Fra Dolcino, l'eretico che credeva in un'altra esistenza comune

Pubblicato: Giovedì, 01 Giugno 2023 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 1° Giugno del 1307 la morte di un personaggio storico controverso che ha ispirato letteratura e cultura

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Fra Dolcino, l’eresia ribelle, la sua compagna Margherita da Trento, la predicazione e la rivolta, i riferimenti letterari di Umberto Eco e il teatro di Dario Fo.

E' stata la letteratura, quella alta, nobile e sempre moderna per l’uomo, ovvero la 'Divina Commedia' di Dante, a incastonare nella immortalità una pagina infilata tra le righe della storia, lì dove non arrivano ancora i testi scolastici e la narrazione più conosciuta del Medioevo.

E’ Maometto ad annunciare all'Alighieri che Dolcino finirà presto all’Inferno con la sua compagnia tra sostenitori di scismi e contese. "Or di' a fra Dolcin dunque che s'armi,/ tu che forse vedra' il sole in breve,/ s'ello non vuol qui tosto seguitarmi,/ sì di vivanda, che stretta di neve/ non rechi la vittoria al Noarese,/ ch'altrimenti acquistar non saria leve” (Inferno, Canto XXVIII, versi 55-60). 

VITA E MORTE  - Nato a Prato Sesia attorno al 1250, di Fra Dolcino si hanno poche notizie, raccolte alla spicciolata, ed il personaggio è piuttosto sconosciuto fino a quando non giunge all’improvviso, come un fulmine, nelle cronache del suo tempo. Dapprima predicatore che sostiene la necessità che la Chiesa si debba spogliare delle proprie ricchezze per tornare alla povertà, esattamente come Pietro Valdo o come Francesco d’Assisi, nel 1291 Dolcino entra a far parte del movimento degli 'Apostolici' fondato da Gerardo Segarelli, un predicatore che dopo essersi accostato all’ordine francescano aveva distribuito tutti i suoi averi ai poveri e fondato una comunità cristiana, il cui fine era recuperare il senso della condivisione.

Povertà totale, rifiuto delle gerarchia, parità tra uomini e donne, difesa delle terre lavorate dai contadini: gli Apostolici si diedero poche ma rigide regole che in breve tempo trovarono la simpatia di non pochi fedeli. Vivere in comunità e in amore era la linea. Ma il gruppo aveva anche una concreta differenza dagli ordini che li avevano preceduti e a cui si erano in fondo ispirati: in loro non esisteva obbedienza cieca alla Chiesa, ma una ribellione di fondo anche allo stesso Papa quando si allontanava dai precetti evangelici.

Gli Apostolici finirono per essere accusati persino di depredazioni. Neanche la definizione di “frate” attribuita a Dolcino sta ad indicare l’appartenenza a un ordine religioso, ma all’uso di chiamarsi “fratello” nell’ambito del movimento. La predicazione di Dolcino si trasformò gradualmente in altro, in un’azione sempre più violenta. Un rivoluzionario, secondo alcuni storici, che si autofinanziava con rapine e saccheggi e che fondò pure una sorta di prima ‘repubblica socialista’ in Valsesia, ove i suoi oltre mille seguaci (che nel corso del tempo sembra si estero a 4mila) costruirono rifugi e case.

“Fate penitenza, perché il Regno di Dio arriverà”, asserivano gli Apostolici. I seguaci di Davide Tornielli, questo il nome di Fra Dolcino, divennero celebri per la loro aperta e crescente ostilità verso Roma, che si radicalizzò compiutamente sotto il pontificato di Bonifacio VIII. Dolcino annunciò che il tempo della Chiesa infedele e corrotta andava verso la conclusione. Per questo scatenò una vera e propria mobilitazione armata con l’obiettivo di riscattare gli abitanti delle terre attraversate dalle condizioni di infinita povertà. Nel 1304 occupò la Valsesia, grazie al sostegno di Matteo Visconti,  nipote dell’arcivescovo di Milano Ottone Visconti e uomo d’arme che aiutò lo zio nella conquista del potere a Milano. Una volta abbandonati da quest'ultimo, i dolciniani si arroccarono sul Monte Rubello nel Biellese, dove tentarono di resistere all’assedio di Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli, che organizzò una vera crociata per disperdere ed annientare gli eretici.

Il 23 marzo del 1307 gli uomini di Raniero riuscirono ad assaltare il fortilizio fatto costruire da Dolcino. L'ultima resistenza fu vana e fu terribile lo spettacolo che vi maturò. Quasi tutti i prigionieri vennero uccisi, tranne Dolcino, Margherita e il luogotenente Longino da Bergamo. Dolcino venne processato a Vercelli e fu condannato a morte. Rifiutò di pentirsi e annunciò la sua risurrezione il terzo giorno dopo la morte. Margherita e Longino vennero arsi vivi sulle rive del torrente Cervo, vicino a Biella. L’esecuzione del il 1° Giugno fu pubblica perché doveva essere esemplare: Dolcino venne condotto su un carro attraverso la città di Vercelli, torturato e mutilato con delle tenaglie arroventate. Dopo il decesso, nonostante una campagna di rimozione, ebbe con il passare dei secoli onori e cronache. E’ l’unico eretico ricordato da Dante, fu sdoganato in seguito come precursore del socialismo, ed è stato nel Novecento figura letteraria del 'Il nome della Rosa' e teatrale nel ‘Mistero Buffo’ di Dario Fo.

Sono tempi, quelli, in cui emerge anche la figura di Celestino, al secolo Pietro Angelerio, eremita, la cui elezione a Papa provocò speranza e di entusiasmo. Fu scelto dai cardinali per uscire da una situazione di stallo che durava da quasi due anni. Tentò di portare il carisma e la povertà francescana dentro la Chiesa. Quando egli cedette il trono a Bonifacio VIII l’illusione dei pauperisti svanì.

Nel 1907, per il 600° anniversario della morte di Dolcino, un obelisco fu eretto in memoria della sua comunità. Venne abbattuto durante il regime fascista per essere ricostruito, nel 1974, alla presenza di Dario Fo e Franca Rame che ne recuperarono la memoria storica.