Genzano, l’IC Garibaldi a prova di DAD. La relazione finale dell’anno 2019-2020. Una seria riflessione sulla didattica a distanza

Pubblicato: Giovedì, 04 Giugno 2020 - redazione attualità

GENZANO (attualità) – Le critiche e l’analisi di un anno molto faticoso che si avvia alla conclusione

ilmamilio.it

Gisella Bonsanti ed Enza Giannandrea (F.S PTOF IC G. GARIBALDI a.s. 2019/2020) hanno relazionato i colleghi su questo difficile anno scolastico, contraddistinto da marzo in poi dalla emergenza Covid e della didattica a distanza.

“Se all’epoca di Garibaldi – scrivono le docenti - l’emergenza storica era liberare l’Italia dallo straniero, la situazione storica del momento a noi ha imposto invece di fronteggiare un nemico invisibile, imponendo alle scuole di ripensarsi presto e subito per non “morire”. Come dire “the show must go on” e da buoni “garibadini” la comunità del nostro Istituto ha riorganizzato la propria didattica in tempi brevissimi tentando di: mantenere viva la comunità di classe; non interrompere il percorso di apprendimento del discente”.

Il docente è sbarcato nelle case dei suoi studenti tramite piattaforme, app, email e chat e il dialogo educativo è, in qualche modo, proseguito. “Ma quanto e come - si domandano - il docente è realmente riuscito ad essere percepito come “capitano” della nave? Gli studenti –tutti intendiamo piccoli e grandi- sono riusciti a remare all’unisono con il proprio capitano?”

“Ecco – affermano - ciò che a prima vista ci sembrava una sfida meravigliosa degna dei più talentuosi supereroi, comincia a mostrare le prime ombre… i giovani studenti dell’infanzia, non condividendo lo spazio fisico dell’imbarcazione con il proprio capitano, non ricevendo informazioni, regole e conforto dal corpo vivo e presente della propria maestra, che scandisce i vari momenti della routine quotidiana, che non giocano, ridono o piangono insieme ai propri compagni di classe soffrono delle “ristrettezze” della nuova imbarcazione. L’emergenza si affronta anche con i più piccoli, ma la DAD applicata alla scuola dell’Infanzia, ci mette di fronte ad una consapevolezza che avevamo già prima della chiusura delle scuole: la necessità dell’uso e dell’espressività del corpo non solo in simultanea, ma in presenza. Lo stesso capitano, partito dal porto con le più buone intenzioni e le più alte ambizioni, deve fermarsi e capire se parole, gesti e sguardi riescano ad agganciare la propria ciurma di giovanissimi. A volte si sente quasi amareggiato, scoprendo che ciò che ha detto e/o fatto è caduto quasi nel vuoto. La ciurma è stata aiutata dalle ciambelle gettate dalle famiglie (tutte le famiglie hanno tempo per gettare “ciambelle di salvataggio” in mare?) è rimasta a galla, ma non ha imparato ancora a nuotare da sola, perché il capitano era troppo “lontano””.

Le docenti proseguono: “Per l’Infanzia la DAD rimane un progetto su carta, perché in generale la DAD è effettiva, cioè si traduce in azione didattico-educativa efficace solo se sussistono queste premesse: autonomia, autogestione, concentrazione, medio-alto livello di destrezza nell’uso della strumentazione tecnologica da parte dei discenti. Gli studenti 3/5 anni fisiologicamente hanno altri strumenti in mano a quell’età per costruire il proprio apprendimento, e il corpo dell’insegnante in presenza e l’interazione tra pari altrettanto indispensabile a quell’età, non sono sostituibili da nessun genitore, neanche da quello di buona volontà”.

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La riflessione prosegue: “Per la scuola primaria, soprattutto dalla classe terza fino alla quinta, la DAD ha dapprima forse spaventato, poi gradualmente ha cominciato ad essere percepita come un’opportunità per sperimentare per la prima volta quanto “si è grandi”. Allo studente è stato richiesto di gestirsi in maniera più autonoma, e per farlo ha avuto bisogno di acquisire nuove abilità –soprattutto in ambito digitale-. Sente di essere diventato “grande” solo mettendo in campo, anzi sperimentando in “mare aperto”, le proprie competenze trasversali, che gli garantiscono di proseguire il viaggio senza disperdersi in mare. Il marinaio-studente ricorda le indicazioni della “rotta” impartitagli dal proprio capitano docente ed è stato costretto, sempre più spesso, a navigare a vista, in mare aperto e talvolta in solitaria per tragitti più o meno lunghi. E’ stato chiamato a farlo, auspicabilmente, senza aggrapparsi ad alcuna “ciambella” e/o zattera di salvataggio…le famiglie, in taluni casi, nella loro opera di “primo soccorso” si sono sostituiti, chi più chi meno, ai propri figli, disorientando di fatto il docente, e privando il proprio figlio dell’opportunità di imparare, anche e soprattutto attraverso il suo eventuale errore di rotta. Soltanto attraverso quell’errore il docente avrebbe potuto ri-orientare il marinaio disperso per un attimo in mare e accompagnarlo fino a riva. Laddove invece la famiglia si è adoperata verso un “supporto” a latere discreto ed intelligente (operando come assistenti del capitano), la DAD è risultata un’incredibile opportunità di crescita per tutti: studenti, docenti e famiglie, i cui effetti benefici emergeranno dalle acque torpide del momento burrascoso non appena la nave compierà il suo “giro di boa” nel medio-lungo termine”.

Nella scuola secondaria di secondo grado la nuova modalità a distanza – spiegano ancora - ha senz’altro favorito, se non accelerato, i processi di autonomia e responsabilizzazione richiesti allo studente tra gli 11 e i 13/14 anni. Il discente ha dovuto imparare in un breve lasso di tempo a orientarsi nel mare magnum di input “lanciati” a distanza, che vanno ricevuti, e riordinati in maniera alternativa senza la guida e i continui solleciti dell’adulto. Lo studente ha dovuto navigare con e senza il capitano che tiene la barra del timone della nave in ogni istante. Ha dovuto trovare strategie di sopravvivenza, e padroneggiare lo strumento informatico è stato da marzo a giugno il primo traguardo per garantirsi tale sopravvivenza.

La DAD- proseguono nel loro ragionamento - ha forse dato più valore, intendiamo valore “tangibile”, a quella che è la certificazione delle competenze che il corpo docente è chiamato a compilare alla fine del viaggio triennale dello studente; la situazione del tutto eccezionale ha fatto emergere quanto e come lo studente abbia messo in campo le proprie capacità di resilienza, costruendo un apprendimento formale, non formale ed informale, squisitamente personale. Il docente a distanza ha, di converso, messo a punto le proprie strategie di “facilitatore” di spazi di apprendimento virtuali, utilizzando strumenti e metodi alternativi e ripensando alcuni suoi processi, dalla didattica alla valutazione, secondo nuovi paradigmi.

“Il viaggio è stato lungo, talvolta lunghissimo – ribadiscono - molto faticoso aggirare gli ostacoli frapposti dalle famiglie tra docenti e alunni che hanno talvolta organizzato il viaggio e remato al posto dei propri figli solo perché hanno percepito, per puro fraintendimento, di essere anche loro i marinai dell’imbarcazione chiamata DAD; talvolta si è verificata la situazione anch’essa poco utile e/o costruttiva per la scuola che gli studenti abbiano utilizzato la tecnologia, nelle sue presunte e/o vere disfunzioni – audio e video difettosi oppure scarsa connettività- e nelle sue funzionalità –copia-incolla facile e veloce- come mere giustificazioni per “accorciare” il viaggio e la fatica che esso comporta.

“Anche queste situazioni imbarazzanti – concludono - ci hanno ricordato in cosa consiste la vera scuola: partecipazione, impegno, costanza, creatività, divertimento e tanta soddisfazione per

sentire di avere in mano qualcosa di veramente e solo tuo: la tua personale conoscenza che hai costruito insieme al tuo capitano oppure che non hai potuto costruire, come avresti voluto, perché è necessaria la prossimità del tuo maestro”.