23 novembre 1980: il terremoto dell’Irpinia. L’eterno boato e i 3mila morti che cambiarono l’Italia

Pubblicato: Mercoledì, 23 Novembre 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Alle 19.34 di domenica 23 novembre 1980, una scossa di terremoto del decimo grado della scala Mercalli uccide 2914 persone

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Una mattinata calda, il continuo abbaiare dei cani: alcuni la ricordano così quella giornata. Forse solo suggestioni. Forse no. Il clima, quello sì, era mite per davvero.

Inusuale per la fine di novembre. Poi la partita allo stadio dell'Avellino: una bella vittoria dei padroni di casa per 4-2 contro l'Ascoli davanti a 40mila persone. Quei lupi verdi e bianchi degli anni ottanta: una signora squadra.

Domenica 23 novembre, di sera, alle 19,35 circa, le famiglie irpine si stanno mettendo a tavola o preparano la cena. Per chi ama il calcio c'è la sintesi della partita Juventus-Inter. Su Raiuno sta per concludersi ''Domenica In''. Poi c'è il telegiornale. Ad Avellino e nel suo circondario, in quell'istante, arriva da sottoterra un boato che si avverte in gran parte del sud e a Roma, un urlo vigoroso che accompagna il movimento sussultorio dei pavimenti e dell'asfalto e si mangia intere abitazioni. Secondi che passano interminabili, che buttano giù palazzi, scale, stanze, tetti.

Un minuto e mezzo. Tanto durò il terremoto del 23 novembre 1980. Provate a contare 90 secondi mentre il mondo ti crolla sotto i piedi o sopra la testa. Solo in questo modo è comprensibile la paura di chi quel giorno si trovò in mezzo ad una scossa del 6.9 Richter (pari a circa il decimo grado della scala Mercalli). Morirono 2914 persone (ma in dati non sono mai stati accertati con precisione). Quasi 9mila furono gravemente ferite. Fra Campania, Basilicata e Puglia 37 comuni furono completamente rasi al suolo. Successivamente, da altri dati, risultò che dei 679 comuni che costituiscono le otto aree interessate dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), ben 506 (il 74%) subirono danni di varia entità.

Nonostante la gravità di tali eventi, l'allarme partì in ritardo. Fu lo stesso presidente della Repubblica di allora, Sandro Pertini, a denunciare più tardi le gravi inadempienze nei soccorsi. Dopo tanti anni a rivedere quel sisma catastrofico scorrono sul video sempre le stesse immagini. Indimenticabili. La visione da lontano, diradata dal tempo, di una tragedia, di un dramma indicibile.

I primi soccorsi furono fatti di mani e di braccia che all'impazzata si mossero per raccogliere le ossa rotte di chi non ce l'aveva fatta, i feriti, chi camminava impaurito con quello che aveva addosso. Un inferno. Le comunicazioni scarseggiavano, mancava la corrente. Le prime notizie arrivarono dalla radio. Nessuno sapeva, nei primi momenti, che l’Irpinia era stata colpita per un'area di circa 25mila chilometri quadrati, spazzando via decine di paesi: Lioni, S.Angelo dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Calabritto, San Mango sul Calore.

"Qui si vive come si muore: dimenticati", affermarono gli sfollati. Il titolo de ''Il mattino'' - ''Fate presto'' - fu il simbolo dell'incapacità di reagire dello Stato, che capì la lezione e fece della Protezione civile un organizzazione sempre più vicina a quella che vediamo oggi. Un titolo che spinse il gallerista napoletano Lucio Amelio a coinvolgere alcuni artisti commissionando opere che lasciassero il segno di questo tragico evento. Tra quelli invitati, Andy Warhol creò una “headlines”, un'opera-titolo realizzata rielaborando titoli dei quotidiani.

Il 90% delle strutture dilaniate dal terremoto del 1980 furono ricostruite, ma ancora oggi si notano gli strascichi. Per i Comuni colpiti furono stanziate cifre record, equivalenti a 30 miliardi di euro. E' in quel ''quasi'' ricostruito che sta tanto di quanto si poteva fare e non è stato fatto nei tempi dovuti. Quello del 23 novembre 1980 è stato anche questo: un terremoto che più tardi coinvolse anche gli scandali della politica che in questi casi non mancano mai.

Il rumore dell'Irpinia, di quella sera terribile, risuona ancora nelle case delle città coinvolte. Chi c'era, fu testimone della fine del mondo. Un dramma mai dimenticato, solo in parte rimosso perché lontano alle nuove generazioni. Una pagina di storia nazionale incancellabile per il numero di vittime e di distruzione. Che qualcosa ha insegnato, ma che purtroppo non ha ancora delineato pienamente , visti gli eventi successivi, una sana e totale coscienza nazionale sulla sicurezza degli edifici  (nonostante i passi avanti fatti sulle normative) e sulla prevenzione rispetto a questi drammatici eventi.