"PD è l'ora del rinnovamento". Astorre a tutto campo. "Elezioni comunali? Ci siamo, con candidature forti"

Pubblicato: Sabato, 27 Marzo 2021 - Matteo Carè

FRASCATI (politica) - Il senatore e segretario regionale dem guarda avanti dopo aver analizzato l'attuale situazione politica

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“Il PD non ha fallito, però, va profondamente rinnovato”: Bruno Astorre, senatore e segretario del Partito Democratico della Regione Lazio, è convinto che il suo partito debba farsi promotore di riforme tanto sul piano esterno quanto sul piano interno.

L’alleanza con il MoVimento 5 stelle, la formazione del nuovo Governo Draghi e l’approdo del nuovo segretario Enrico Letta (in seguito alle dimissioni di Nicola Zingaretti) hanno portato gli elettori e i dirigenti del Partito a discutere sul futuro dello stesso.

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L’uscita dalla crisi interna, per l’attuale segretario regionale, deve passare per una riforma della legge elettorale, per alleanze strategiche con il M5S ove possibile e un avvicinamento alla base elettorali tramite “primarie molto partecipate”.

Lo statuto del PD, stabilisce che questo “persegue l’obbiettivo del raggiungimento della parità fra uomini e donne anche per cariche monocratiche istituzionali” Non si sente in imbarazzo visto l’attuale composizione del nuovo esecutivo?

Sì, è stato fatto un grave errore. Devo dire, però, che ai Castelli Romani stiamo dando un bellissimo esempio: a Castel Gandolfo, Zagarolo, Rocca di Cave e San Cesareo abbiamo al vertice di cariche monocratiche sindache del Partito Democratico, o appoggiate da PD. E comunque, anche a Rocca Priora, Rocca di Papa e Ciampino ci sono donne al vertice delle Amministrazioni comunali. Senza dimenticare che, proprio recentemente, come commissaria della Comunità montana dei Castelli romani è stata indicata, per la prima volta nella sua storia, una bravissima amministratrice come Serena Gara. Credo che questo esempio castellano andrebbe preso di più a livello nazionale”.

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Da più parti si sottolinea come il PD stia diventando un “partito naturale di governo”, da anni senza una maggioranza assoluta in Parlamento ma sempre parte di un esecutivo. Questo atteggiamento istituzionale, però, porta gli elettori a ritenere che il partito sia poco attento alle istanze sociali e territoriali. Come si esce da questa situazione?


“Da un alto ci sono i risultati elettorali che ci hanno obbligato a governare: nel 2013 alla Camera avevamo la maggioranza assoluta. In quel caso gli elettori, che pur non facendoci vincere al Senato, indicarono proprio il Pd come partito di governo. E nel 2018 eravamo pur sempre il secondo partito nazionale. Dall’altro lato, invece, ci sono gli appelli di responsabilità come quello di Napolitano per il governo Monti e quello di Mattarella per il Draghi, sui quali il Partito democratico difficilmente ha potuto sottrarsi. Il tema comunque c’è perché tutto questo non si traduce in un consenso elettorale. Per questo dobbiamo essere più vicini ai territori e ai problemi della gente, diventando così un partito di popolo e di territorio”.

È d’accordo con il nuovo segretario nel ridisegnare il sistema elettorale verso il c.d. Mattarellum?

“Ho qualche perplessità, i collegi uninominali funzionano se sono piccoli. Ad esempio Posa a Frascati, Leodori a Zagarolo e Urili a Monte Porzio Catone, sono stati eletti in Provincia in quanto il collegio uninominale premiava la persona e non tanto il partito che lo proponeva. Con la riduzione dei parlamentari e con il Mattarellum avremmo dei collegi uninominali da circa 400.00 abitanti per il Senato. Sono dei collegi oggettivamente troppo grandi perché la persona possa fare la differenza. Tuttavia, non credo sia tanto il tema della legge elettorale ma quanto quello di restituire ai cittadini la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti, questo lo si fa o con il voto di preferenza, come nelle regioni o comuni, oppure con primarie obbligatorie per legge. È dal 2005 che a livello parlamentare i rappresentanti vengono sempre calati dall’alto. Credo che ci sia un’ipocrisia di fondo: si dà ai cittadini la possibilità di scegliere il consigliere comunale o addirittura il parlamentare europeo, ma quando arriva le elezioni del parlamento nazionale tutti i partiti vanno ad indicare i parlamentari. Questo credo sia un vulnus indifendibile per la democrazia”.

In tutti i partiti esistenti si discute con le varie anime del partito, si fa una sintesi e successivamente si prendono delle decisioni unitarie. Nel suo partito questo processo sembra si esaurisca con la discussione. Come se lo spiega?

“Perché abbiamo ereditato dai partiti di provenienza le peggiori pratiche: il “correntismo” della DC e una certa arroganza del PCI. Ci dobbiamo scrollare di dosso le provenienze passate e dopo 14 anni di dobbiamo pensare che il PD è come l’euro, assolutamente irreversibile. Dobbiamo inoltre smettere di pensare alle nostre provenienze e guardare al futuro, allora potremmo ricostruire una comunità che, discute, decide e dove tutti rispettano ciò che (la stessa) ha deciso”.

L’on. Gianni Cuperlo, suo collega di partito, ha scritto su Domani che: “che PD ha fallito: o si rifonda o muore”. È d’accordo con questa affermazione?

“No, non sono assolutamente d’accordo, il PD non ha fallito. Penso, però, che il Partito Democratico vada profondamente rinnovato ma non deve e non può morire”.

 

I tempi cambiano. Come riporta Michele Serra su Repubblica, in occasione dell’inchiesta sui rider condotta dal pm di Milano, i lavoratori “ora hanno in mano lo smartphone, prima avevano la vanga”. Nel Partito Democratico si è mai aperto un tavolo circa le professioni del futuro e loro rispettive tutele?

“I tavoli sono aperti e la riflessione è profonda. Alcune risposte ci sono. Penso, però, che non siamo percepiti: siccome in politica, oltre ad occuparsi di un problema, la gente deve avere la percezione che te ne occupi. Questo è uno dei principali cambiamenti che dobbiamo fare”.

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Come commenta l’entrata del MoVimento 5 Stelle nella giunta regionale del Lazio?

“In maniera assolutamente favorevole, perché frutto di un lavoro triennale in consiglio regionale, avvenuto alla luce del sole, e di convergenza su temi. Governando con il M5S, Conte II e con Mario Draghi è naturale che, ove possibile, si inneschino processi di collaborazione governativa.

È preoccupato per a situazioni in cui la sua città sta attraversando dal punto di vista politico? Si è parlato di un ritorno di Posa. Le piace questa ipotesi?

Penso che chi abbia avuto ruoli, anche importanti, nel passato, debba assolvere ad un compito di accompagnatore e dare la propria esperienza al servizio di una nuova classe dirigente di donne e di uomini per la città di Frascati.

Tra poco si voterà a Frascati a Marino. Come è la situazione del PD in queste due città?

A Frascati si sta lavorando per costruire una coalizione ampia e plurale. Il circolo del PD di Frascati ha appena individuato, all'unanimità, la candidatura di Francesca da proporre agli alleati con spirito di servizio, e con la consapevolezza dell'importanza di un percorso condiviso e partecipato; a Marino abbiamo un ragazzo giovane, Gianfranco Venanzoni, indicato unitariamente dal PD, una persona nuova, capace, credibile e spendibile. Abbiamo chiesto anche qui se ci fosse la possibilità di allagare la colazione al M5S, lavorando anche ad una candidatura condivisa. Mi pare che dai cinque stelle, e in particolare dal sindaco Colizza, non vengano segnali.

Ce la farà il PD, in questa legislatura, a mettere tutti i mezzi in campo per far approvare lo Ius soli?

Il tema è parlamentare. Nella scorsa legislatura non avevamo i numeri parlamentari per approvarlo. Sia Alfano che Verdini ci dissero chiaramente che sostenevano il governo, sostenevano le Unioni civili ma che non avrebbero mai approvato lo Ius Soli. Comunque personalmente preferisco parlare di Ius Culturae, poiché più appropriato. Ho l’impressione, però, che difficilmente avremo i numeri parlamentari per approvarlo. É comunque una battaglia sacrosanta: l’idea che a ragazze e ragazzi che parlano benissimo l’italiano, conoscono benissimo la cultura italiana, fanno cicli di studi in Italia e lavorano in Italia, gli si possa negare la cittadinanza mi pare repellente.