La DIA: “A Roma criminalità organizzata con struttura reticolare. Giovani linfa vitale”

Pubblicato: Mercoledì, 13 Febbraio 2019 - redazione cronaca

ROMA (attualità) – La relazione: “La città polo di attrattiva di tutte le mafie”

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A Roma “esiste una struttura di natura reticolare che tende a infiltrare i luoghi del potere decisionale ed economico, e nel cui ambito i singoli sodalizi ora stringono alleanze funzionali all’ottenimento di obiettivi puntuali, ora possono – ma più di rado – entrare in conflitto.

L’atteggiamento violento, infatti, permane come una forma di “capitale quiescente”, pronto all’occorrenza ad esplodere se vengono minacciati gli interessi delle consorterie”. E’ quanto si legge nella Relazione semestrale al Parlamento della Direzione investigativa antimafia. Sul piano generale, la criminalità organizzata di matrice romana continua pertanto ad esprimere “professionalità” delinquenziali di elevatissimo profilo, in ciò rafforzata dalle interrelazioni con gruppi di matrice straniera e con sodalizi mafiosi nazionali.

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Roma costituisce un territorio strategico per la ‘ndrangheta, che da tempo colloca fidate “teste di ponte” chiamate ad adottare metodologie criminali improntate alla minore visibilità, specie se correlate al reimpiego di capitali illeciti. Nel mantenere solidi legami con le consorterie mafiose dei territori d’origine, esse stringono nel contempo solide alleanze con appartenenti alla criminalità autoctona. Molteplici sono le indagini degli ultimi anni che hanno evidenziato l’operatività sul territorio della capitale di strutturate proiezioni di matrice calabrese, in grado di insinuarsi nel tessuto economico-imprenditoriale.

Oltre alla presenza di consolidati clan meridionali, che operano con precise linee strategiche la Relazione della Dia richiama l’attenzione sull’evoluzione dei gruppi stranieri o locali meno strutturati, che talvolta si pongono come “braccio armato” od “a servizio” dei primi e che potrebbero, nel tempo, organizzarsi con forme più stabili e definite. Nella capitale sono operativi, oltre ad aggregati criminali di origine locale, anche gruppi strutturati, riflesso delle organizzazioni mafiose calabresi, siciliane e campane, in grado di gestire affari che spaziano dal traffico di stupefacenti, alle estorsioni, all’usura e riciclaggio.

Le consorterie criminali hanno adottato un metodo operativo che si caratterizza essenzialmente per la progressiva diminuzione delle componenti violente e “militari”, che hanno ceduto il passo alla “ricerca di proficue relazioni di scambio e di collusione, finalizzate ad infiltrare il territorio romano”.

L’interazione fra le varie “componenti” criminali ha anche favorito il dilagare dell’usura – da sempre attività illecita tipica della delinquenza romana – quale altra appetibile modalità di reinvestimento. Il fenomeno usurario e le connesse azioni intimidatorie sono ulteriormente proliferati anche in ragione del protrarsi di una difficile congiuntura economica, come quella attuale, che investe molteplici settori.

Un focus preoccupante è stato fatto sui giovani. «Le mafie traggono la linfa vitale necessaria a rigenerarsi in soggetti sempre più giovani, impiegati in professioni poco qualificate o senza occupazione». E così se da un lato le organizzazioni investono sempre di più su «imprenditori e liberi professionisti», puntano anche ad arruolare «operai» e soggetti nella fascia più giovane, quella tra i 18 e i 40 anni. Negli ultimi cinque anni non solo si sono registrati casi di mafiosi con un’età tra i 14 e i 18 anni, ma gli appartenenti alle cosche tra i 18 e i 40 anni hanno raggiunto numeri quasi uguali a quelli della fascia tra i 40 e i 65 anni e, in un caso, lo hanno anche superato (nel 2015 i denunciati e gli arrestati per 416 bis sono stati 5.437 di cui 2.792 tra i 18 e i 40 anni e 2.654 tra i 45 e i 60).

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