L’addio a Torino Capitale, i disordini e quella strage del settembre 1864

Pubblicato: Giovedì, 22 Settembre 2022 - Fabrizio Giusti

 

ACCADDE OGGI – 21-22 settembre 1864: l’eccidio per cui non pagò nessuno

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Torino, chi arriva in città tra il 21 e il 22 settembre del 1864, a Unità d’Italia proclamata da tre anni (meno Roma e il Veneto), avverte un angosciante senso di morte.

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I cittadini, scesi in piazza per protestare contro la decisione del governo di spostare la capitale del Regno a Firenze, sono stati repressi nel sangue. 52 morti: una strage. Un episodio poco ricordato, ma che spiega quanto fosse complesso, in quegli anni, il processo di unificazione della nazione. 

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GLI ANTEFATTI E LA STRAGE - Nel giugno 1864, approfittando delle voci su una possibile sollevazione popolare nello Stato Pontificio guidato da Papa Pio IX, il presidente del consiglio, Marco Minghetti, inviò Gioacchino Napoleone Pepoli presso l'ambasciatore italiano a Parigi, Costantino Nigra, con la precisa disposizione di contrattare il ritiro delle truppe francesi dai territori della Santa Sede. Per raggiungere l'accordo l'imperatore Napoleone III chiese una garanzia: la rinuncia alla conquista di Roma. Pepoli, a sua volta, ipotizzò come prima garanzia lo spostamento della capitale italiana da Torino ad altra città. L'imperatore dichiarò che avrebbe certamente firmato l'accordo con questa condizione. Vittorio Emanuele II fu informato dei fatti. Non senza qualche mugugno, secondo gli storici, accettò il trattato che contemplava lo spostamento della Capitale in Toscana. Ragioni politiche, diplomatiche e strategiche, dunque, alle basi della saldatura.

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La convenzione fu firmata il 15 settembre. Su richiesta di Vittorio Emanuele II, il documento avrebbe dovuto tenere il segreto almeno per sei mesi. Nonostante il riserbo ministeriale, i dettagli iniziarono a circolare ugualmente. I giornali locali, legati a varie fazioni politiche, difesero posizioni diverse. La diffusione di notizie frammentarie e poco chiare alimentarono in questo modo le accuse contro il governo. Si aggiunsero, a quelle precedenti, ulteriori voci, che implicavano persino la possibilità di alcune cessioni di territorio alla Francia, ma sopratutto in molti si indignarono del fatto che Roma, Capitale già decisa da tempo nello spirito del Risorgimento, fosse stata barattata e - forse - persino perduta. 

In breve tempo gli animi si accesero e il 20 Settembre si svolse una manifestazione per le vie della città contro lo spostamento della capitale. “Roma o Torino! Abbasso la convenzione! Viva Garibaldi!”: questi gli slogan. Cinque o seimila persone, secondo alcune fonti, si riversarono nelle principali piazze. Tra assembramenti, primi tumulti, assedi alla questura, arresti e momenti di tensione, gli allievi Carabinieri del Regio Esercito aprirono il fuoco di fila contro la popolazione. A terra rimasero morti e feriti. Fatti che si ripeterono per ben due volte, tra il 21 e il 22 Settembre.

I TRAGICI NUMERI - Alla fine si contarono 15 vittime per gli eventi del 21 settembre in piazza Castello e 47 per quelli del 22 settembre in piazza San Carlo. 138 feriti i feriti stimati, ma si pensa che il numero reale fosse superiore dato che alcune persone colpite dalle pallottole si curarono senza l'intervento del medico per non incorrere in sanzioni penali o per tutelare la famiglia da possibili ritorsioni.

Il più giovane dei caduti aveva 15 anni, il più anziano 75. Quasi tutti sotto i trent’anni gli altri uccisi. Calzolai, carrettieri, falegnami e muratori, ferrovieri, fornai. La morte falciò sopratutto gli operai e i poveri. Il 28 settembre, a causa delle ripercussioni dell’accaduto, il governo Minghetti cadde. Definito “il ministero dell’assassinio”, diramò un comunicato in cui dichiarava che la 'plebaglia armata' aveva aggredito i soldati, i quali erano stati costretti a difendersi. La magistratura militare mandò sotto processo 58 carabinieri. Furono tutti assolti.

Una storia dimenticata in fretta e nascosta nelle pieghe della storia, nell’Italia che doveva sembrare una straordinaria conquista per le generazioni presenti e future.

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