Covid, l'Istituto Superiore di Sanità: il rapporto sulle Rsa. Picco dei decessi tra il 16 e il 31 marzo 2020

Pubblicato: Mercoledì, 17 Giugno 2020 - redazione attualità

iss.covid.mamilio.jpgROMA - La rilevazione della diffusione del virus prosegue

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Nel totale dei 9.154 soggetti deceduti nelle Rsa, 680 erano risultati positivi al tampone e 3.092 avevano presentato sintomi simil-influenzali”. In totale, dunque 3.772 pazienti. Lo rivela il report finale dell’indagine condotta dall’Istituto superiore di sanità (Iss) in collaborazione con il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale sul contagio Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie (Rsa).

“In sintesi, il 7,4% del totale dei decessi ha interessato residenti con riscontro di infezione da Sars-CoV-2 e il 33,8% ha interessato residenti con manifestazioni simil-influenzali a cui però non è stato effettuato il tampone”. Complessivamente hanno risposto al questionario 1.356 strutture, pari al 41,3% di quelle contattate, che hanno riportato dati riferiti al periodo dal 1 febbraio al 30 aprile 2020.

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“Il picco dei decessi” nelle Rsa italiane “è stato riscontrato nel periodo 16-31 marzo” 2020. Non solo: il 21,1% delle Rsa ha avuto casi di positività per Sars-CoV-2 tra il personale della struttura. Complessivamente hanno risposto al questionario 1.356 strutture, pari al 41,3% di quelle contattate, che hanno riportato dati riferiti al periodo dal 1 febbraio al 30 aprile 2020. In particolare, alla domanda se fosse stata riscontrata positività tra gli operatori della Rsa hanno risposto 1.320 strutture e, tra queste, 278 (21,1%) hanno dichiarato casi di contagio tra il personale. Le regioni che presentano una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo sono: le Province autonoma di Bolzano (50,0%) e di Trento (46,7%), seguite da Lombardia (40%), Piemonte (25%), Marche (23,5%), Emilia Romagna (18,1%), Veneto (16,6%), Liguria (15,8%) Friuli Venezia Giulia (12,8%), Toscana (12,4%). Valori inferiori al 10% o uguali a zero per le altre regioni. Questa variabile – osserva l’Iss – risente delle politiche adottate da ciascuna Regione, e a volte da ciascuna Asl o distretto sanitario, sull’indicazione a eseguire i tamponi.

Carenza di mascherine e dispositivi di protezione, ma anche di personale sanitario, informazioni e farmaci. E difficoltà ad eseguire tamponi. Sono solo alcune delle criticità segnalate dalle Rsa italiane alle prese con la pandemia.

Delle 1.259 strutture che hanno risposto alla domanda, 972 (77,2%) hanno riportato al momento del completamento del questionario la mancanza di dispositivi di protezione individuale, mentre 263 (20,9%) hanno riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure da svolgere per contenere l’infezione. Inoltre 123 (9,8%) strutture segnalano una mancanza di farmaci, 425 (33,8%) l’assenza di personale sanitario e 157 (12,5%) difficoltà nel trasferire i residenti affetti da Covid-19 in strutture ospedaliere. Infine, 330 strutture (26,2%) dichiarano difficoltà nell’isolamento dei residenti affetti da Covid-19 e 282 “hanno indicato l’impossibilità nel far eseguire i tamponi”, si legge nel rapporto.

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L’indagine ha esaminato anche le caratteristiche delle Rsa: in media sono risultati presenti 2,5 medici, 8,5 infermieri e 31,7 operatori socio-sanitari per struttura. Circa l’11% delle strutture ha dichiarato di non avere medici in attività nella struttura fra le figure professionali coinvolte nell’assistenza. Complessivamente, considerando le tre figure professionali, sono presenti mediamente 42,4 operatori per struttura. Mediamente sono stati riportati inoltre 74,8 posti letto per struttura, con un range da 8 a 667 posti letto. Le 1.356 strutture coinvolte nell’indagine hanno riportato un totale di 97.521 residenti alla data del 1 febbraio 2020, con una media di 72 ospiti per struttura (range 7-632).

 

 

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