STORIE & METALLO - Il plebiscito veneto del 1866: l'Italia vince la Terza guerra d'Indipendenza ed annette il nord-est

Pubblicato: Sabato, 17 Settembre 2022 - Marco Caroni

medaglia plebiscito veneto 1 ilmamilioROMA (storie & metallo) - I territori del nord-est passano dall'Austria ai Savoia al termine di due mesi di battaglie. Per completare l'opera mancano però ancora Trento, Bolzano e Trieste ma soprattutto Roma

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E' un anno importante, il 1866. Lo svedese Alfred Nobel inventa la dinamite (non sa ancora cosa se ne farà in suo nome e del suo nome), negli Stati Uniti viene coniato il primo "nikelino" (5 cent nel "nuovo" metallo), Dostoevskij pubblica "Delitto e castigo", nascono - tra gli altri - il pittore russo Kandinsky e il criminale Butch Cassidy, uno dei più famosi banditi del West.

E' un anno nel quale, succedendo a quanto già visto nei 3 decenni precedenti, gli sconvolgimenti politici in Europa sono importanti e, soprattutto, arrivano a definire una parte rilevante dell'Europa di oggi.

Un anno, il 1866, di guerre e di alleanze ma anche di trattati e di paci strappate.

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L'Europa prima della Guerra austro-prussiana

IL GIOVANE REGNO - L'Italia è un Regno fresco di costituzione. Firenze ne è Capitale da pochi mesi e lo sarà ancora per pochi anni (1871) e Re Vittorio Emanuele II è il primo sovrano italiano. Ma manca ancora un bel po' prima di considerare concluse le manovre per rendere l'Italia quella che è oggi.

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Reduce da due Guerre d'Indipendenza che hanno forgiato, a forza di sangue ed accordi, la primissima versione del Regno Savoia, l'Italia desidera aggiungere ai suoi territori quella parte ancora mancante dell'ex Regno Lombardo-Veneto retto ancora dall'imperatore Francesco Giuseppe e del Friuli ancora nelle mani degli austriaci. A Belluno così come a Pordenone, d'altra parte, a Venezia come a Padova si parla italiano da sempre.

 

LA TERZA GUERRA D'INDIPENDENZA - L'occasione buona arriva all'indomani del patto stipulato con la Prussia di Bismarck, Prussia alla quale ormai la confederazione germanica sta stretta. Quando scoppia la guerra tra Prussia e Austria l'Italia, già vicina alla Francia, attacca a sua volta l'Austria e dà inizio ad una Terza Guerra d'indipendenza durata meno di due mesi all'inizio dell'estate 1866. Gli italiani subiscono gravi sconfitte a Custoza (Verona) e in mare a Lissa (Spalato), ma soprattutto dopo la vittoria prussiana di Sadowa le cose si fanno più semplici ed arrivano, tra le altre, la vittoriosa battaglia di Bezzecca (Trento).

Mentre l'Esercito regio si riorganizza e si spinge verso il successo, i volontari di Giuseppe Garibaldi avanzano spediti in Tirolo, verso Trento. A fermarli è solo l'ordine del generale La Marmora che intima al generale di arrestare l'avanzara. "Ho ricevuto il dispaccio n. 1073. Obbedisco. G. Garibaldi", è la risposta all'ordine di La Marmora.

A conclusione delle operazioni militari, terminate sostanzialmente in agosto, il 3 ottobre 1866 viene firmata la pace di Vienna con la quale, con la mediazione della Francia, l'Austria cede indirettamente - ma sostanzialmente - all'Italia il Veneto e parte del Friuli. Restano escluse dall'accordo Trento, Bolzano e Trieste.

 

IL PLEBISCITO - Nonostante la contrarietà di vari esponenti, anche in Francia, il Re Vittorio Emanuele II decide per il plebiscito chiedendo ai maschi maggiori di 21 anni se vogliano annettersi al Regno d'Italia. Le votazioni si svolgono il 21 e 22 ottobre con esito schiacciante per i "sì". Non esistono schede elettorali: per votare basta esprimere su un foglio bianco il desiderio di aderire al Regno ed imbucarlo nell'urna.

L'esito è schiacciante: il "sì" vince con oltre il 99% dei voti e così pochi giorni dopo, il 7 novembre 1866, Vittorio Emanuele entra trionfalmente a Venezia.

Qualche incertezza sui freddi numeri, ma sull'esito del plebiscito non ci sono né dubbi né ombre: i dati del Tribunale di appello dicono di 647.246 favorevoli e 69 contrari su un numero di votanti di 647.315 aventi diritto.

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La provincia dove si registra maggiore affluenza alle urne (ma sarebbe difficile immaginare che le votazioni si siano svolte come oggi normalmente avviene) è quella di Udine dove votano più di 105mila uomini: i contrari sono 36 (più del 50% del totale), le schede nulle 121. Per rendere bene il sentimento di quei mesi, si consideri a titolo esemplificativo il dato di Verona e Treviso dove a fronte di circa 85mila votanti si registrano in ognuna delle due città venete appena 2 contrari. Incredibile.

 

A questo punto, davvero l'Italia inizia a prendere la sua forma. All'appello mancano solo Trento, l'Alto Adige, residue parti del Friuli e della Venezia Giulia (Trieste compreso) e, ovviamente, mancano ancora Roma e il Lazio.

Nel frattempo, infatti, sin dal 1861 lo Stato Pontificio ha perso le sue legazioni emiliane e romagnole (Bologna, Rimini), ma anche le Marche, l'Umbria ed il reatino ma anche le enclavi di Pontecorvo e, soprattutto, Benevento. Papa Pio IX dal 1861 al 1870 resta Re di uno Stato che grossomodo si può individuare nel Lazio attuale fatta eccezione della parte meridionale della Ciociaria e, come detto, del triangolo reatino.

Roma è la prima a cadere, come tutti sanno il 20 settembre 1870 o giù di lì (LEGGI 20 settembre 1870, la "breccia" di Porta Pia: la presa di Roma, la fine di un Regno e la prima ‘bufala’ dell’Unità italiana): il 3 febbraio 1871 Roma diventa finalmente Capitale del Regno d'Italia.

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Per vedere infine gli altri territori ancora mancanti essere annessi al Regno, bisogna attendere la fine della Prima Guerra mondiale col  trattato di pace di San Germano fra l'Italia e l'Austria il 10 settembre 1919: l'Italia diventa quella che è oggi con, in più, l'intera Istria.

LA MEDAGLIA - Il conio oggi presentato, realizzato con la tecnica della galvanoplastica ("tradito" dalla leggerezza relativa rispetto al grandissimo modulo), è di straordinaria bellezza e freschezza.

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La medaglia in bronzo (realizzata anche la versione in bronzo dorato), come detto, ha un modulo straordinario di 105mm per un peso di 277 grammi. E' considerata rarissima anche se, come spesso in questo settore, la tiratura è sconosciuta.

Al dritto figura Re Vittorio Emanuele II che riceve la figura allegorica di Venezia, accompagnata da fanciullo nudo con bandiera e dal Leone di San Marco: in esergo il risultato numerico del plebiscito.

Al rovescio una lunga iscrizione: "Nel giorno d'oggi scomparve per sempre dalla penisola ogni vestigio di dominazione straniera. L'Italia è fatta se non compiuta. Tocca ora agl'italiani saperla difendere farla prospera e grande. Signori, la corona di ferro venne pure in questo giorno solenne restituita all'Italia: ma a questa corona io antepongo ancora quella a me più cara fatta coll'amore dei popoli".

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Interessante, in chiusura, il riferimento del Re alla corona ferrea, che l'Austria regnante sui territori del Regno Lombardo-Veneto ancora deteneva fino al 1866. La corona, per secoli fu usata per la consacrazione di numerosi sovrani compresi i Re d'Italia (e Napoleone tra questi), venne formalmente riconsegnata al Re Vittorio Emanuele II il 4 novembre 1866 a Torino in concomitanza con la consegna dei risultati del plebiscito delle province venete. La medaglia venne emessa proprio in questa data. Il 6 dicembre la corona venne riconsegnata al Duomo di Monza.