Ivan Graziani, il musicista poeta. Un talento sempre da riscoprire

Pubblicato: Venerdì, 06 Ottobre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – Nasceva il 6 ottobre del 1945 un musicista fin troppo rimosso

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Una voce esile che saltava sul limite, che sembrava cadere da un momento all’altro. Invece rimaneva lì, tra la poesia e un talento da musicista di assoluto valore.

Nel 1997, dopo una lunga malattia, ci lasciava in quel di Novafeltria, Ivan Graziani.  Secondo le cronache, fu sepolto con la più amata delle sue tante chitarre (circa 40), una Gibson, e un gilè di pelle. Un modo per arrivare oltre la collina in divisa da palco. Già pronto.

Ivan Graziani, di cui oggi ricorre la data di nascita, è stato pop e rock, un cantautore innovativo per il suo tempo, un artigiano che metteva insieme i virtuosismi del tocco sulle corde e una componente testuale robusta, intima, descrittiva, emozionale. E’ a tutt'oggi uno degli artisti più considerati da chi bazzica i canoni della qualità, ma con un limite di popolarità rimasto incomprensibile. Fin troppo rimosso e dimenticato, è un talento che vive ancora ai margini. Per lui la cosiddetta “rivalutazione” post mortem, capitata a molti, non è arrivata mai del tutto e chissà perché.

Nato a Teramo il 6 ottobre 1945 da madre sarda e padre abruzzese, Graziani fu fondatore negli anni sessanta del secolo scorso degli “Anonima sound”. Diplomato in arti grafiche, partecipò al Cantagiro del 1967 con il brano “Parla tu”. Lentamente riuscì ad entrare nel mondo della musica a livello professionistico. Nel 1974 iniziò la carriera di cantautore solista con “La città che io vorrei”, e due anni dopo suonò per Lucio Battisti in “La batteria, il contrabbasso, eccettera”. 

Un anno di svolta è il 1976, in cui uscì un disco pubblicato dalla casa discografica Numero Uno, proprietà del duo Mogol-Battisti: la “Ballata per 4 stagioni”. Collaborò, in questi anni, con Herbert Pagani, Premiata Forneria Marconi, Bruno Lauzi, Francesco De Gregori (Bufalo Bill) e Antonello Venditti (Ullalla).

Il 1977 fu invece il periodo della consacrazione. Pubblicò “Lugano addio” e l’album “I lupi”. Nel 1978 fu la volta di “Pigro”: le canzoni “Monna Lisa”, “Pigro” e “Paolina”. Nel 1979 “Agnese” si trasformò rapidamente in un hit popolarissima, mentre nel 1980 “Firenze (Canzone triste)” lo pose ai vertici della discografia nazionale. Arrivato in vetta, ricordavamo prima, cominciò la lenta parabola discendente. Nonostante la buona vena ed alcuni lavori di pregio, non ottenne più il consenso degli anni d'oro. Tornò, con un certo successo, con “Maledette Malelingue” nel Festival di Sanremo del 1994. Una canzone da riascoltare ancora oggi per il suo messaggio attuale.

Il suo limite (ma non lo è), è stato forse non cercare la popolarità d’accatto, ad ogni costo, oppure fare il personaggio da mettere in vetrina per le sue stravaganze da gossip. Era, come pochi altri, musicista per la musica. In fondo non si è fatto circuire dal mezzo commerciale, sfruttando il buon vento fino a quando c'è stato. Ha saputo raccontare la provincia, l'amore, si è messo alla ricerca, producendo un percorso esistenziale e musicale tutto suo.

Un realtà genuina, Graziani, vista da troppi con un filo di ingenuità, ma che nascondeva dentro la profondità di chi non è artista solo per mangiare, ma anche per immaginare e crescere.

 


Commenti  

# maurizio aversa 2017-10-06 15:58
Grazie a Fabrizio. Sul cosa abbia fatto dopo l'apice, sappiamo qualcosa. Ha girato in lungo e largo la nostra penisola per proporre dal vivo, in concerti (locali) la sua poesia e la sua musica. Talvolta in modo fortunatissimo, ha visto lo stadio mezzo pieno, quindi con diverse migliaia di ragazzi e ragazze paganti. Spiego. Dopo un braccio di ferro sull'uso dello stadio di Marino per concerti, l'allora assessore alla cultura (anni 80) vinse la sfida. Si tennero diverse serate. Una con Ivan Graziani. Il costo (fatto il rapporto lira euro contestuale) non fu come l'Ermal Metal attuale e, al contrario della gratuità della sagra dell'uva, le migliaia di biglietti venduti consentirono la serata, la copertura delle spese. Anzi, di più: con un "fuori programma" per il gran numero di giovani giunti dai Castelli romani e da Roma ma che erano sprovvisti di biglietto e di denaro; con un atto di liberalità, l'assessore impose alle forze dell'ordine l'ingresso libero ad alcune centinaia di giovani.
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