“Cari ristoratori, non ci pagate abbastanza”. La risposta: “Offriamo tutte le tutele, giovani ai Castelli romani non vogliono lavorare duro”
Pubblicato: Martedì, 29 Giugno 2021 - Federico Smacchiilmamilio.it - contenuto esclusivo
Prosegue l’emergenza personale nel settore della ristorazione. Camerieri, baristi, lavapiatti, aiuto cuochi non si trovano più come un tempo e gli annunci di lavoro fioccano senza ricevere risposta. Sulle cause del problema, ai Castelli romani, le parti in gioco hanno visioni diverse e contrastanti. C’è chi grida alla mancanza di tutele, al troppo lavoro nero e sottopagato, chi invece vede nei sussidi statali e nella mancanza di “voglia di lavoro duro” il fattore scatenante di questa crisi. Ma chi ha ragione?
In un intervista rilasciata ad Huffpost Jacopo Ricci, chef a Frascati, afferma che “se non trovi i camerieri è perché non li paghi abbastanza. Io non ho avuto difficoltà a reperire le risorse. Se offri un contratto con tutti i contributi, tredicesima e quattordicesima comprese, non avrai problemi a trovare gente che voglia lavorare per te”.
“Il problema – prosegue più avanti nell’intervista – è che quello che dovrebbe essere scontato viene accolto con sorpresa proprio perché non così comune”. In questo passaggio lo chef si riferisce al comportamento onesto dei titolari di attività, che dovrebbe essere visto come la normalità (offrire un contratto, uno stipendio adeguato ecc.), e invece troppo spesso è considerato cosa rara, quasi eccezionale.
Ma c’è chi non è d’accordo. Barbara Olivieri, titolare di Fire & Ice a Frascati, afferma che “Non è solo una questione di sfruttamento e lavoro nero. C’è sicuramente chi sfrutta i lavoratori, ma di questi tempi non si trova personale a prescindere da quelle tutele che ovviamente vanno garantite. Manca la manovalanza, trovo in un attimo un direttore di sala o uno chef, non trovo un cameriere o un aiuto cuoco”.
“Il reddito di cittadinanza – continua Olivieri – ha creato un popolo di sfaticati. Se sono giovane e percepisco 700 euro al mese senza fare nulla, che incentivo ho a presentarmi in un ristorante, in un bar o in un locale? Offro un contratto full time, tredicesima e quattordicesima, il giovane lo rifiuta perché non vuole lavorare così tanto, preferisce un paio di giorni a settimana quando decide lui. Non funziona così. Le fasce più grandi d’età poi, vedono il settore della ristorazione come instabile e soggetto a chiusure in caso di nuove ondate del virus, nessuno vuole più fare questo lavoro a lungo termine”.
“Non dimentichiamo che c’è chi prende un sussidio e poi va a lavorare in nero per prendere un doppio stipendio” sottolinea M., da oltre vent’anni ai fornelli di un noto pub frascatano. “Se da una parte è vero che i titolari devono assicurare le giuste condizioni lavorative, su questo non si discute, dall’altra vedo molti giovani sfaticati porre poca attenzione nel lavoro”.
“Vengono a lavorare si, ma non c’è un vero impegno. Pensano che fare il cameriere sia solo portare i piatti al tavolo, non capiscono che è invece un mestiere che insegna a comportarsi davanti alle persone, a saper reagire in modo corretto quando si è davanti a un cliente maleducato o troppo esigente. Insegnamenti che nella vita torneranno certamente utili. Spero che i giovani capiscano questo aspetto e tornino a popolare le attività senza pensare soltanto a prendere stipendi elevati senza un minimo di esperienza”.
Colpa del reddito di cittadinanza, del Covid, dell’assenza di tutele o di una svanita voglia di lavorare? Difficile dare una risposta che sia una, impossibile puntare il dito contro l’una o l’altra parte.
Ma se in molti locali, anche se il problema a livello italiano rimane, vengono assicurate tutte le tutele del caso, perché l’emergenza personale continua? Le criticità che negli ultimi due anni sta vivendo il settore sembrano non avere fine.
Foto di Kate Townsend, Unsplash