
Tomboletti: “L’8 e il 9 Giugno votiamo, ma in realtà stiamo scegliendo che tipo di società vogliamo diventare”
GROTTAFERRATA (attualità) – L’appello al voto dell’ex assessore di Grottaferrata
ilmamilio.it
“Mai avrei pensato che sui temi del lavoro avremmo fatto un salto indietro nel tempo, quando chi lavorava veniva trattato come un ingranaggio da spremere, non come una persona i cui diritti vengono tutelati . Siamo scivolati in un tempo dove la precarietà è diventata la normalità, e il diritto alla stabilità una chimera. Diritti che pensavamo intoccabili vengono smantellati nel silenzio, uno dopo l’altro, come se la dignità umana fosse qualcosa di irrilevante. Ma noi non ci stiamo. Noi vediamo le mani sporche di chi torna a casa dopo dodici ore di fatica, i volti stanchi di chi corre da un contratto all’altro senza certezze, gli occhi spaventati di chi ha perso il lavoro da un giorno all’altro, senza spiegazioni. Dobbiamo dare voce a chi non l’ha più. A chi ha pagato sulla propria pelle il prezzo delle “riforme”.

Senza diritti, non c’è libertà. Senza sicurezza, non c’è civiltà. Senza dignità, non c’è progresso. I referendum su cui siamo chiamati a esprimerci sono una chiamata collettiva a difendere questi valori, a dire che il lavoro non è un favore concesso dai potenti, ma il pilastro della nostra Repubblica. Lo dice l’articolo 1 della Costituzione, ed è il cuore stesso del nostro patto democratico. Quando il Jobs Act ha reso più facili i licenziamenti, ha tolto ai lavoratori non solo il posto, ma anche il rispetto. Ha reso la paura una compagna di ogni giorno. Dire SÌ all’abrogazione di quelle norme vuol dire ripristinare il valore del lavoro come strumento di emancipazione, non di umiliazione. Vuol dire affermare che chi lavora ha diritto alla sicurezza, non all’ansia costante di essere sostituito come un oggetto. I contratti a termine sono diventati la gabbia invisibile di una generazione intera. Giovani, donne, genitori soli, tutti intrappolati in un presente senza garanzie e in un futuro senza promesse. Ogni rinnovo senza logica è una ferita alla speranza, ogni proroga forzata è un colpo alla dignità. Votare SÌ è un atto di giustizia verso milioni di precari, è pretendere che il contratto stabile torni ad essere la regola, non l’eccezione.

E la sicurezza? Troppi lavoratori non tornano a casa. Ogni settimana, ogni mese, in ogni settore. La norma che oggi vogliamo abrogare permette a chi guadagna dagli appalti di lavarsi le mani davanti agli incidenti gravi. Ma la vita di una persona vale più del risparmio di un’azienda. Dire SÌ vuol dire affermare con forza che chi trae profitto da un lavoro ha anche il dovere di proteggere chi lo svolge. E poi c’è la cittadinanza. Il riconoscimento di essere parte di una comunità, non un premio da elargire con parsimonia. Chi vive qui, lavora qui, cresce i figli qui… è già italiano nella vita, anche se non ancora nei documenti. Dimezzare da dieci a cinque anni il tempo per chiederla non è un regalo, è un atto di giustizia. L’integrazione non si misura con la burocrazia, ma con l’appartenenza. Senza cittadinanza si è più fragili, più ricattabili, più sfruttabili. Diritti sociali e diritti civili non stanno su binari diversi, camminano insieme, si sostengono a vicenda. Negarne uno significa compromettere l’altro.

La posta in gioco non è solo tecnica. È umana. È politica nel senso più alto del termine. Non votiamo solo per cambiare leggi. Votiamo per dire che un Paese dove chi lavora è povero non è un Paese normale. Votiamo per dire che il futuro deve appartenere a chi lo costruisce, non a chi lo svende.
Cinque SÌ per dire basta alla precarietà. Cinque SÌ per affermare che nessuno deve lavorare nella paura. Cinque SÌ per un’Italia più giusta, più unita, più umana.
L’8 e il 9 Giugno votiamo, ma in realtà stiamo scegliendo che tipo di società vogliamo diventare.
Mauro Tomboletti”
