5 gennaio 1964: quell’abbraccio tra Paolo VI e Atenagora che cambiò la storia

Pubblicato: Domenica, 05 Gennaio 2020 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI – L’episodio di svolta dei rapporti ecumenici tra cattolici e ortodossi. La fine delle scomuniche del 1054

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Un abbraccio. La storia di una divisione plurisecolare che si rompe e si scioglie nel sorriso e in momento di tenerezza.

Il 5 gennaio ricorre l’anniversario dello storico incontro tra papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora, avvenuto nel 1964 a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi. Le due guide spirituali tolsero insieme le scomuniche che gravavano sulle loro rispettive Chiese sin dal grande scisma del 1054. Un segno del sacro, l’immagine del cambiamento e del nuovo corso nelle relazioni ecumeniche tra cattolici e ortodossi. Il ritorno di Pietro e di Andrea, uniti.

Papa Montini, eletto al soglio di Pietro il 21 giugno 1963, aveva preso già dal settembre dello stesso anno, la decisione di recarsi in Terra santa. Concludendo i lavori della seconda sessione del Concilio Vaticano II, il 4 dicembre 1963, aveva annunciato il viaggio: “Tanto è viva in noi la convinzione che per la felice conclusione del Concilio – disse - occorre intensificare preghiere ed opere, che abbiamo deliberato, dopo matura riflessione e non poca preghiera, di farci noi stessi pellegrini alla terra di Gesù nostro Signore. Vedremo quella terra veneranda di dove san Pietro è partito e nella quale nessun suo successore è mai tornato. Ma noi umilissimamente e per brevissimo tempo vi ritorneremo in spirito di devota preghiera, di rinnovamento spirituale, per offrire a Cristo la sua Chiesa; per richiamare ad essa, una e santa, i Fratelli separati; per implorare la divina misericordia in favore della pace».

Ad accogliere il Papa al suo arrivo in Giordania fu re Hussein, assieme alle delegazioni delle Chiese locali. Da lì il Pontefice seguì l’itinerario che lo portò a pregare sul luogo del Battesimo di Gesù, a Betania, a Gerusalemme, a Nazareth, al Monte delle Beatitudini, a Betlemme. In mezzo a questo pellegrinaggio, lo storico incontro in cui Atenagora, rivolgendosi al Papa, lo salutò chiamandolo «Santissimo Fratello in Cristo». 45 minuti che lasciarono tracce indelebili nella storia delle relazioni ecumeniche.

Nella Dichiarazione comune, ove si sancì la reciproca decisione di togliere dalla memoria della Chiesa le sentenze di scomunica, si leggeva: “Il papa Paolo VI e il patriarca Athénagoras I nel suo sinodo, certi di esprimere il comune desiderio di giustizia ed il sentimento unanime di carità dei loro fedeli e ricordando il precetto del Signore: “Quando presenti la tua offerta all'altare, se là ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all'altare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello” (Mt 5, 23-24), dichiarano di comune accordo: a) dolersi delle parole offensive, dei rimproveri senza fondamento, e dei gesti reprimevoli che, da una parte e dall'altra, hanno segnato o accompagnato i tristi eventi di quell'epoca; b) dolersi ugualmente e togliere dalla memoria e dal mezzo della Chiesa le sentenze di scomunica che ne sono conseguiti, e il cui ricordo costituisce fino ai nostri giorni di ostacolo al riavvicinamento nella carità, e votarle all'oblio; c) deplorare, infine, gli incresciosi precedenti degli ulteriori avvenimenti che, sotto l'influenza di fattori diversi, tra i quali la incomprensione e la diffidenza reciproche, hanno infine condotta alla rottura effettiva della comunione ecclesiale”.

Entrambi, consapevoli che quell’atto non potesse bastare a metter fine alle divergenze, antiche o più recenti, che sussistono tra la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa, si impegnarono alla fattiva volontà di giungere ad una ‘intelligenza e ad una espressione comune della fede apostolica e delle sue esigenze’ in una reciproca sincera volontà di riconciliazione e come un invito a perseguire, in uno spirito di fiducia, di stima, il dialogo che li voleva condurre a vivere nuovamente nella piena comunione di fede, di concordia fraterna e di vita sacramentale che esisteva tra loro nel corso del primo millennio della vita della Chiesa.

Dal 25 al 26 luglio del 1967 Paolo VI volle affrontare un nuovo viaggio apostolico che lo condusse ad Istanbul, Efeso e Smirne. In tale occasione, il giorno 25, a Istanbul, il Pontefice poté rivedere “il fratello” Atenagora nella chiesa patriarcale ortodossa dedicata a San Giorgio. Il 26 ottobre del 1967, poco dopo le ore 9, Aténagora giunse a Roma in aereo dalla Svizzera. Arrivato in Vaticano, si svolse, in San Pietro, una solenne celebrazione di preghiera. Il rito si concluse con due discorsi, con il bacio di pace, e con la benedizione impartita prima da Paolo VI e poi da Athénagoras.

All’ingresso della basilica di San Pietro a Roma, sopra la porta santa, un’iscrizione afferma in greco e in latino: “Per la riconciliazione di piena comunione tra le Chiese ortodossa e cattolica romana, in questa basilica vi fu un incontro di preghiera tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora i il 26 ottobre 1967”. 

Papa Paolo e il Patriarca Atenagora furono due grandi visionari. Le loro iniziative, in un tempo difficile per la fede e per la società, diedero luogo ad una vera rivoluzione, contribuendo ad un salto gigante per la storia della Chiesa e rompendo la divisione tra le due anime sorelle di Roma e di Costantinopoli all’interno dei valori della carità e del dialogo.

Oggi quell’abbraccio ha il significato di una rinascita, ma rimane anche un valore in un tempo in cui le persone e le nazioni sono tentate dall’isolamento e dall’esclusione, peggio ancora dalla guerra o dall’odio. Quell’esempio di un grande Papa e di un grande Patriarca è ancora una luce che può far riflettere il mondo.