Affaire CEP di Zagarolo: i conti che non tornano, le consulenze, i recuperi coattivi

Pubblicato: Giovedì, 29 Aprile 2021 - redazione attualità

cep ilmamilioZAGAROLO (attualità) - Il Consorzio raggruppa 13 Comuni che hanno affidato alla Spa la riscossione dei tributi

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E' un vero e proprio uragano quello che in questi giorni si è abbattuto sul CEP, Consorzio Enti Pubblici Spa con sede a Zagarolo a seguito di alcuni esposti, in primis del senatore ex 5 stelle Emanuele Dessì e che potrebbero portare a breve all'apertura di una indagine da parte dell'Autorità giudiziaria.

Un uragano che mette al centro dell'azione di richiesta di accertamento dei fatti la gestione del Consorzio amministrato dall'ex sindaco di Colonna Gaetano Bartoli e con direttore generale Paride Pizzi (ex dg della STS di Frascati) soprattutto in merito alle tante consulenze attraverso le quali il Consorzio stesso in questi ultimi anni ha operato, in particolare, le attività propedeutiche all'accertamento ed all'iscrizione al ruolo dei crediti vantati dai Comuni nei confronti dei cittadini morosi.

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Un Consorzio che, originariamente con sede a Palestrina, raggruppa oggi 13 Comuni: dai castellani Rocca Priora ed ovviamente Colonna, fino allo stesso Zagarolo (il più grande), Artena, Bellegra, Casape, Cave, Gallicano nel Lazio, Palestrina, Percile, Poli, Rocca di Cave e Roiate. Comuni in un verso o nell'altro ritenuti (o di fatto) nell'orbita del Partito democratico.

Comuni che al CEP in questi anni hanno affidato il servizio di riscossione dei tributi, sia nella parte "ordinaria" (sulla quale il Consorzio percepisce il 4%) che soprattutto della parte "coattiva", per la quale al Consorzio va il 10% di quanto effettivamente recuperato.

 

 

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Nel mirino dei firmatari degli esposti, dunque, in particolare le consulenze delle quali si è avvalso il Consorzio, generalmente con affidamento diretto perché sotto soglia rispetto a quanto disposto dal Codice degli appalti, decreto 50/2016.

Affidamenti ritenuti "sospetti" perché tra i destinatari ci sarebbero società di freschissima costituzione e considerate "vicine" al management dello stesso CEP. Società che, comunque, sarebbero state attinte dal MEPA, il Mercato elettronico della pubblica amministrazione gestito dal MEF, il Ministero dell'Economia e Finanza. Consulenze comunque costate al Consorzio centinaia di migliaia di euro.

A far scattare l'azione presso Procura e Corte dei Conti sono stati i conti in rosso del Consorzio, provocati - secondo i firmatari degli esposti - dagli affidamenti di cui sopra ma figli anche della sospensione dell'attività di riscossione provocata dalla pandemia.

 

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Secondo fonti CEP, difatti, ci sarebbero ben 40 milioni di euro di accertamenti effettuati sui quali tentare un recupero coattivo che, secondo stime, potrebbe portare nelle casse dei Comuni un 30-40% del totale accertato (dunque circa 10-15 milioni): cifra sulla quale poi, come detto, il Consorzio tratterrebbe il 10%.

 

A rendere l'intero meccanismo instabile, però, ci sarebbe però anche l'opinabile scelta del CEP di pagare le consulenze a prestazione e non a risultato conseguito, ovvero pagare i numerosi consulenti ingaggiati (ma perché non utilizzare personale del Consorzio stesso?) non ad avvenuta riscossione del recupero coattivo (ovvero dopo il versamento dei morosi di quanto dovuto) ma all'atto dell'accertamento effettuato.tennis colline ilmamilio

Da una parte, dunque, affidamenti diretti ritenuti sospetti e conti in rosso, dall'altra l'oggettiva impossibilità del CEP (al pari di altre strutture di riscossione) di recuperare le somme coattive sospese causa covid.

Se in tutto questo meccanismo si riscontrano attività ed azioni di rilevanza giudiziaria, spetterà ora alle Autorità stabilirlo.