Enrico Mattei, la visione di un’altra Italia e quel giorno a Bascapè

Pubblicato: Sabato, 27 Ottobre 2018 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Il 27 ottobre del 1962 muore in un incidente aereo il fondatore dell'Eni. In molti sono convinti ormai che fu un attentato

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Enrico Mattei era un uomo potente e con molti nemici. Per questo, quando il suo aereo precipitò a Bascapè, in provincia di Pavia, si fece gradualmente avanti l’ipotesi dell'attentato.

Imprenditore, politico, dirigente pubblico, editore. Enrico Mattei non fu mai uno ''stinco di santo'', come si usa dire in gergo popolare, ma fu capace di miracoli economici. Se l'Italia oggi è una nazione avanzata, è anche merito di questo signore coraggioso che usava i ''partiti come taxi'' (le parole sono sue) pur di portare avanti i suoi interessi, che in questo caso però erano anche nazionali.

Nell'immediato dopoguerra lo incaricarono di smantellare e liquidare l'Agenzia Generale Italiana Petroli (Agip), creata nel 1926. Invece di svolgere da burocrate il suo compito, l’ex partigiano di ispirazione cattolica convocò l'ingegnere Carlo Zanmatti, suo predecessore e allontanato per i suoi trascorsi nella Repubblica Sociale Italiana. Zanmatti gli riferì che nel 1944, prima dell'arrivo degli americani, c'erano stati promettenti ritrovamenti nella Valle Padana, a Caviaga. Mattei gli diede ordine di riprendere i lavori, contravvenendo alle direttive prestabilite. Nel marzo del 1946 il pozzo 2 si riempì di bolle: ne uscì metano a 150 atmosfere. Non era il tanto ricercato e vociferato petrolio, ma la scoperta fu ugualmente importante, fondamentale, ed anche se non presentò immediate prospettive di mercato si trasformò in un veicolo di sviluppo.

Mattei realizzò, con rara rapidità, la costruzione di una rete di metanodotti nella pianura del Po capace di approvvigionare i forni industriali delle più grosse imprese lombarde. E' a quel punto che si accese la battaglia fra privatizzatori e "statalisti". Il 13 giugno del 1949, durante la visita del ministro Vanoni a Cortemaggiore, sgorgò il petrolio greggio che si aspettava da tanto tempo. Da questo momento in poi iniziò un'avventura che al tempo stesso sapeva di rivalsa, un percorso che nel 1953 culminò con la nascita dell''ENI, di cui l'Agip fece da struttura portante.

Mattei avviò quindi un nuovo impulso con le perforazioni petrolifere nella Pianura Padana, la costruzione di una rete di gasdotti per lo sfruttamento del metano, aprendo persino la prospettiva all'energia nucleare.

Un cane a sei zampe, il marchio dell'Eni, diventò sinonimo di modernità e progresso. Creato nel 1952 in occasione di un apposito concorso, da Luigi Broggini e rifinito da Giuseppe Guzzi, aveva un significato preciso: le sei zampe del cane simboleggiavano infatti le quattro ruote dell'automobile e le due gambe quelle del guidatore. L’incontro tra la tradizione, l’umano, il meccanico e il moderno.

Era un visionario, Mattei, un uomo che parlava con il potere senza rimanerne impelagato. Combattivo, scaltro, si fece molti avversari in poco tempo, ma allo stesso tempo diversi alleati. Fondò un quotidiano, ''Il Giorno'', che Tiziano Terzani etichettò come ''il giornale più indipendente che ci fosse in Italia''.

Sotto la presidenza Mattei, l'ENI si pose come mediatore nelle concessioni petrolifere in Medio Oriente e architettò le basi per un accordo commerciale con l'Unione Sovietica, fatto che suscitò all'epoca scalpore tra i suoi amici democristiani e che trovò invece un valido alleato in Luigi Longo, futuro segretario del Pci. L'imprenditore, così facendo, ruppe di fatto, grazie a queste iniziative, lo strapotere delle 'Sette sorelle', le compagnie che allora dominavano l'industria petrolifera mondiale: erano la Standard Oil of New Jersey, la Royal Dutch Shell, la Anglo-Persian Oil Company, la Standard Oil of New York, la Texaco, la Standard Oil of California (Socal), la Gulf Oil.

Introdusse inoltre un principio fondamentale: dare il 75% dei profitti derivanti dallo sfruttamento dei giacimenti ai paesi proprietari. Una provocazione e allo stesso modo un grimaldello per collaborare con il complesso rebus dei governi del mondo arabo e del medio-oriente. A Vittorio Valletta, storico dirigente della Fiat, disse: “Se in questo paese sappiamo fare le automobili, dobbiamo saper fare anche la benzina”.

Fu così protagonista di una rincorsa incredibile, dell'impetuoso scatto di reni che l'Italia di quegli anni impose all'Europa attraverso il coraggio, la voglia di rialzarsi dalla macerie con l'intelligenza di molti uomini illuminati e di milioni di lavoratori capaci di creare dal fango una potenza industriale.

Morì il 27 ottobre del 1962 in un misterioso incidente a Bascapè. Nel 2005 è stata stabilita la natura dolosa dell'accaduto. Sul mezzo che lo trasportava vennero infatti ritrovati segni di esplosione, così come sull'anello e sull'orologio di Mattei. Con il tempo, inoltre, sono emerse alcune testimonianze, all'epoca evitate o ignorate, di persone che avevano visto esplodere in volo l'aereo. Schegge metalliche e tracce di deflagrazione furono rinvenute, dopo la riesumazione del 1995, sul corpo delle vittime, ma anche in un pezzo dell'aereo conservato da un dipendente ENI. Sono le prove che oggi tendono a far considerare l'incidente di Bascapè, avvenuto in una notte di tempesta, un omicidio premeditato e attuato con una carica esplosiva nell'abitacolo. Da chi? Perché? Ipotesi ne sono state fatte tante, compresa quella del complotto internazionale eseguito da manovalanza mafiosa.

Nel 2015 fu Licio Gelli a sostenere che il velivolo di Mattei fosse stato sostituito con uno identico, con a bordo una carica di esplosivo. Nel 2017 il magistrato Vincenzo Calia, sostituto procuratore di Pavia che riaprì le indagini nel 1994, ha scritto un libro con delle conclusioni: l'aereo di Mattei sarebbe stato sabotato la sera precedente con una piccola carica di esplosivo mentre era parcheggiato nell'aeroporto di Fontanarossa (Catania).

Quel giorno di ottobre del 1962 l'Italia perse un imprenditore di tutto rispetto che aveva concentrato tutta la sua vita sulla costruzione di progetti che hanno fatto la storia della nostra penisola, dando origine ad orizzonti economici insperati. Mattei ha rappresentato l'intuizione, la sensibilità, la concretezza, la capacità di guardare oltre le proprie possibilità, anche rischiando in prima persona. Ha trasformato un’azienda in fallimento in un impero. Ciò che basta a considerarlo, piaccia o no, tra i grandi del Novecento italiano.

E’ stato comunque il promotore di un sogno che sperimentava ogni possibilità per far uscire la nostra comunità nazionale dal suo ruolo marginale. Grazie a lui, o a persone come Adriano Olivetti (Leggi: Adriano Olivetti, l’imprenditore che mirava prima al riscatto degli uomini), solo per citare due casi (diversi per la visione dell'imprenditorialità che avevano), l'Italia ha spalancato nuove ipotesi per l'avvenire del mondo.

''L'ingegno – diceva - è vedere possibilità dove gli altri non ne vedono''. Lezione sempre di riferimento per qualsiasi sfida.