8 Agosto 1956, la tragedia di Marcinelle. Quelle vittime del lavoro mai dimenticate

Pubblicato: Lunedì, 08 Agosto 2022 - Fabrizio Giusti

ACCADDE OGGI - Morirono 262 minatori, 136 erano italiani

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Il 23 giugno del 1946 Italia e Belgio firmano un Protocollo in cui si regola la mobilità dei lavoratori provenienti dall’Europa del Sud e i paesi mediterranei verso le aree industriali dell’Europa nord-occidentale per tutto il secondo dopoguerra.

Il patto esplicita come centrale lo scambio tra forza lavoro e la materia all'epoca più ricercata: il carbone. L’accordo è di fatto il primo atto ufficiale del neonato governo repubblicano, un provvedimento che pone l’emigrazione come progetto del nuovo stato per risolvere il problema della diffusa disoccupazione di alcune aree interne. 

Circa 300mila italiani prendono così la via del Belgio, al ritmo di 2mila a settimana, per lavorare nelle miniere.

LA STRAGE - L'8 agosto 1956 nella miniera di Bois du Cazier di Marcinelle, avviene la tragedia. Un incendio, causato dalla combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica, si sviluppa inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempiendo di fumo tutto l'impianto sotterraneo e provocando la morte di 262 persone delle 275 presenti, di cui 136 immigrati italiani.

L'incidente è il terzo per numero di vittime tra gli immigrati italiani all'estero dopo i disastri di Monongah e di Dawson. Il sito Bois du Cazier, oramai dismesso, fa parte dei patrimoni storici dell'UNESCO.

Marcinelle, nelle cronache del tempo, diventa anche la narrazione di un’altra vicenda, all’epoca nascosta. In tutta Italia, per favorire lo spostamento degli operai, erano stati affissi dei manifesti in cui si parlava di salari elevati, viaggi in ferrovia gratuiti, assegni familiari, ferie, pensionamento anticipato. Le condizioni di vita e di lavoro per i nostri connazionali, come per quelle degli altri emigranti, si rivelarono invece non all’altezza delle aspettative e per certi versi insostenibili. Stipati in baracche, gli operai spesso erano praticamente costretti a vivere negli stessi campi occupati precedentemente dai prigionieri di guerra. La diffidenza dei belgi, inoltre, era percepibile quotidianamente e con punte di discriminazione evidenti.

Al mattino si scavava nei sotterranei, dopo il pranzo si disponeva nei vagoni il materiale raccolto nelle gallerie e la notte lo si trasportava in superficie. Il contratto di lavoro dei lavoratori italiani prevedeva un'esclusiva di cinque anni, con l'obbligo di ultimarne almeno uno. Pena: l'arresto.

La tragedia delle miniere di Marcinelle spinse l'Italia a chiedere un miglioramento delle condizioni dei lavoratori emigrati in Belgio nell'ambito del patto, siglato nell'immediato dopoguerra da Alcide De Gasperi, per avere quote di carbone in cambio della fornitura di manodopera. Ma la richiesta di un trattamento di tutela arrivò dopo, quando cioè l'orrenda strage si era consumata e quando la conta dei morti impressionò l'Europa.

La morte (e le difficoltà di vita) di questi operai rappresenta dunque ancora oggi un’occasione per non dimenticare chi, ancora oggi, muore o viene vilipeso sui luoghi di lavoro. Vittime troppo spesso dimenticate in due righe di giornale, senza garanzie minime. Uomini e donne che vivono nell'emarginazione o nel caporalato, sottopagati, in condizioni disagiate o peggio ancora di costante intimidazione.