Marino, esce “Anatomia del vuoto” di Onofrio

Pubblicato: Lunedì, 18 Novembre 2019 - Luca Priori

MARINO (attualità) - alla raccolta di poetica l’autore marinese ha lavorato 15 anni

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Marco Onofrio ha pubblicato a Milano, con le edizioni La Vita Felice, il suo nuovo libro di poesie: “Anatomia del vuoto”. Neanche il tempo di presentarlo e già subito un exploit: l’opera è finalista al prestigioso Premio “Rhegium Julii” di Reggio Calabria, sezione poesia edita. L’ennesimo riconoscimento di uno scrittore che è ormai vanto della nostra regione, e non solo. Lo abbiamo incontrato a Marino, dove vive con moglie e figlia.

 

Marco, sei nato a Roma nel 1971 ma vivi da diversi anni a Marino. Ti senti più romano o marinese?

Entrambe le cose, e per molti versi sono identità complementari. A Marino vivo dal 2006; prima stavo a Grottaferrata dove mi sono trasferito, salendo da Roma, nell’ormai lontano 1988. Ho dunque passato più tempo della mia vita ai Castelli che a Roma. Ai Castelli ho scritto tutti i miei libri, ed è indubbio che qualcosa della loro atmosfera sia stato determinante nell’ispirarmi le pagine che ho pubblicato, a partire dal 1993. I Castelli hanno liberato e nutrito la mia creatività. Mi sento romano e, diciamo così, marinese-castellano “di adozione”.

Come nasce “Anatomia del vuoto”?

È un libro a cui ho lavorato per almeno quindici anni, attraverso molte stesure e innumerevoli revisioni. Credo sia la mia opera poetica più intensa e impegnativa, tutta incentrata sul tema cardine del vuoto e sul tentativo di definirlo, rappresentandolo in senso metafisico. Il vuoto non solo come materia connettiva del cosmo, fino agli estremi limiti delle sue incommensurabili distanze, ma anche come “condicio sine qua non” della umana significazione, ovvero del processo che ci consente di riempirlo con le “vicende” che ci rappresentano, a partire dalle esperienze fondamentali della nostra vita, l’amore, la solitudine, il dolore, la morte.

Discorsi alti e difficili, per palati fini…

Detto così, sembrerebbe: è la poesia stessa, come genere letterario, che punta ad esprimere le cose grandi, cioè le verità nascoste al di sotto dell’apparenza. Anche per questo, forse, ha così pochi lettori: pochi ma buoni. Ho sempre apprezzato le potenzialità di svelamento metafisico che le competono, anzitutto come intensità dello sguardo e della parola. La poesia secondo me deve rendere visibile l’invisibile, cioè darci uno specchio in cui venga riflessa la realtà autentica che sta oltre gli inganni del quotidiano. È uno strumento fondamentale di comprensione del mondo. Ed è proprio la volontà “ostinata e contraria” di capire il mondo, cioè il mistero della vita e della storia, a nutrire da decenni il mio percorso di ricerca.

Che cosa c’è di nuovo rispetto alle opere precedenti?

La precisazione dello scavo. E una semplificazione dello sguardo mai così attenta e piena di significati, tutta concentrata in direzione dell’essenza. È una poesia che finalmente brucia le scorie della letteratura e che cerca di coincidere con la voce stessa della vita.

Questo è il tuo tredicesimo libro di poesia e il trentaduesimo di sempre. Perché scrivi così tanto?

Perché ho molte cose da dire, e la vita è troppo breve per dirle tutte. Scrivere per me è vivere, anzi: “scrivivere”.

Un conto scrivere, un conto pubblicare…

Solo pubblicato un libro appartiene al mondo, cioè alla gente che lo legge e può farsene trasformare. Il numero delle pubblicazioni dipende dal fatto che scrivo su più tavoli, occupandomi in contemporanea di poesia, critica letteraria e narrativa.

Ti senti più poeta, più critico letterario o più narratore?

Ho uno sguardo da poeta, che tende a trasfigurare il particolare in senso universale. Questa visione analitica e al contempo globale mi porta ad essere, come dicono, un buon critico letterario. Il narratore è sottomesso alle briglie del poeta, nel senso che mi interessa approfondire i dettagli in una luce fantastica e visionaria, piuttosto che raccontare storie: infatti prediligo il racconto breve al romanzo tradizionale. Anche se la prosa mi fa sentire infinitamente più libero del verso: ed è da questa intima contraddizione che nasce la spinta propulsiva della mia scrittura…

Insomma, dai l’impressione di un fiume in piena: un libro segue l’altro e la tua officina creativa sforna opere a ripetizione.

In realtà ogni libro esce coi tempi suoi, come scegliendo autonomamente le strade che lo portano ad esser pubblicato. Ma devo dire che il meglio, forse, è ancora inedito: ci sono opere già finite che ritengo importanti e che attendono la loro opportunità.  

Ma così dedichi poco tempo alla promozione…

Lo so. Ci sono autori che presentano lo stesso libro per anni. Io dopo la terza-quarta presentazione comincio a vergognarmi di ripetere le stesse cose. Sono più concentrato sul versante della produzione, mi diverte di più.

Ehm, dicci la verità: non è che per caso sta per uscire un nuovo libro? Malgrado “Anatomia del vuoto” sia stato pubblicato da appena un mese?

Ehm, sì. È un libro di critica letteraria, sulla narrativa di Lina Raus: una scrittrice psicoterapeuta che vive e lavora, fra l’altro, a Grottaferrata. Il libro uscirà in tempo per la prossima Fiera “Più libri più liberi”, dove sarà esposto in anteprima.

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Lo sospettavo …

Ed è appunto con questa “anteprima” che salutiamo l’instancabile scrittore di Marino, dandogli appuntamento a breve per gli sviluppi ulteriori del suo percorso.