inverno accanto alla stufa.
Dalla lettura di “Pallottoline!” si evincono due concetti prettamente pirandelliani: il primo riguarda la concezione relativistica del mondo (non a caso dell'autore fu anche "Uno, nessuno e centomila"), le riflessioni di Maraventano riguardano l’immensità dell’universo e, per contrasto, la piccolezza dell’uomo, questo essere che c’è e non c’è, questo niente che vive e deve fare i conti ogni giorno con le sue paure:
“[...] L’universo è finito o infinito? Questione antica. E certo che a noi riesce assolutamente impossibile…”
Il secondo riguarda l'esperienza di immergersi nella natura come effetto calmante e ristoratore, soprattutto per quei personaggi che si erano trasferiti in campagna, dal momento che non erano stati in grado di affrontare le loro vite in un contesto urbano. Maraventano si comporta quasi come un eremita che progressivamente si isola dal resto del mondo, un uomo apparentemente tormentato che potrebbe rappresentare l'alter ego del celeberrimo scrittore, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934.
Già, perché anche lo stesso Luigi Pirandello sentì il bisogno di “isolarsi” e rigenerarsi nello splendore della natura durante il lungo soggiorno roccheggiano:
“[...] sta il misantropo Monte Cavo e porta per cappello un convento… con un paio d’occhiali – il lago di Nemi e d’Albano – insellati su quel gran naso con la punta all’insù… lo spettacolo incantevole dei due laghi gemelli ora vaporosi, ora morbidi come azzurri veli di seta; occhi della pianura laziale, in cui come serpente lucido enorme, il Tevere, d’oscuro grembo di Roma, visibile appena là in fondo, si svolge, ricomparendo qua e là sull’ampie volute, fino al mare”.
di Flavia Santangeli
Commenti
Ormai faccio il conto alla rovescia per il prossimo articolo di Flavia .