Pregiudizi e sterotipi: così il razzismo si fa naturale

Pubblicato: Lunedì, 11 Settembre 2017 - redazione attualità

razzismoCIAMPINO (psicologia) - I casi di cronaca degli ultimi giorni tengono alta l'allerta proprio su questo delicato fronte

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Nel 2017 ci troviamo ancora a dover combattere con episodi di ostentazione di ‘colpa per etnia’, asprimento dell’opinione pubblica non tanto per il reato perseguibile per legge, ma per le ‘caratteristiche fenotipiche del colpevole’, come se a seconda del colore della pelle del carnefice, il ‘delitto verso l’umanità’ fosse più o meno grave; oggi parlerò di razzismo.

Esistono molte forme di razzismo. Esiste quello spicciolo: “ahh quello è rom, attento alla borsa”, esiste quello ‘scientifico’: “è cinese, ce l’ha sicuramente piccolo”, poi esiste una forma di razzismo molto più pericoloso delle precedenti: quello della giustizia.

Un branco di africani stupra una donna e i social si riempiono di offese, calunnie, aberrazioni intellettuali verso tutto il popolo Africano.

Due carabinieri italiani stuprano due studentesse e le aberrazioni intellettuali stavolta si riversano nel versante opposto affibbiando alle povere vittime la colpa.

Si crea così un olocausto mentale, un ingiustizia Kafkiana, una macchia nera ai diritti umani: non si è più puniti per il reato, non si è più giudicati per l’efferatezza e la violenza, si è giudicati per la provenienza geografica.

Perché l’essere umano è razzista?

Nell'ambito della psicologia sociale due forme di ragionamento si ritrovano nel fenomeno del razzismo: il pregiudizio e lo stereotipo. Nonostante l'accezione negativa, entrambi questi meccanismi operano quotidianamente perché permettono di accelerare i nostri ragionamenti favorendo il risparmio cognitivo. Ebbene si, questi principi di funzionamento ci facilitano la vita, la rendono meno dispendiosa in termini di energia, ci salvano dallo sforzo di dover giudicare in maniera oggettiva, puntuale e sistematica ogni singolo evento che ci si presenta.

Il pregiudizio è stato definito come un'opinione preconcetta che non si basa su esperienza diretta riferita a una persona, un gruppo o un fatto. Una semplice conoscenza scorretta diventa pregiudizio quando non cambia a fronte di nuovi dati. Per farvela più semplice: sento sempre dire in TV che gli Arabi sono terroristi e anche se non ho mai conosciuto un Arabo, penso siano davvero tutti terroristi.

Gli stereotipi sono delle descrizioni generalizzate di gruppi di persone che si basano su alcune caratteristiche salienti, positive o negative. A questi gruppi riconoscibili per caratteristiche fisiche, sociali e d'altro tipo, vengono associati valori, motivazioni e comportamenti in modo così netto che poi diventa impossibile considerare la singola persona nella sua unicità. Ho incontrato una persona di colore che puzza, ecco che tutti i neri puzzano.

Uno dei problemi fondamentali dello stereotipo è che, come il pregiudizio, si modifica con molta difficoltà. Sono infatti fenomeni che si autoalimentano. Un esempio potrebbe essere questo: se pensiamo che una persona sia fredda e antipatica, ci relazioniamo con lei a nostra volta in modo freddo e distanziante, il nostro interlocutore sarà portato a comportarsi di conseguenza avvalorando la nostra previsione, ci ritroveremo così a dire “ vedi? È proprio come me lo aspettavo”. In gergo psicologico questo fenomeno si chiama ‘profezia che si autoavvera’.ioLeggo1

Un recente studio neuroscientifico guidato da Alessio Avenanti, afferente al dipartimento di Psicologia dell'Università di Bologna, ha utilizzato la tecnica della stimolazione magnetica transcranica per verificare la relazione tra razzismo e empatia. Nello specifico l'ipotesi è che la percezione del dolore di un membro esterno al gruppo venga percepita solo debolmente. Il campione è costituito da 20 italiani bianchi e 20 africani residenti in Italia. Ai soggetti veniva mostrata una mano che conficcata da un ago: le mani erano bianche, nere o viola. Il circuito del dolore veniva attivato quando il colore della mano osservata corrispondeva a quella dello spettatore e anche nel caso della mano viola. Quando la mano era di un'etnia differente i circuiti neurali non rispondevano. Secondo i ricercatori questa è la prova che apprendimenti e convinzioni di tipo culturale sono in grado di influenzare il funzionamento dei circuiti neurali. In questo caso credenze 'razziste' in fluiscono sulla capacità di provare empatia.

Avete capito cosa ho detto? Ho detto che se sono bianco e vedo un nero che muore agonizzante per strada non provo empatia.

Questo studio è terrorizzante. Eppure funzioniamo così.

Il razzismo è un fenomeno naturale e tutti siamo razzisti verso qualcun altro, verso le bionde, verso i grassi, verso i bassi, verso gli alti, verso i neri o verso i bianchi, tutti potremmo essere ‘l’altro’ discriminato.

A cura di: Dottoressa Zucchini Giulia

Zucchini Giulia Psicologa & neuropsicologa

Contatti: 339 7256831

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