‘Halloween’, una vicenda antichissima e complicata. I Celti, i romani, il medioevo e la festa moderna

Pubblicato: Domenica, 30 Ottobre 2022 - Fabrizio Giusti

 

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Nos Galan-Gaeaf: la notte delle calende d’inverno. Nell’antica cultura celtica veniva così rievocata, soprattutto nei paesi di cultura anglosassone, la notte (oggi riconosciuta globalmente) di Halloween, il cui significato è per l’appunto ‘vigilia di Ognissanti’ o di ‘Tutti i Santi’. La semplice traduzione però non deve confondere. Questo è il periodo dell’anno che segna un passaggio ideale e naturale tra l’interno e l’esterno, il futuro e il passato. Come Giano, il Dio delle porte. E ciò accade da secoli.

Quello che oggi si vede tra feste di piazza è solo l’ultimo stadio, quello sintetico, di un rito che risale alla cultura celtica, ove si divideva l’anno solare in due periodi: quello in cui avveniva il rigoglioso agire della natura e quello in cui la natura stessa entrava in letargo, quiescenza. Già da qui si comprendono le differenze, non minime, della naturale concezione dell’evento, legato persino all’esistenza quotidiana e al suo sviluppo. Beltane e Samhain, i nomi delle due date di transizione, hanno dunque radici profonde.

Considerando i Celti, ovviamente, è errato limitare i confini solo all’Irlanda, come viene facile pensare, ma anche all’Inghilterra, alla Francia, alla Spagna, al Nord Italia. Il Samhain, di cui prima si è fatto accenno, era il giorno in cui dei e defunti potevano scendere tra i vivi, avendo con essi un contatto semifisico, tant’è che in alcune zone della Pianura Padana veniva apparecchiata, proprio in concomitanza del 31 ottobre, la tavola anche per gli estinti, e si disponevano lungo le strade zucche illuminate per indicare alle anime la via di ritorno oppure del cibo affinché queste si nutrissero. Un po' Zombie e un po' Pollicino, per sdrammatizzare.

La Festa di Ognissanti o di Tutti i Santi, che cade il 1° novembre, ha grande importanza nel mondo cattolico, ma non senza un percorso complesso e controverso.

Mentre nel nord Europa si celebravano riti come quello sopra descritto, a Roma accadeva altro. Si celebrava il Mundus Patet, che si svolgeva il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre. In questi giorni le porte dei templi degli altri dèi venivano chiuse e l’unico varco ad essere aperto era la fossa chiamata Mundus Cereris. Posto al centro della città, si pensava fosse stato scavato da Romolo al momento della fondazione di Roma. Questo perché quando si doveva dare origine ad un nuovo centro abitato, si ponevano due assi perpendicolari (il cardo e il decumano) che delimitavano l’area sacra. All’incontro di questi due assi si scavava una fossa, punto di comunicazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Al suo interno venivano gettate primizie e poi coperto con delle lastre di pietra che venivano aperte, appunto, durante il Mundus Patet, il momento in cui i morti potevano nell'immaginario tornare sulla terra tra i vivi.

I romani si dedicavano anche all’onore di Pomona. Era il momento in cui si salutava la fine del periodo agricolo più produttivo e si ringraziava la terra per il suo sforzo e la sua abbondanza. Quando Cesare conquisto la Gallia, secondo alcuni storici, le tradizioni celtiche e quella romane, ovviamente di riferimento pagano, si integrarono. Poi venne il cristianesimo, e il significato agricolo e pagano conobbe una ulteriore sovrapposizione culturale.

Diverso in questo senso l’antico rito dei Parentalia, festività romane di carattere privato che si celebravano ogni anno in onore dei defunti della famiglia. Queste si svolgevano nel mese di febbraio dalle idi (13 febbraio) al 21 febbraio, giorno riservato alla celebrazione delle Feralia, la vera festa dei morti. Corrispondevano all'ultimo giorno dei Parentalia e vi avevano luogo cerimonie pubbliche con offerte e sacrifici ai Mani, le anime dei defunti, a nome di tutta la città a conferma di come il rapporto degli antichi con la morte era assai diverso dal nostro, dove l’umanità occidentale moderna tende infatti a rimuovere la fine dell'esistenza e a delimitare i cimiteri, un tempo luogo di ritrovo e di convivialità per diverse culture.

Nel VII secolo la festa pagana mutò in festa cristiana. Tuttavia, visto le resistenze di chi era legato ai vecchi culti, alla fine si optò per la compensazione e il giorno di festa religioso venne chiamato Tutti i Santi. Da qui l’inizio di un percorso tortuoso nel corso dei secoli in cui le feste hanno iniziato, per un motivo anche di calcolo e di razionalità, ad essere affiancate una appresso all’altra. La vigilia, i santi, i morti. In quest’ultimo caso la Chiesa introdusse nel X secolo il giorno dedicato ai defunti il 2 novembre. Non era difficile, ai tempi, incontrare, tra il popolo, uomini e donne vestiti da angeli e diavoli impegnati ad accendere dei fuochi, proprio come nella tradizione celtica. Va sottolineato comunque come le interpretazioni su queste giornate si siano diversificate nel tempo, dividendo gli studiosi.

Ma a cosa risale la data del 2 novembre? Una storia narra che nel convento di Cluny vivesse l’Abate Odilone, devoto delle anime del Purgatorio, al punto che tutte le sue preghiere, sofferenze e penitenze venivano applicate per la loro liberazione dal purgatorio. Un giorno uno dei suoi confratelli, di ritorno dalla Terra Santa, gli rivelò di aver incontrato un eremita, il quale gli aveva raccontato che spesso gli capitava di ascoltare le urla delle anime provenienti da una grotta insieme a quelle dei demoni. Urla dirette proprio contro di lui, l’abate Odilone. Quest'ultimo, forse impressionato dalla narrazione, ordinò a tutti i monaci del suo Ordine di fissare il 2 Novembre come giorno solenne per la commemorazione dei defunti. 

Il 1º novembre venne decretato festa di precetto da parte del re franco Luigi il Pio nell'835. Il decreto fu emesso "su richiesta del papa Gregorio IV e con il consenso di tutti i vescovi". La festa si dotò di ottava solenne durante il pontificato del papa Sisto IV, quando bandì la crociata per la liberazione di Otranto. La solennità sostituì l'antica festa romana dedicata a San Cesario di Terracina (santo tutelare degli imperatori romani), fissata proprio al 1º novembre.  Il papa Gregorio IV avrebbe deciso di trarne spunto, secondo alcune versioni, per sradicare questo culto.

Infine l’ultima evoluzione, quella moderna, in cui il momento commerciale e ludico ha ridotto ogni altro significato confondendo culture, date e derivazioni, ponendo nell’oblio l'antichità, i riferimenti agricoli o spirituali, dentro ad un grande calderone che ha spostato gli equilibri ed oggi risulta essere la ‘festa’ (soprattutto per bambini e ragazzi) che tutti vediamo, senza particolari peculiarità e aspetti di riflessione. Effetti della globalizzazione (e della omologazione).

Al di là delle solite diatribe (anche piuttosto sterili) che ogni anno caratterizzano la celebrazione di questo momento di condivisione sociale, il periodo dell'anno in corso - ricco di mitologia popolare - rappresenta comunque un aspetto culturale che è parte degli esseri umani da millenni. 

(immagine: pixabay.com)