Gaetano Scirea e il suo nobile calcio

Pubblicato: Sabato, 03 Settembre 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Morì il 3 settembre del 1989 in un incidente automobilistico in Polonia. Ritratto di un grande atleta, esempio di un modo di interpretare il calcio che non c'è più

ilmamilio.it 

Il 3 settembre del 1989 Gaetano Scirea è in Polonia, incaricato di visionare un incontro di campionato della prossima rivale della Juventus nel primo turno della Coppa Uefa: il Górnik Zabrze. Da poco ha deciso di intraprendere la carriera di allenatore e nell'estate del 1988 Giampiero Boniperti lo ha incaricato del ruolo di tecnico in seconda dei bianconeri, come collaboratore di Dino Zoff. 

Il Gornik è una squadra rocciosa, il vanto dei minatori slesiani che alle elezioni del giugno precedente hanno sfidato la burocrazia comunista eleggendo in parlamento Adam Michnik, l'intellettuale di Solidarnosc. Storie del Novecento.

Durante il viaggio di ritorno verso Varsavia, la Polski Fiat 125p su cui è a bordo Scirea viene tamponata da un furgone nei pressi del villaggio di Babsk. L'auto prende fuoco rapidamente a causa di quattro taniche di benzina stipate nel bagagliaio e utilizzabili in caso di necessità. Dei quattro occupanti si salva solo il dirigente della squadra polacca del Gornik che riescì ad uscire dal veicolo. Per Scirea, l'autista e un interprete il rogo è fatale. Soccorso e trasportato presso un ospedale vicino, muore a causa delle gravissime ustioni riportate.

La notizia del decesso arriva in Italia la sera stessa. E' la Domenica Sportiva, condotta da Sandro Ciotti, a diramarla, suscitando lo sgomento degli ospiti in studio e dei telespettatori italiani.

Finì così, mentre svolgeva con la solita serietà il suo lavoro, figlio della passione che gli aveva cambiato la vita, la storia terrena di un fuoriclasse raro. Scirea aveva un'eleganza tutta sua, un portamento con la palla ai piedi che spiccava tra gli altri. Stava in campo da maestro a pieno titolo. Da giocatore ha vinto tutto, come uomo è stato un modello di integrità, una persona leale e gentile. Giocava da libero, con un senso tattico che sembrava quello di un centrocampista di ragionamento. Un numero 6 (all'epoca i numeri contavano) che sembrava un 10. Non prese mai un'espulsione, non ebbe mai, lungo la sua carriera, un atteggiamento scomposto, una cattiveria gratuita.

Divenuto uno degli uomini-simbolo della Juventus allenata da Giovanni Trapattoni a cavallo degli anni settanta e ottanta,  Scirea formò, assieme a Dino Zoff, a Claudio Gentile e ad Antonio Cabrini, uno dei più grandi reparti difensivi della storia del calcio. Una linea di fortificazione, una trincea che costituì l'ossatura del trionfo della nazionale al Mondiale di Spagna nel 1982. Coi bianconeri Scirea vinse sette scudetti e tutte le maggiori competizioni europee: una Coppa Uefa, una Coppa delle Coppe, una Coppa dei Campioni, una Supercoppa, una Coppa Intercontinentale.

E' stato uno dei giocatori più forti del mondo. Un capitano esemplare. Amava poco la visibilità. Era silenzioso il giusto, riservato, parlava poco fuori del rettangolo di gioco e rispettava l'avversario. Era comunque autorevole, tempestivo, leader. Per questo è stato amato senza barriere.

Chissà cosa penserebbe oggi di questo calcio con sempre meno talento, fatto esclusivamente di fisico e corsa, di ciarlatani, maghi dei bilanci, plusvalenze, star.. Forse si sentirebbe spaesato, fuori posto, e farebbe parlare, come fece da professionista, solo i fatti.

Uomini di sport con il suo carisma se ne trovano sempre meno. Basterebbe però ricordarli ai giovani, un po' più spesso, per ritrovare il giusto senso di uno sport amato e per questo potenzialmente sempre valido per la coesione sociale e l’educazione. Un valore, quest’ultimo, di cui Scirea fu assoluto interprete.