COVID, Magi (OMCEO): “Sentenza Tar non esclude che i medici di famiglia possano andare a casa dei pazienti”

Pubblicato: Mercoledì, 18 Novembre 2020 - redazione attualità

 

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La sentenza del Tar non stabilisce che i medici di famiglia non possano più andare a casa del paziente. I medici possono tranquillamente continuare a visitare i pazienti a domicilio, come hanno sempre fatto e come stanno ancora facendo, quando possibile. Anzi, come presidente dell’Ordine dei medici di Roma sottolineo che i medici di famiglia, per deontologia, sono tenuti a gestire il paziente anche a casa, indipendentemente dalle sentenze”. Risponde così il presidente dell’Ordine dei medici di Roma (Omceo Roma), Antonio Magi, interpellato dall’agenzia Dire in merito alla sentenza del Tar del Lazio secondo cui l’affidamento ai medici di medicina generale del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid ‘risulta in contrasto con la normativa emergenziale’.

La sentenza, ha quindi precisato Magi, riguarda “esclusivamente l’articolo 18 della norma del 17 marzo 2020 che, in virtù dell’emergenza, stabiliva la costituzione delle Usca (Unita’ speciali di continuità assistenziale), che dovevano essere formate da medici della continuità assistenziale, quindi non da medici di famiglia, da specialisti ambulatoriali e da infermieri. Questa norma andava nella direzione di una agevolazione dell’attività dei medici di famiglia che, oltre a fare le certificazioni, i vaccini e ora anche i tamponi, devono fare le visite domiciliari ai malati non Covid e non hanno il tempo di seguire anche i pazienti Covid. Quindi l’idea era quella di avere unità speciali che, appunto, potessero seguire i pazienti a casa. Ma molti medici di famiglia continuano tranquillamente a seguire i loro pazienti”.

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Per creare le Usca, ha ricordato Magi, sono stati investiti “721 milioni di euro, in Italia doveva esserci una Usca ogni 50mila abitanti, mentre ne sono state fatte circa 610″. Ma nel Lazio è stata fatta “una cosa differente”, perché sono state create le Uscar (Unità speciali di continuità assistenziale regionali), che sono ugualmente utili ma fino a dieci/quindici giorni fa svolgevano un lavoro differente”.

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Le Uscar, ha spiegato ancora Magi, sono nate da un’idea che “avevamo avuto, come Ordine dei medici, per mettere a disposizione della Regione Lazio dei camper, cioé delle unità mobili in azione nelle zone rosse, per fare tamponi alla popolazione delle aree più a rischio. La Regione ha quindi proseguito su questa strada, potenziando le Uscar, le quali sono state destinate all’attività di screening (tra test e tamponi) e a seguire le emergenze nel caso di focolai. Queste unita’ hanno fatto e fanno un ottimo lavoro nel Lazio, ma allo stesso tempo ci sono anche le Usca, che di fatto non sono però state costituite, tanto è vero che le Usca dovevano seguire i pazienti Covid a domicilio quando il medico di famiglia non poteva andare. Le Usca sarebbero poi dovute andare “presso le Rsa, presso i Covid hotel, per esempio- ha aggiunto Magi- e negli ultimi giorni stanno iniziando a fare anche questo tipo di attività”. Il problema, secondo il presidente dell’Ordine dei medici di Roma, allora, è “più che altro di natura amministrativa, nel senso che all’interno delle Uscar non dovrebbero esserci medici di famiglia mentre ci sono, tanto e’ vero che il coordinatore e’ un medico di famiglia”.

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