Pier Vittorio Tondelli, immagini e parole da una generazione libera

Pubblicato: Giovedì, 16 Dicembre 2021 - redazione attualità

ACCADDE OGGI – Il 16 dicembre del 1991 moriva a soli 36 anni lo scrittore che raccontò una generazione 

ilmamilio.it

Di Pier Vittorio Tondelli sappiamo che fu, sicuramente, un grande scrittore, uno di quelli che non ha bisogno di presentazioni. Non fu mai contaminato, nonostante il successo editoriale, da lustrini, medaglie e facezie. Un merito, in un'epoca - quella dei suoi anni ottanta del Novecento - in cui apparire era molto e pensare era già una fatica da evitare. Una linea 'culturale', questa, che ha influenzato i decenni successivi fino alla nascita dei social, dove si è sancita, per la stragrande maggioranza dei casi, la vittoria dell'immagine sui contenuti. 

Nato a Correggio, in provincia di Reggio Emilia (14 settembre 1955), fin da bambino si era dedicato alla lettura, frequentando assiduamente la biblioteca locale. Studente del Liceo classico della sua città, si impegnò nell'attivismo cattolico, cominciando parallelamente a scrivere per alcuni giornalini ciclostilati. Di questi anni è una sua riduzione teatrale – di discreto successo – de ''Il Piccolo Principe'' di Antoine De Saint-Exupery.

Quelli in cui Tondelli cresce sono gli anni settanta, non un decennio qualunque. Nel 1974 si iscrive al DAMS di Bologna e frequenta le lezioni di Umberto Eco, continuando la collaborazione a diverse iniziative culturali, tra cui una radio libera e una cooperativa teatrale. Nel 1976, entra nel comitato di gestione del Teatro di Correggio, compra Lotta Continua e vive tra Bologna e Milano. A questo, Pier Vittorio aggiunge la scrittura privata. Esperienze che lo segnano, che lo fanno crescere come uomo ed artista. Non smette mai di prendere appunti, descrivere sensazioni. Così un giorno decide di buttare tutte queste parole dentro un libro, ''Altri libertini'', edito da Feltrinelli, del 1980. Una bomba editoriale che arriva a squassare un panorama dinamico, ma a cui mancava una ''voce'' e una qualità come quella.

Il testo è una rivelazione poderosa. Viene sequestrato dal giudice Bartolomei de L'Aquila per il suo contenuto ritenuto scandaloso. Un linguaggio nuovo, aperto, fragoroso, che racconta un'intera generazione come pochissimi avevano fatto prima. Attraverso il fumetto, la musica, il cinema, ma anche il dialetto emiliano, le bestemmie e la narrazione senza sotterfugi degli incontri omosessuali, Tondelli diventa una bandiera della critica gay.

La sua scrittura è rivoluzionaria. Anche nel successivo romanzo, ''Pao Pao'' (la sigla PAO sta per Picchetto Armato Ordinario) compie un altro capolavoro evocando l'esperienza della caserma per intrecciare i fili di una trama sentimentale e comica che narra le storie amorose di una compagnia di giovani durante l'anno di servizio militare. E' il racconto di una vitalità che si contrappone alle istituzioni, ai codici disciplinari, alle gerarchie. Questo romanzo segna il confine con un primo passaggio della sua esistenza. Passa infatti a Bompiani e continua a scrivere indefessamente. Ha 30 anni, tra l'Italia e l'Europa. Nel 1986 inventa per Transueropa Edizioni il progetto ''Under 25'', una palestra per giovani narratori.

Da Milano a Berlino la vita di Tondelli è sempre un viaggio. Di pensieri, città e creatività. In pochi anni - sul finire degli anni ottanta - pubblica ''Camere separate'' e ''Un weekend post moderno'', una raccolta di articoli che commenta con queste parole: ''Un viaggio per frammenti, reportage, illuminazioni interiori, riflessioni, descrizioni, nella provincia italiana, fra i suoi gruppi teatrali, i suoi artisti, i suoi filmaker, i videoartisti... la fauna trend che da Pordenone a Lecce, da Udine a Napoli, ha contribuito a rivestire quegli stessi anni Ottanta, vacui e superficiali in apparenza, di contenuti e sperimentazioni, al punto da proporre, come capitale morale del decennio, non più una città, ma l'intera provincia italiana''. Cose viste, cose pensate. Un bagaglio esplosivo e sempre curioso che lui mette nero su bianco con la costanza e la voglia di lavorare di chi impegnato lo è davvero e senza protagonismi. Si occupa persino di una rubrica (sulla rivista ''Rockstar'') che si chiama ''Cultur club'', in onore del mitico gruppo pop di Boy George. Dischi, libri, film. Anche utilizzando la lente di uno ''spazio'', egli non disdegnò mai il dialogo continuo con la sua generazione, con le sue manie. Una sorta di ''Diario pubblico'', seguito ed apprezzato.

Ammalato di Aids, Tondelli si spegne a soli 36 anni mentre ancora lavora, elabora, crea.

Un grande talento, Tondelli, che sapeva raccontare le storie di una gioventù e di un'umanità difficili da comprendere e da spiegare, catalogare. Ragazzi e ragazze che ascoltavano, amavano, sparavano, speravano e sparivano nel bisogno di proliferare emozioni.

Uno scrittore che indagava, con curiosità, tutto quello che in quegli anni era cultura ed esistenza quotidiana. Dentro a quella generazione che è stata molto libera, forse la più libera di tutti. Come forse non è accaduto più successivamente. Libera dagli steccati, dai confini, dalle gabbie ideologiche, dagli schieramenti di branco, con un piede nel passato e con lo sguardo dritto e aperto sul futuro- come cantava Bertoli – forse un po' rassegnata ma anche curiosa di scoprire, di innovare. Libera di partire o di restare. Libera d vivere e persino di morire.

Tondelli aveva la capacità di lanciare nelle stanze di ogni lettore una forza emozionale che lo rendono ancora attuale.

Ci ha ha lasciato, per questo, una lezione preziosa. Era denso, magistrale. Difficile – a tanti anni di distanza dalla sua morte – lasciarlo nell'oblio.