L’inattualità apparente di Albert Schweitzer, figlio della terra e medico dei poveri - VIDEO

Pubblicato: Lunedì, 04 Settembre 2017 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – 4 settembre 1965: muore il medico che portò in Africa una speranza. Una figura da riconsiderare nell’epoca dei conflitti, del terrorismo e dei test nucleari

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La musica, i poveri, l’impegno per una nuova convivenza nel mondo. Albert Schweitzer è una figura oggi fuori moda, o quanto meno possiamo dire poco menzionata. Fuori moda, ma non inattuale. Sottile differenza. Perché le anime che puntano all’armonia con gli altri e l’ambiente aiutano continuamente la vita anche se rimangono sullo sfondo, oscurate dal chiasso, dal rumore o dalla dimenticanza.

Famoso organista di talento, la musica impegnò Albert non poco tempo della sua vita. L’amore per la musica di J.S.Bach, compositore della "Passione secondo San Matteo", illuminò la sua esistenza. Dedicò infatti al musicista di fama mondiale molte pagine, improntate soprattutto sul linguaggio musicale, il simbolismo e l’opera di un artista che ispirerà progressivamente lo studioso alla ricerca del ‘Gesù storico’ e a farsi, strada facendo, intelligente e lungimirante osservatore della crisi della società contemporanea. 

Schweitzer, noto medico, insignito in seguito del Premio Nobel per la pace per la sua attività di chirurgo missionario nell’ospedale Lambaréné in Gabon, consacrò la propria esistenza ai poveri, includendo anche una notevole attenzione ai diritti degli animali, e in questo senso fu un assoluto anticipatore dei tempi moderni.

Il suo obiettivo non si limitò alla mera analisi del declino spirituale della sua epoca, ma si concentrò anche nell’offrire delle soluzioni in grado di contrastare lo smarrimento già in atto dell’uomo del Novecento, occupato dal lavoro, dalla produzione, e indotto così a preferire sempre di più lo svago e la superficialità per non far affaticare la propria mente, ormai alienata. “Quando lo spirito della superficialità è penetrato nelle istituzioni che dovrebbero sorreggere la vita spirituale – scrive - queste agiscono sulla società e la portano a uno stato di vuoto mentale”. In tutto ciò, attenzione, non vi alcun rifiuto del progresso, ma piuttosto alla comprensione di esso per affiancarlo ad un rinnovamento spirituale che affermi il principio del rispetto per la vita, in ogni sua forma.

LA MUSICA, LA MEDICINA, LA MISSIONE - Nato il 14 gennaio 1875 a Kaysersberg, in Alsazia, Schweitzer, a causa di alcuni problemi di apprendimento, aveva imparato a leggere e a scrivere in ritardo, ma al tempo stesso aveva esternato un grande interesse e talento per la musica, tanto che a soli cinque anni è già in grado di suonare il clavicembalo. Dopo il servizio militare, si laurea in Filosofia e Teologia a venticinque anni. Cinque anni dopo, avverte il sentimento di aiutare gli indigenti e, dopo essere venuto a conoscenza di una società missionaria parigina che si occupa di missioni in Gabon, decide di iscriversi in Medicina. Consegue la specializzazione in malattie tropicali e nonostante sia direttore del seminario di St. Thomas e percepisca un lauto stipendio, abbandona tutto per cercare di migliorare le condizioni di salute dei dimenticati.

Insieme alla moglie, l’infermiera Helénè Breslau, si stabilisce a Lambarènè, nell'Africa equatoriale francese. I coniugi cominciano a lavorare in un pollaio, trasformato per l’occasione in un ambulatorio. Intorno ci costruiscono le piccole capanne di bambù adibite al ricovero degli ammalati. In breve tempo Albert diventa il “dottore bianco” (anche per via degli indumenti). Viene pagato in natura: pollame, capre, maiali. Lui, vegetariano, distribuisce la retribuzione a chi più ne ha necessità.

LA GUERRA E LA PRIGIONIA - Sono anni complicati, difficili, in cui i coniugi devono sfidare inizialmente la normale diffidenza e poi le difficili condizioni ambientali e di vita. Nel 1914 Hélène e Albert vengono posti agli arresti domiciliari a causa della loro nazionalità tedesca. Siamo all’inizio della Prima Guerra Mondiale e la loro identità di prigionieri di guerra, e cittadini tedeschi che lavorano in territorio francese, è particolare. Hanno infatti il permesso di restare a casa, ma non possono accogliere più i malati. Più tardi sono addirittura espulsi dall'Africa e spediti in un campo di lavoro nel sud della Francia. Schweitzer, in particolar modo, è accusato di essere una spia tedesca, tanto che, secondo informazioni dei servizi segreti, il Kaiser avrebbe avuto intenzione di nominarlo governatore dell'Africa equatoriale. Una storia che lo avrebbe inseguito per il tutto il resto della sua vita.

Durante la prigionia Helene ed Albert contraggono la dissenteria e la tubercolosi. La moglie, in particolare, vide così aggravarsi le sue condizioni di salute. Nei primi anni venti il ricordo dell’esperienza africana sembrò dunque scomparire per tutta una serie di circostanze. Tuttavia Albert iniziò al tempo stesso a recuperare fiducia sulle sue energie: trovò impiego come assistente medico presso l'ospedale di Strasburgo, diventò pastore della chiesa di San Nicola, riprese i concerti d'organo, gli venne riconosciuta la laurea Honoris causa dall'Università di Zurigo. Una serie di conferenze gli permisero infine di raccogliere nuovi fondi da inviare a Lambaréné per le spese di mantenimento dell'ospedale negli anni di guerra.

RITORNO IN AFRICA, NAZISMO, TESTAMENTO SPIRITUALE - Nel febbraio 1924 Albert lasciò Strasburgo per raggiungere di nuovo la sua missione. Dell'ospedale era rimasta solo una baracca. Tutte le altre costruzioni erano crollate con il passare degli anni. Il progetto riprese vita e nel 1925 l'ospedale poté già accogliere 150 malati. Nel gennaio del 1927, a causa di una epidemia, gli ammalati furono trasferiti nel nuovo complesso. E’ l’inizio di una nuova avventura.

La missione di Schweitzer si fa strada e diventa popolare in tutto il mondo. Timido e introverso mostra di non amare la sua notorietà, non si tira indietro, però, quando si oppone al nazismo, vanificando ogni opportunità di tornare in Germania. Poi il dopoguerra e gli anni di una intensa opera umanitaria che nel 1952 lo porta alla massima attribuzione: il premio Nobel per la pace. Durante la solenne cerimonia in suo onore, lancia un appello volto ad indirizzare il mondo verso la solidarietà. Usa poi il denaro del premio per poter terminare i lavori della costruzione del “Il Villaggio della Luce“ per i lebbrosi, inaugurato nel 1954. Si dedicò in quel tempo anche per combattere la minaccia atomica, facendo numerosi appelli agi Usa e all’Urss per evitare una potenziale catastrofe. Schweitzer fu, anche per queste motivazioni, un esempio di tolleranza e amore verso il prossimo.

La morte della moglie, avvenuta nel 1957, lo segnò profondamente. Albert, dopo altri anni di impegno e lavoro, si spense nella sua capanna la notte del 4 settembre del 1965. Migliaia di canoe attraversarono il fiume per portare l'ultimo saluto al loro benefattore, che sarà seppellito presso l'ansa del fiume. Un uomo avanti, persino inattuale a vederlo con gli occhi del nostro mondo. In realtà la difficoltà del suo pensiero è solo apparente. Perché quei valori incarnati dal suo agire sono ancora di straordinaria forza, proprio mentre il mondo si rovescia e sempre non seguire l’etica della pace e della condivisione, della salute e del progresso economico per ogni continente e nazione.

“Nostro dovere – scrisse in un lucido passaggio - è prendere parte alla vita e averne cura. Il rispetto reverenziale per tutte le forme di vita rappresenta il comandamento più importante nella sua forma più elementare. Ovvero, espresso in termini negativi: "Non uccidere". Prendiamo così alla leggera questo divieto che ci troviamo a cogliere un fiore senza pensarci, a pestare un povero insetto senza pensarci, senza pensare, orribilmente ciechi, non sapendo che ogni cosa si prende le proprie rivincite, non preoccupandoci della sofferenza del nostro prossimo, che sacrifichiamo ai nostri meschini obiettivi terreni”.

Le parole di chi sfida le tenebre facendosi strada, con un’umile torcia tra le mani, per segnare una nuova strada da percorrere.