Tornare allo stadio, riallacciare quel filo di passione e di vita. Quel senso disperato di normalità

Pubblicato: Domenica, 29 Agosto 2021 - Marco Caroni

curvaNord Lazio spezia ilmamilioROMA (calcio) - Un anno e mezzo dopo, è come una nuova prima volta

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Avevo 9 anni e mezzo: era il 7 novembre del 1982, all'8' del primo tempo con un gran tiro di controbalzo Manfredonia dal limite dell'area segnava il gol vittoria contro il Palermo. Ero nei distinti sud con mio padre.

Era una Lazio da serie B, era la mia prima partita allo stadio. Ho cercato a lungo quel gol anche sul web, non l'ho più rivisto.

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Quella Lazio (nella quale grazie all'amnistia dopo il successo ai Mondiali dell'Italia rientrarono Giordano, Manfredonia e Cacciatori) conquistò la serie A, da seconda in classifica, al termine della stagione: allo stadio sarei tornato nello stesso campionato per la gara contro il Milan (2-2) e contro il Varese (2-0), che lo allenava Fascetti.

 

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Oggi ho 48 anni e ieri, 28 agosto 2021, sono tornato allo stadio dopo un anno e mezzo. La Lazio ha battuto lo Spezia per 6-1 ma del risultato, tutto sommato, pur nella assoluta bellezza della partita, faccio volentieri a meno.

Quasi 40 anni dopo, quella di ieri è stata una nuova "prima partita allo stadio". Perché quello che stiamo faticosamente tentando di gettarci alle spalle, ha cambiato per sempre le nostre vite e perché ogni cosa del "dopo covid" (che ancora tale purtroppo non è) è come una prima volta.

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E così ogni istante del tentativo di ritorno alla normalità - e sono certo che per moltissimi che in queste settimane stanno tornando sugli spalti sia così - è stato tutto da vivere.

Un riallacciare i nodi di una storia tutta personale che per quanto banalmente considerata "solo calcio" è in realtà un percorso di vita che, attorno e dentro quel catino - bello o brutto che sia -, si sviluppa, genera e porta con sé sorrisi e rabbia, lutti e dispiaceri. Gioie immense e cocenti delusioni.

Una volta ho visto Lazio-Cina, la Lazio aveva lo scudetto sul cuore. Un'altra volta una partita l'ho intravista dallo Zodiaco, perché pur essendo abbonato era una domenica di amori ritrovati. La Lazio vinse 3-2 contro l'Atalanta. Poi sono andato a Vienna, prima trasferta. Ho passato in Curva Nord i migliori "anni della mia vita" e nella seconda giovinezza da tifoso spero di continuare nei distinti.

Mio figlio allo stadio l'ho portato che aveva 4 anni. Se mi ringrazierà, se se lo ricorderà lo saprò tra qualche tempo. Gli auguro di avere un filo da seguire.

Una volta prima di andare allo stadio con mio fratello ed i miei amici ci regalammo una "domenica diversa" giocando a pallone in cortile: era un derby, il risultato non lo ricordo, ma ricordo la nostra partita. Lì c'era anche chi oggi non c'è più, ed a lui - anche a lui - ieri ho dedicato un pensiero.

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gottodoro mamilioDice: è solo calcio. Forse. Ma è un film di vita: perché dietro quei calci ad un pallone, ci stanno una, cento, mille, centomila vite che possono raccontare, col metronomo di questa forse insana, certamente incomprensibile passione, le proprie storie.

Una volta pioveva che Dio la mandava, un'altra un caldo che non respiri. Quando non ti va e ci andavi ugualmente, quando avevi mille altre cose da fare e comunque ci provavi. Una volta uscito dalla Curva c'era un cipresso in fiamme, un'altra volta era stato un abbraccio e un bacio: era un derby, poi però quel bacio manco lo ricordo più.

Poi, ieri. Da Ponte Milvio alla Farnesina, dalla Farnesina allo stadio. Ogni passo, ieri, è stato "un primo passo" che portava dentro di sé 40 anni di passi. Ogni gradino, un primo gradino. L'ultima rampa, il campo.

 

Una volta ho visto la Lazio vincere una Coppa Italia, e poi uno scudetto, e poi altre coppe. L'ho vista crollare e rialzarsi, in assonanza o in dissonanza con le mie vittorie personali o i miei insuccessi. Con le crisi, gli "esoneri" di un amore o di un allenatore, le riprese. Le nuove stagioni.

Una volta ho pensato che il filo si fosse spezzato perché c'erano altre cose da fare, poi quel filo l'ho ritrovato sotto traccia. L'ho ripreso in mano ed ho ricominciato a seguirlo. Poi s'è mezzo spezzato davvero, per un anno e mezzo, perché il mondo è impazzito che ancora deve davvero riprendersi.

Ieri, 28 agosto, il cammino è ripreso. Il filo si è riannodato, la storia e le storie si sono rintrecciate. Belle e brutte, corte o lunghe, di passioni o di lacrime.

Di gioie o di dolori. Di curva, di distinti, di Tevere, di stadio. Di vita. Di un'altra, nuova, vita.

Un senso disperato, primitivo, di normalità.

 

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