Grottaferrata | Quella foto del 1963 scattata all'istituto dei "Buoni fanciulli". Chi si riconosce?

Pubblicato: Venerdì, 22 Ottobre 2021 - redazione attualità

foto dusmet grottaferrata ilmamilioGROTTAFERRATA (attualità) - Ci scrive un 70enne di Filandri (VV) che ricorda con grande piacere gli anni trascorsi nel collegio di viale Dusmet e chiede il nostro aiuto

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Riceviamo e pubblichiamo.

"Gentilissimo direttore,
mi chiamo Franco Pagnotta, settant'anni, insegnante in pensione, giornalista pubblicista collaboratore de “Il Quotidiano del Sud”. Vivo a Filandari, in provincia di Vibo Valentia. Tra le vecchie fotografie che ogni tanto guardo per ritrovare un po' del mio primo tempo, ve n'è una (che allego alla lettera) in cui sono in mezzo a tanti altri ragazzi di scuola media con in mano un uovo di Pasqua e con indosso una maglietta verde con su ricamata con filo bianco la scritta “Ave Maria”.

 

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La foto, in bianco e nero, venne scattata nel 1963 a Grottaferrata in Viale Dusmet, nel collegio “Casa Buoni Fanciulli” dei Padri di Don Giovanni Calabria (oggi santo). Io sono in seconda fila, il secondo da sinistra, accanto al ragazzo con gli occhiali. Ai lati, a sinistra, il nostro Superiore, don Giovanni Orlandi, e a destra il mio primo professore di Latino, don Leone Fasani. Al centro una bimba con il cappellino bianco e anche lei con l'ovetto pasquale e, dietro, con il collo di pelliccia, la mamma, con accanto, probabilmente la nonna.

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Sulla parete, un quadro con la foto di un subacqueo. In quel collegio tenuto dai sacerdoti della Congregazione “Poveri Servi della Divina Provvidenza”, fondata dal santo prete veronese, eravamo ragazzi dagli undici ai sedici anni circa, provenienti dall'Italia centrale e meridionale: laziali, abruzzesi, marchigiani, napoletani, calabresi, siciliani, mandatici lì dai parroci dei nostri paesi d'origine, d'accordo, ovviamente, con i nostri genitori, i quali, non avevano la possibilità di mantenerci a scuola e, anche se a malincuore, sopportavano una lontananza che per me, salvo qualche rientro a casa in occasione del Natale o delle vacanze estive, durò cinque anni, tre di scuola media (frequentata all'interno dell'Istituto, con esami finali alla scuola media statale) e due di Ginnasio (ogni mattina a piedi, andata e ritorno, presso i monaci dell'Abbazia di San Nilo).

 

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Nel 1967, uscito dal collegio, ritornai al mio paese e, con enormi sacrifici dei mie genitori (eravamo e, grazie a Dio, siamo ancora sei figli) proseguii gli studi, laureandomi in Lettere presso l'università di Messina. Di quei cinque anni vissuti in collegio a Grottaferrata ho un ricordo meraviglioso, i sacerdoti don Calabria erano molto preparati, accoglienti e al passo con i tempi, anzi, per certi versi moderni. La nostra chiesa la domenica era aperta all'esterno, alla messa delle 11 venivano intere famiglie, tra queste gli attori Claudio Gora e Marina Berti con i figli, tra i quali uno, Andrea Giordana, in quegli anni era molto famoso per essere l'interprete dello sceneggiato televisivo “Il Conte di Montecristo”.

Ma torniamo a quella foto, che è al centro di questa mia lettera. Quella Pasqua del 1963 noi ragazzi non tornammo a casa, la passammo in collegio. Un pomeriggio della settimana santa venne a trovarci una signora (con la mamma e la figlioletta) per farci dono di un uovo di Pasqua e di una maglietta di lana, che noi, felici, indossammo all'istante.

 

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Durante il breve incontro in una ampia stanza accanto alle aule, ci venne spiegato che l'uomo in foto sulla parete era il marito della donna, morto di recente durante una pesca subacquea. Quel gesto di generosità nei confronti di bambini lontani da casa nei giorni di Pasqua la signora volle farlo, probabilmente, in memoria del marito scomparso in circostanze così tragiche. Non ho mai dimenticato quell'atto di bontà e di amore verso fanciulli e ragazzi che troppo presto impararono la nostalgia (e le lacrime piante sotto le lenzuola) di una lontananza dalla famiglia e da primi compagni di giochi. Fu, quella, l'unica foto di gruppo, che nelle settimane successive poi ci venne regalata a ciascuno.

Di molti di quei “Buoni Fanciulli” ricordo ancora il nome e la provenienza. Vorrei, se possibile, che la pubblicaste sul vostro Quotidiano nella speranza di potere rintracciare le protagoniste (almeno la bambina, che oggi potrebbe avere poco più di sessant'anni) di quel gesto inaspettato di buon cuore che alleggerì il peso di una lontananza che in quei giorni di festa si faceva più forte.

Sarebbe un modo per dire loro GRAZIE, dopo quasi sessant'anni, quel GRAZIE che che ho sempre tenuto in serbo nel cuore e che spero giunga loro, adesso, attraverso il vostro Giornale.

Grazie per l'attenzione che riserverete al mio scritto.

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Commenti  

# Oravla 2021-10-22 13:55
Buongiorno.
È bello ogni tanto leggere e sentire di tanto amore serenità.
Grazie.
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