VICENDE - I fasti di Monte Cavo nei diari di viaggio di Joseph-Jérôme de La Lande

Pubblicato: Domenica, 30 Luglio 2023 - redazione attualità

montecavo epoca 1 roccadipapa ilmamilioROCCA DI PAPA (vicende) - Una storia poco nota ma che si lega a strettissimo filo col territorio dei colli albani

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Tra i tanti personaggi del Grand Tour che hanno visitato e scritto su Rocca di Papa, possiamo annoverare l’astronomo e pubblicista francese Joseph-Jérôme de La Lande.

La sua opera Voyage en Italie, stampata a Parigi nel 1769, rappresenta la guida più completa, documentata e sistematica mai apparsa in Italia, che presto si sarebbe imposta sul mercato editoriale internazionale. Non è un caso, ad esempio, che la più conosciuta delle guide in lingua tedesca, quella di Johann Jacob Volkmann (1732-1803), nota per i puntuali e fittissimi riferimenti di Wolfgang Goethe – apparsa in Italia tra il 1786 e il 1788 – nel suo diario l’Italienische Reise, altro non fosse che una versione aggiornata dell’opera di La Lande.

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Quest'ultima, soprattutto nei capitoli XXIV e XXV, rappresenta un punto di riferimento fondamentale su cui basarsi per ricostruire gli itinerari, i punti di osservazione paesaggistici, i monumenti antichi e moderni, le rovine e i palazzi più visitati e ammirati dai viaggiatori del Grand Tour, in transito nelle località dei Colli Albani.

Nel testo dell’astronomo francese vi sono anche dei chiari riferimenti a due opere composte e incise da Giovanni Battista Piranesi (1720-1778), rispettivamente la Descrizione e disegno dell’emissario del Lago di Albano, pubblicato nel 1762 e le Antichità d’Albano e di Castel Gandolfo, dato alle stampe due anni dopo, come viene riportato nel libro della psicologa ambientale Maria Vittoria Giuliani (a cura di), Il Grand Tour nei Colli Albani dalle origini ai primi del Novecento, self-publishing, 2019.

Joseph-Jérôme de La Lande, nel suo documentato diario di viaggio, riporta una narrazione di Monte Cavo ricca di informazioni e citazioni erudite, sia per ciò che concerne gli aspetti storici sia quelli naturalistici:

[...] Il Monte Cavo, un tempo mons Albanus, derivava il suo nome dall’antica città di Alba, che era situata ai piedi di questa montagna in riva al lago d’Albano, oggi lago Castello. Il nome moderno di Monte Cavo si deve al fatto che, verso Roma, forma una specie avvallamento o concavità. È in cima a questa montagna che sorgeva il famoso Tempio di Giove Laziale, di cui oggi non resta traccia. Fu Tarquinio il Superbo che lo fece erigere, più di cinquecento anni prima di Cristo. Questa montagna così celebre per le vicende della storia Romana, è rilevante anche per la formazione e per i fenomeni di carattere naturalistico; è un rilievo quasi isolato rispetto agli altri del Lazio, ricoperto da materiali in parte omogenei ed eterogenei; vi si trovano pietre con inclusioni di materiali e sostanze vetrificate; e vi si riconoscono pietra pomice e lava simili a quelle del Monte Vesuvio. (Voyage en Italie, pp. 437-38).

L’astronomo francese evoca il Tempio di Giove Laziale, che ospitò il maggiore culto federale dei Prischi Latini. Il santuario inizialmente doveva essere in relazione con il vicino centro di Alba Longa, la città fondata secondo la tradizione da Ascanio, il figlio di Enea. Il culto si praticava, almeno nella prima fase, in un santuario all’aperto con un bosco di querce (lucus) sacro a Iuppiter Latiaris, forse delimitato da un recinto. Con la distruzione di Alba Longa e l’affermarsi, sotto i Tarquini, della supremazia di Roma sulla Lega Latina il santuario finì per entrare nell’orbita dell’influenza romana. Allo stesso modo, i Tarquini avviarono la costruzione del tempio di Giove sul Campidoglio. Lo stretto legame tra i due culti, quello capitolino e quello di Iuppiter Latiaris, risulta anche dal parallelismo istituito dalla cerimonia del trionfo: i generali vittoriosi che non avevano ottenuto il trionfo dal Senato potevano celebrarlo sul mons Albanus. Persino Giulio Cesare, dopo ben quattro trionfi tenuti a Roma, nel 45 a.C. ne celebrò anche uno sul Monte Albano. Qui i trionfatori con il capo cinto di mirto percorrevano a piedi tutta la via Sacra fino all’area del santuario, dove offrivano in sacrificio una pecora a Giove.

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Sul Monte Albano, oltre al trionfo, si svolgeva anche una festa molto più antica: le cosiddette Feriae Latinae. Queste furono istituite secondo lo storico Tito Livio al tempo del re Tullio Ostilio; in realtà si trattava di un rito antichissimo, che deve essere ricollegato ai Prischi Latini. Durante le Ferie Latine venivano offerte ai partecipanti, divise in parti uguali, le carni di un toro bianco sacrificato a Giove. Sebbene privata del suo significato originario, questa festa continuò a essere celebrata dai Romani fino al 392 d.C., quando con l’editto di Teodosio si proibì definitivamente qualunque rito pagano.

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Nota – Nella foto qui in basso, è raffigurata una tavola dell’incisore Giovanni Battista Piranesi, Dimostrazione dell’Emissario del Lago di Albano (1762), citata nell’opera Voyage en Italie di Joseph-Jérôme de La Lande.

di Flavia Santangeli

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Commenti  

# Claudio Mastronardi 2023-07-31 21:16
Salve sono Claudio Mastronardi e da un po di giorni che ho conosciuto ed apprezzato questo sito e trovo bellissimi gli articoli di vita quotidiana e di riferimento storico culturale scritti da Flavia Santangeli.
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