Frascati, a Villa Sora un dibattito sulla complessità del lavoro 4.0

Pubblicato: Lunedì, 23 Aprile 2018 - redazione attualità

villa soraFRASCATI (attualità) - Presso l'istituto salesiano far comunicare le specializzazioni per guidare il futuro

ilmamilio.it

Venerdì scorso si è tenuto a Villa Sora l'incontro "Giovani, lavoro e orientamento nell'era 4.0" del ciclo "i tanti volti dell'umano". L'interessante conversazione tra Maurizio Carucci di Avvenire e il pubblico è partito da un dato: il 65% dei bambini che sono alla primaria, “da grande” farà un lavoro che oggi non solo non esiste ma che nemmeno sappiamo immaginare.

I docenti di Villa Sora presenti al dibattito hanno introdotto il tema della "complessità" sociale, lo sfondo concettuale per capire come deve iniziare nel 2018 un dibattito sul lavoro e l'orientamento. Viviamo in un mondo simile ad un organismo in espansione e in costante evoluzione. In questo sistema sono molteplici i livelli di connessione tra le parti, proprio come in un organismo biologico. Rivoluzione digitale, web e comunicazione aggiungono a questa realtà una velocità inedita.

Il lavoro è parte di questa complessità sociale e culturale e cambia quindi il modo con cui deve essere pensato. L'era 4.0 in cui viviamo è quella in cui internet "comanda" le cose, i processi di produzione che sono sempre più personalizzati e insieme "di massa". La robotica è al centro e le professioni cambiano, scompaiono quelle a bassa specializzazione ma crescono i mestieri "intelligenti e creativi". Occorre gestire la transizione per non far pagare il prezzo della svolta a determinate categorie sociali come operai o borghesi che scivolano verso occupazioni a bassa remunerazione. Il rischio disoccupazione da robot c'è, ma ogni svolta è sempre una opportunità. In Giappone all'industria 4.0 viene contrapposto già un modello sociale 5.0 nel quale l'industria "connessa" crea giustizia sociale non solo profitto. L'idea è mettere insieme industria e servizi e agevolare l'ingresso del mondo del lavoro anche per chi è in pensione attraverso lo "Smart working". 

La tecnologia è opportunità solo se non ci si fa guidare da essa o peggio solo dal profitto. Qui la politica è importante e se nel breve periodo deve gestire la "terra di mezzo" tra imprese e formazione, con la convinzione che il divario delle competenze digitali deve essere colmato, nel lungo periodo deve riuscire a prevedere e anticipare il cambiamento sociale che va sempre più verso una ibridazione tra umano e tecnologico. Il dibattito a Villa Sora è arrivato al punto cruciale grazie all'intervento dei ragazzi. In questo scenario ipertecnologico in cui le competenze e le conoscenze diventano rapidamente obsolete, su cosa devono puntare i giovani per la loro formazione? Può sembrare una dimensione scollegata con il tema pratico del lavoro, ma la risposta è:  scoprire e vivere le loro passioni. Non interessi, ma proprio le passioni, ciò che scalda il cuore, ciò che quando lavori anche fino a tardi ti fa vivere bene e quasi non sentire la stanchezza. Occorre avere il coraggio di andare oltre quella visione ingannevole che ci spinge a dover trovare sempre l’utilità in tutto ciò che facciamo, anche in ciò che riguarda la nostra crescita e maturazione intellettuale e personale. Le passioni vanno appunto scoperte, stimolate, suscitate e fatte emergere con un percorso educativo che deve iniziare fin dai primi anni di scuola, che sappia tenere insieme ragione e immaginazione, pensiero ed emozioni, spesso rimosse dai percorsi educativi e formativi. 

petra febb2018

Il grande equivoco della civiltà ipertecnologica è quello che siano necessarie un'educazione e formazione solo tecnica, proprio il contrario di ciò di cui avremo bisogno. Non possiamo permetterci più di formare solo tecnici, spiega il prof. Piero Dominici dell'Università di Perugia e revisore del MIUR. Il futuro del lavoro è nello spazio in cui comunicheranno le specializzazioni e i saperi, le conoscenze e le competenze. È lì che nasce il nuovo.  Occorre scegliere percorsi adeguati che insegnino ad abitare l’attuale e futura complessità, quelli che formeranno, a tutti i livelli, menti critiche ed elastiche, figure ibride, aperte alle contaminazioni fra i saperi e le competenze. Figure e profili sempre in grado di vedere i confini e i limiti, qualunque ne sia la natura, come opportunità di crescere e sperimentare. Le organizzazioni in cui vanno e andranno a lavorare i giovani sono sistemi sociali, noi li dobbiamo educare, formare e aggiornare a questo, a gestire questa complessità che non è mai prevedibile fino in fondo. A livello di discorso pubblico, si continua invece a parlare di quanto servano (soltanto) ingegneri, laureati in scienze esatte, certe figure e non altre, si sta ancora ragionando sulle “due culture”, sulla falsa dicotomia tra formazione umanistica e formazione scientifica, competenze e conoscenze. Su quest'ultimo punto, proprio nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno deciso di fare un passo indietro e colmare il vuoto delle conoscenze nei loro percorsi formativi.

Il nuovo nasce dal sapere non solo da una competenza, solo una sfondo culturale può far emergere l'idea di una start up che potrà cambiare le cose. Abitare l’ipercomplessità non è soltanto saper gestire o controllare le tecnologie, sfruttandone al massimo le potenzialità: c’è molto di più. Saper mantenere la prospettiva sui sistemi e sull'insieme affinché la tecnologia non resti una opportunità per pochi è il monito che educazione e politica dovrebbero ascoltare. A Villa Sora si è riflettuto ancora una volta sul futuro che ci attende, per viverlo senza paura.