Lucio Battisti, l’artista che scavalcò l’apparenza

Pubblicato: Sabato, 09 Settembre 2023 - Fabrizio Giusti

 

ACCADDE OGGI – Il 9 settembre del 1998 moriva una leggenda musicale e culturale

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Lucio Battisti (Poggio Bustone, 5 marzo 1943 – Milano, 9 settembre 1998) era un genio, un innovatore, nazional-popolare, che si è saputo inventare e reinventare più volte.  Fu fedele a quel concetto che lo portò a dire che un artista non poteva camminare dietro il suo pubblico, ma che doveva stargli davanti, anche affrontandolo e rompendo tutti gli schemi precostituiti.

Ha messo insieme, in una carriera fatta di successi, il rhythm and blues, il prog rock, l'elettropop, la musica latina, la new wave, la disco music, il folk, il soul, il beat. 

Ha inventato un modo di cantare la musica che prima non esisteva, dando senso il senso alla parola e il rigore a uno stile. Non aveva una grande voce, ma come la sua non ce ne erano. Le sue note erano ad un passo dal cadere giù. E invece ti trovavi dentro una poesia, una magìa, un territorio inesplorato che ha fatto scuola.

La sua musica e le parole di Mogol. Un binomio incredibile, come Sergio Leone-Ennio Morricone. Sei hai ascoltato Rino Gaetano, se hai ascoltato Baglioni o Vasco, fino a Calcutta o chissà chi altro sai che a lui devi qualcosa. Un aspetto che si rimarca sempre troppo poco è che fu un musicista raffinato, con un orecchio in ascolto sul mondo e le sue novità, su suoi ritmi. Ancora oggi non sai dove inizia e dove finisce la sua musica. Non esiste un approdo. Mai. Era animato da un’ossessione che lo portava a spingersi più in là, in quel metro che gli altri non vedevano, creando trame sconosciute. Musicalmente parlando era una sorta di Cruijff, per usare il metro calcistico. L’uomo invece era diverso, discreto. Un universo a parte.

Se una persona si è imbattuta in dischi come 'Anima Latina', incredibile capolavoro che si conserva negli anni. o 'Il nostro caro angelo' capisce che quello di Battisti è stato un volo pindarico straordinario in cui la sua voce poteva buttarsi dentro un’Oceano di conoscenze infinite che andavano dalla ricerca alla frase che diventava di uso comune, tormentone.

Era il grande pregio di questo ragazzo salito a Milano da Poggio Bustone che aveva uno innato senso della melodia, una talentuosa capacità di cambiare direzione dentro ad un unico brano. Un autore, musicista, straordinario arrangiatore delle proprie canzoni.

Aveva un suo modo di stare dentro al mercato discografico, non seguiva le mode. Ad un certo punto staccò la spina e iniziò l’era dei 'dischi bianchi' con Pasquale Panella. “Tutto mi spinge verso una totale ridefinizione della mia attività professionale – spiegò nell’ultima intervista - in breve tempo ho conseguito un successo di pubblico ragguardevole. Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali: devo distruggere l'immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L'artista non esiste. Esiste la sua arte”. Così si trasformò in un’altra cosa. Applicò l’arte di scomparire. Si rigenerò con testi e musica all’avanguardia, disorientando tutti, soprattutto l’ascoltatore medio. 

Prima di essere completamente sdoganato non piaceva a quell’Italia che lo accusava di non essere un impegnato di professione in un tempo ideologico, quello degli anni sessanta e settanta, in cui ognuno doveva schierarsi per qualcosa e molti erano schierati tutti da una parte sola (talvolta per convenienza).

Battisti ha cambiato la musica italiana, anche se i critici lo osteggiavano perché non allineato agli stereotipi culturali del suo tempo (anche a causa di alcune infondate leggende metropolitane sulle sue presunte simpatie per la destra). E' stato uno dei primi artisti popolari a sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi ambientalisti (anche nelle sue copertine) e girò l'Italia a cavallo con l’amico Mogol quando ancora un'intera nazione correva dietro un mito fatto di boom economici illusori. 

Abbandonò il mondo dei riflettori per seguire strade nuove. Uscì dalle scene, proprio quando iniziava a propagarsi la cultura dell'apparire. Ha sperimentato la musica, mentre la maggioranza dei suoi colleghi cercava ormai l'incasso e la classifica facile.

Criticò la società dei consumi e il rito delle pubblicità mistificatorie, la crescita della superficialità in un'Italia sempre più diversa.

Per questo, per tutto questo, non è mai morto.